Yosa Buson (1716 – 1784), poeta e pittore giapponese, è considerato uno dei maggiori esponenti dell’haiku insieme a Matsuo Basho, Kobayashi Issa e Masaoka Shiki.
Tanuguchi Buson, questo il suo vero nome, nacque a Kema, un villaggio della provincia di Settsu, figlio illegittimo di un capo villaggio e di una serva. Si trasferì ancora giovane a Edo (oggi Tokyo) per studiare poesia haikai con il maestro Hayano Hajin.
Alla morte del maestro seguì il suo idolo Basho nel nord dell’isola di Honshu e raccolse degli appunti di viaggio, pubblicandoli in seguito, vera ispirazione per le sue opere artistiche.
A quarantadue anni si trasferì a Kyoto dove iniziò a usare il cognome Yosa, forse il nome del paese natale della madre.
Non si spostò più da Kyoto, dove si sposò ed ebbe una figlia e dove si avvicinò in seguito alla scuola Nan-p’in, una scuola di pittura fiorita a Nagasaki. Il nome della scuola era ispirato a Nanpin, nome d’arte del pittore cinese Shen Quan, artista che dipingeva nello stile accademico Ming.
Le pitture di Yosa Buson seguirono, quindi, lo stile e i dettami della scuola Nan-p’in, dipingendo animali e natura, ma anche grandi paraventi.
Nella poesia Yosa Busan riuscì a captare le emozioni dell’esistenza umana in armonia con la natura, creando uno stile tutto suo, malinconico e nostalgico.
Gli haiku che ho scelto sono un vero e proprio viaggio, un immergersi nella lirica della poesia autunnale, dove colori, simboli ed emozioni rappresentano il cuore dell’anima del poeta.
La tematica della solitudine è spesso rappresentata nella poesia di Yosa Buson. La solitudine che è simbolo dell’autunno, di una stagione malinconica, dove il fruscio delle foglie che cadono dagli alberi simboleggiano la caducità dell’esistenza umana, dove si percepisce lo scorrere del tempo da una solitudine all’altra, da un autunno all’altro:
Sera d’autunno:
la solitudine è più grande
dell’anno scorso
La forza descrittiva e le immagini che sono poesia diventano simboli delle liriche di Yosa Buson. La montagna che in autunno cambia colore è in simbiosi con le foglie rosse degli alberi, entrambi si mischiano e si perdono nel rosso della stagione:
Si oscura la montagna,
e ruba il rosso
alle foglie dell’autunno
L’autunno è una stagione mite che sembra immobile, dove tutto è compassato, lento, malinconico, ma, poi, un improvviso soffio di vento scuote quella quiete e dona vita a quello spaventapasseri che sembra inerte come il ritmo della stagione. Vita che attraversa e anima ogni forma e veloce va via, scorre, quasi senza avvertire e lascia il vuoto, il silenzio, la placidezza, quello stato di quiete che assorbe la calma esterna e la proietta nell’interiorità dell’essere umano:
Vento d’autunno
scuote lo spaventapasseri
e va
E poi ancora la solitudine, la forza motrice di una stagione che riflette la propria interiorità, il tempo che passa, quel crepuscolo che, accanto all’autunno, è simbolo di una fase della vita che ogni essere umano è destinato ad attendere:
crepuscolo autunnale:
da solo faccio visita
a un’altra solitudine
Grazia
Note Bibiografiche:
– Haiku. Il fiore della poesia giapponese da Basho all’Ottocento. A cura di Elena Dal Pra. Mondadori, 2005
– Haiku. Autori vari, BUR 1995
