Little Miss Sumo – Il Sumo femminile

Oggi parliamo di sumo femminile e prendo in prestito il titolo dell’articolo da un documentario di produzione Netflix dedicato a quest’argomento, ma prima di entrare nell’ambito specifico, facciamo un excursus della nascita del sumo.

Il sumo è lo sport nazionale giapponese e consiste nella lotta corpo a corpo nella quale due sfidanti si affrontano cercando di atterrare il loro avversario o di estrometterlo dalla zona di combattimento chiamata dohyō. Il dohyō è composto da due parti, quella a terra e quella aerea. La zona a terra è composta di argilla ed è rialzata, qui la zona di combattimento è formata da un cerchio formato da balle di paglia disegnato all’interno di un quadrato. Al centro vi sono due linee distanti 70 cm, sui lati est e ovest, davanti ad esse si posizionano i rikishi, cioè i lottatori di sumo, prima di scontrarsi. La posizione dell’arbitro, detto gyōji, invece, è a sud. Gli annunciatori incaricati a chiamare i rikishi si chiamano yobidashi. La zona area, invece, sovrasta la zona a terra e prende le sembianze di un tempio shintoista.

Le origini del sumo risalgono più o meno agli inizi del VI secolo e le radici sono quelle degli antichi riti shintoisti legati alle preghiere destinate ai raccolti abbondanti. All’inizio lo sport presentava degli elementi diversi rispetto a quello che possiamo vedere oggi e i primi gruppi professionistici cominciarono a formarsi all’inizio del XVII secolo. Vi sono alcune regole fondamentali come quelle dei rituali previsti, compiuti dai lottatori che si posizionano dietro le linee e colpiscono il suolo con entrambe le mani.

Il sumo, oltre ad essere uno sport di combattimento, è anche considerato una vera e propria forma d’arte. Si tratta, però, di uno sport prettamente maschile e anche se può essere praticato dalle donne, non esistono delle gare professionistiche femminili.

Nel documentario prodotto da Netflix “Little Miss Sumo” diretto da Matt Kay, la lottatrice di sumo, Hiyori Kon si esercita quotidianamente in questo sport e ogni giorno affronta fatiche fisiche e mentali e porta avanti rigorosamente il suo impegno nel tentativo di far cambiare le regole dello sport nazionale per poter far ammettere le donne alle gare professionistiche. Hiyori Kon proviene dalla cittadina di Aomori, famosa per aver dato i natali a diversi lottatori di sumo, e fin dall’età di sei anni ha praticato sumo. Molte bambine a quell’età si avvicinano a questa disciplina sportiva, ma poi smettono con il tempo di praticarla, mente Hiyori Kon ha continuato persistente e tenace ad esercitarsi per migliorare sempre di più. Ad oggi non può gareggiare in una lotta professionistica di sumo al femminile, per cui partecipa alle gare di lotta libera o wrestling che non è prettamente la disciplina sportiva della ragazza. Un documentario molto breve che ci fornisce una panoramica interessante sul mondo del sumo visto dall’ottica femminile. Volevo ricordare, sempre per la stessa tematica, il film del 2018 “The Chrysanthemum and the Guillotine” diretto da Takahisa Zeze e premiato al Busan Film Festival. Il film parla di giovani appassionate di sumo, dopo il terremoto del Grande Kanto del 1923. Dopo il grande terremoto che uccise migliaia di persone e il conseguente caos, un’ondata di ultra-nazionalismo imperversò in tutto il Paese; negli anni successivi, anarchici, socialisti, difensori di diritti umani, immigrati coreani furono perseguitati e proprio in questo contesto un gruppo di lottatrici di sumo, nel tentativo di evadere attraverso questo sport, dai problemi quotidiani, cercò di farsi luce. Due giovani appartenenti al gruppo anarchico “la società della ghigliottina” rimarranno affascinati da questo piccolo gruppo di lottatrici e dalle loro scelte di vita. Un film che vi consiglio e che ci fa avvicinare maggiormente all’argomento.

Memoru Grace

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