“Qualche volta capita di perdere improvvisamente l’equilibrio interiore e di sentirsi stanchi, soli ed esausti, di sentirsi depressi. Durante questi periodi di fatica emotiva, in cui qualcuno tenta di rovinarti la vita di proposito, in quei momenti la vita non va come vorresti: è quello che definiamo ‘slump'”.
Nella psicologia clinica, il termine “slump” è utilizzato per indicare una condizione psicologica aspecifica, causata da un’esperienza dolorosa e/o traumatica non ben tipizzata (generalmente classificata come “stress”), che aziona un blocco emotivo, quasi come una difesa automatica e non consapevole del soggetto sofferente nei confronti dell’esterno. Ne sono sintomo manifestazioni di ansia diversificate, crisi di panico, chiusura in diversi campi verso l’esterno, cambiamenti di stati d’animo, difficoltà ad esprimere sentimenti, depressione e senso di soffocamento. Sostanzialmente, è una modalità che la psiche mette in atto per affrontare un problema, ma, al tempo stesso, costruisce anche una trappola interiore da cui può risultare complesso uscire, se non se ne riconosce l’esistenza. Lo “slump” può essere una conseguenza di diverse azioni che si subiscono, di ingiustizie, di tradimenti, di insofferenza e porta quasi sempre ad una perdita della fiducia in se stessi, giudicandosi colpevoli di azioni mai commesse, non degni di meritare la serenità. Lo “slump” è una conseguenza normale del burnout lavorativo o, comunque, di tutti gli stress che minano la capacità energetica personale connessi al mondo del lavoro, a quello familiare, degli affetti e delle amicizie ed è un segno inequivocabile della sofferenza di un PTSD, ovvero stress da disturbo post-traumatico. Si tratta di una condizione sempre più frequente in una società, come quella odierna, che mira alla realizzazione degli obiettivi in modo asettico e spietato, tralasciando la dimensione umana. Ed è anche la condizione in cui si ritrovano i protagonisti di “Dr. Slump“, ognuno ferito nel proprio intimo, incerto di fronte al futuro e svuotato di qualsiasi sicurezza, come chiuso all’interno del proprio trauma, eppure capace di ammetterne l’esistenza per cercare insieme di superarlo, come vedere l’alba sul mare, nonostante le nubi.
Nam Ha-neul (interpretata da Park Shin-hye di Memories of the Alhambra, Sisyphus e The Heirs, che torna in grande stile dopo due anni di pausa) è sempre stata studiosa, seria e determinata sin dall’infanzia: considerata la migliore studentessa a Busan e una delle migliori del Paese, si trasferisce a Seoul con madre, fratello e zio per frequentare un liceo che ne riconosca i meriti e che le permetta di entrare all’università in Medicina. Qui, però, si imbatte in Yeo Jeong-woo (interpretato da Park Hyung-sik di Strong Woman Do Bong-soon, Happiness e Relumino), che, prima del suo arrivo, era considerato lo studente più promettente della scuola e che non ha intenzione di farsi minare il primato.
Passano gli anni e anche la competizione tra i due ex compagni di classe, che, col tempo, si sono persi di vista, mentre hanno iniziato a collezionare successi dai loro studi: Ha-neul, nonostante non sia riuscita ad entrare nell’università dei suoi sogni, è diventata anestesista, ha vinto i fondi per la ricerca in università e sembra avviata alla carriera accademica, mentre Jeong-woo, che non ha voluto seguire le imposizioni dei genitori chirurghi cardiotoracici, è diventato un rinomato chirurgo plastico, con un canale da milioni di iscritti, cartelloni pubblicitari a caratteri cubitali e una clinica piena di pazienti che vogliono farsi operare. Fino a quando non accade l’impensabile, una frattura nella loro routine che li porta a fare i conti con se stessi e con la società che li ha condizionati.
Ha-neul, infatti, è profondamente infelice: ha lavorato per una vita senza concedersi mai nulla (“Sai, io sono il tipo che lascia da parte il suo cibo preferito per mangiarlo alla fine. E così ho fatto anche con la mia felicità“) per ottenere minimi spunti di gratificazione professionale, che vengono erosi di giorno in giorno da un ambiente lavorativo che la umilia e la distrugge in ogni attimo. Durante una delle sue interminabili giornate in ospedale, dopo essere stata sgridata brutalmente dal suo professore ed essere stata derisa dai colleghi, attraversa la strada e inizia ad avvertire un dolore fortissimo alla coliciste, tanto da farla piegare in due e da immobilizzarla davanti ad un camion. Proprio in quel momento, quando si rende conto che forse non sarebbe stato brutto morire investita da quel camion e finire per sempre una vita che continua a svolgersi vuota e priva di significato, realizza di soffrire di qualcosa di molto più grave dei calcoli (“In ogni singolo momento, mi sento come se stessi lottando contro il senso di colpa, l’ansia e il senso di inadeguatezza. In ogni singolo momento della mia vita“): le viene diagnosticato un disturbo depressivo acuto, derivante soprattutto dal suo burnout mentale causato dal lavoro e che si manifesta in diverse manifestazioni di ansia e confusione emotiva.
Ma, mentre quel camion frenava per non investire Ha-neul, anche Jeong-woo entrava in un circolo di insicurezza e di panico: una paziente muore per emorragia durante un’operazione di routine a causa di una somministrazione sbagliata di anticoagulanti e Jeong-woo è chiamato a risponderne in tribunale per negligenza medica, mentre vede che la società lo abbandona e lo giudica senza processo, gli amici si allontanano e i media lo denigrano. In un attimo e senza riuscire a spiegarsi la situazione perde tutto: la fama, il successo, il denaro, la casa, la clinica, l’auto e la professione (“Diversamente dalla felicità, che ho sempre sentito vaga, la sfortuna è una presenza fissa nella mia vita“). Si ritrova, così, abbattuto e rifiutato dal mondo, a vivere in affitto nella mansarda della madre di Ha-neul, sotto lo stesso tetto con la sua ex acerrima rivale dei tempi della scuola, che, però, ha perso il lavoro e non vuole uscire da casa in preda alla depressione. “Diventiamo amici“, decidono i due, dopo aver compreso le proprie situazioni, perché, se è difficile uscire dal baratro, quando si ha già toccato il fondo, si può sempre stare insieme sul fondo per un po’, magari per trovare insieme la via d’uscita. “Qualsiasi sia il tuo problema, affrontiamolo insieme“.
Ed è così che la vecchia rivalità si trasforma gradualmente in una reciproca comprensione e in un capirsi a vicenda, che diventa presto amicizia, confidenza e complicità fino a trasformarsi in un amore attento e misurato, che salva le vite dei protagonisti e li indirizza verso un’unica strada da percorrere per affrontare insieme gli ostacoli che la vita continua a presentare. “Stavo aspettando che accadesse qualcosa di grandioso per confortarmi, ma, alla fine, i tteokbokki, la sala giochi e le sue parole ridicole, queste tre cose riuscirono a darmi serenità quella notte“, confessa Ha-neul pensando alla notte trascorsa a parlare e a giocare con Jeong-woo. “Il calore che mi diede quel giorno mi aiutò a superare qualsiasi difficoltà“, ammette Jeong-woo dopo il suo incontro con Ha-neul.
E ancora: “Tu sei la mia medicina. Sono riuscito ad affrontare tutto questo solo grazie a te, che sei riuscita a farmi stare bene e a spingere ad andare avanti“, parole di Jeong-woo ad Ha-neul, ma che potevano anche essere dette da Ha-neul a Jeong-woo, perché l’amore non è quella storia rosa e romantica dei film, ma vuol dire esserci l’uno per l’altra e supportarsi a vicenda, comprendersi ed empatizzare reciprocamente nel dolore per lasciarselo alle spalle, dirsi a vicenda “hai ragione”, “ti capisco”, “non hai fatto nulla di male” e tirare fuori la parte migliore di sé per affrontare le tenebre (“Abbiamo affrontato il dolore insieme, abbiamo superato le nostre paure e, finalmente, siamo guariti“). L’amore è come una preghiera, trovandosi fianco a fianco e sperando in un mondo migliore, perché, alla fine, la vita non è mai bella, né sarà totalmente felice, ma è costituita da tanta grigia uniformità incolore con voragini buie e momenti tristi e solo pochi momenti di lieta e luminosa serenità, come l’azzurro del cielo che si fonde con il blu del mare, e sta in noi la forza e l’opportunità di far fruttare questi momenti.
“Oggi il sole non è sorto, ma lo farà domani. Anche se non conoscevamo il nostro futuro, abbiamo atteso che il sole sorgesse”.
C’è un altro meraviglioso modo di sperare nel futuro ed uscire dalla solitudine e consiste nella capacità di creare legami e di sapersi appoggiare ad essi. Ne sono un esempio gli amici “veri” di Ha-neul e Jeong-woo, la ginecologa Lee Hong-ran (Kong Seong-ha) e il chirurgo plastico Bin Dae-yeong (Yoon Park di You Are My Spring, che onestamente vorrei vedere più spesso come protagonista), che meriterebbero un drama tutto loro, le infermiere della clinica La Beautè, capeggiate dalla capo-infermiera (Song Ji-woo di A Time Called You e che ritroveremo presto in Andante of Love), e soprattutto la chiassosa, colorata e ingombrante famiglia di Ha-neul, che tutti vorremmo avere come vicini di casa anche a costo di essere chiamati Miss/Mrs/Mr Mansarda: la madre (Jang Hye-jin, che, trasformatissima, è stata la governante di Parasite), lo zio con la bandana (il caratterista d’eccezione Hyun Bong-sik di Gyeongseong Creature, Strangers from Hell, Destined with You, Hyena e tanti altri) e il fantastico fratello Ba-da (Yoon Sang-hyeon di Under the Queen’s Umbrella), che non lavora e non studia, ruba i soldi alla sorella e allo zio e schiva i colpi di ciabatta della madre, salvo, poi, cadere rovinosamente, ma che, con la sua simpatia e la sua strafottenza, rimane uno dei migliori fratelli minori di sempre, anche perché sa gioire dei successi della sorella senza alcuna invidia, sa portare il sorriso anche quando nasconde le insicurezze del suo fallimento e che, per parafrasare le parole della madre, è come l’arcobaleno che spunta sull’oceano perché può brillare a modo suo.
Qualche volta, bisogna sapersi prendere una pausa e guardare al nostro piccolo mondo di affetti. Sono le piccole e insignificanti cose ordinarie, le banalità trascurate della vita di ogni giorno che fanno comprendere l’importanza stessa di vivere e di fronteggiare qualsiasi momento, anche i più bui e tristi che possono arrivare nella vita, perché felicità e infelicità sono solo due ingredienti dell’esistenza umana, due lati di noi stessi che dobbiamo riuscire a comprendere.
“Oggi potrei essere felice ed essere triste domani. Ma va bene così. Perché se c’è la tristezza, verrà sempre anche la felicità nella stesso modo. Ora abbiamo la forza per affrontare la tristezza e la sfortuna. Ed è già abbastanza”.
Laura
Come suona la recensione?

Salve, ho scoperto per caso questo sito e volevo fare i complimenti a Laura per aver scritto una recensione tanto bella e magnetica. Sono una doramista da tanti anni ormai, principalmente di k-drama (sarà che ho iniziato con questa nazionalità e mi è rimasta nel cuore). Non avevo alcuna intenzione di mettere in lista questo drama, locandina e sinossi viste in giro non mi attiravano affatto… ebbene, dopo aver letto questo articolo non vedo l’ora di poter vedere questa serie, i temi trattati sembrano molto vicini al mio mondo (ahimè, ormai siamo tanti vittima di ansia, depressione).
Bellissimi i dialoghi che hai inserito in maniera strategica per “attirare” noi doramisti, sempre alla ricerca di storie interessanti. Tornerò dopo aver completato il drama, sperando di poter condividere il tuo pensiero positivo. Grazie ancora e complimenti!
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Grazie mille! “Doctor Slump” è un vero percorso di formazione e di accettazione di sé, superando le proprie paure. Sono certa che troverai tanta empatia e tanta affinità con i personaggi. Fammi sapere le tue opinioni, una volta terminata la visione e grazie ancora per averci letto. A presto, Laura
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