“La sua assenza è come il cielo: si stende sopra ogni cosa”.
(“Diario di un dolore” – C. S. Lewis)
Quando ho iniziato a guardare “Yonder” mi sono ritornati in mente alcuni passaggi della meravigliosa e sofferente opera di C.S. Lewis, “Diario di un dolore”. L’autore, lontano dalle atmosfere fantastiche dei suoi romanzi famosi, “Le Cronache di Narnia”, dedica quest’opera alla moglie morta prematuramente e racconta con intensità e sofferenza la sua reazione e i suoi passaggi per l’accettazione della scomparsa della sua amata, le fasi del lutto sono percorse dando luce ai propri sentimenti, senza remore, ma solamente dando la voce ad un dolore universale, a tutti coloro che non riescono ad accettare la scomparsa di una persona cara. Nessun autore è stato più profondo e sincero di C.S.Lewis nel raccontare il senso di afflizione, di abbandono, in cui tutti noi ci ritroviamo in questa vita, una volta che ci scontriamo con la morte, nel reagire ponendosi mille interrogativi, nelle infinite illusioni per soffocare la sofferenza e per non riuscire, infine, a raccogliere alcuna risposta o spiegazione:
“Credevo di poter descrivere uno stato, fare una mappa dell’afflizione. Invece l’afflizione si è rivelata non uno stato, ma un processo”.
(C.S.Lewis)
Guardare “Yonder” per me è stato come leggere “Diario di un dolore”, tutto d’un fiato, senza dare pause, né spazi, per scendere fino in fondo in quella esperienza di mistero che avvolge un passaggio molto pesante nell’esistenza umana, un percorso duro, freddo e, per chi resta, senz’altro crudele.
“Yonder” è una serie sci-fi ambientata in un futuro non molto lontano, il 2032, in una Corea del Sud dove l’eutanasia è diventata legale e la tecnologia è talmente avanzata che vengono registrati gli atti a distanza in modo che coloro che si occupano di donazioni di organi possono arrivare il più tempestivamente possibile e si creano memoriali con raccolta di ricordi, di foto e di video delle persone defunte.
Kim Jae-hyun (un intenso Shin Ha-kyun “Beyond Evil”, “Mr. Vendetta”) e Cha Yi-hoo (la sempre brava Han Ji-min, “One Spring Night”, “Behind Your Touch”, “Two Lights: Relumino”) passeggiano a piedi nudi nei boschi, ricercando nella natura quella solitudine benefica e quel silenzio che possa rasserenare il loro animo e che li possa allontanare dal trambusto della città, sono una coppia sposata, non hanno figli, ma vivono l’uno per l’altra, sono due anime affini che si capiscono anche solo da uno sguardo, amano il campeggio sul lago e ritagliarsi i loro spazi senza distrazioni sociali, lasciando tutto il resto del mondo alle spalle.
Quando a Yi-hoo viene diagnosticata una malattia terminale, la donna fa tutto il possibile per prepararsi alla morte, programma la sua eutanasia e raccoglie i suoi ricordi. Jae-hyun, invece, cade in una depressione silenziosa quasi catatonica e non riesce a comprendere quell’elemento sconosciuto, scomodo che si è presentato nelle loro due timide esistenze, si accorge che entrambi avevano tutto davanti a loro e in un attimo non hanno avuto più niente.
Jae-hyun è ossessionato dalla morte, da quel manto nero che gli si è steso nel cuore.
“Alzo gli occhi al cielo notturno. Vi è qualcosa di più certo del fatto che in tutte quelle vastità di tempi e di spazi, se mi fosse dato di cercare, non troverei mai il suo viso, la sua voce, il tocco della sua mano? E’ morta. Morta. E’ così difficile imparare questa parola?”
(C.S. Lewis)
Jae-hyun non sa, però, che la moglie ha firmato, prima di morire, un contratto che le permette di mettersi in contatto con lui, in modo tangibile più di un ricordo o di una fotografia. Un giorno, infatti, si presenta a casa sua una certa Seiren (interpretata da Lee Jung-eun “Daily Dose of Sunshine”, “Parasite”, “Strangers from Hell”, “When the Camellia Blooms”), una rappresentante della compagnia con la quale la moglie ha firmato il contratto che le consente di contattare il marito dall’altra parte e di rivederlo, il luogo da dove lo contatta non è il paradiso e nemmeno l’inferno, è un luogo che conoscono entrambi, uno dei posti dove erano felici durante la loro vita insieme.
La compagnia, tenuta dal misterioso Dottor K., ha un motto preciso: “Se puoi progettare la tua vita, perché non progettare la tua morte?”. Jae-hyun viene invitato a sperimentare questa nuova realtà, perché morire non significa cessare di esistere, significa soltanto cessare di esistere per gli altri e, siccome la scienza non è ancora riuscita a risolvere il problema della morte, questa nuova realtà, questo nuovo mondo chiamato Yonder è la soluzione alla morte stessa e si basa su connessioni neurali, immagazzinare i ricordi delle persone defunte e renderli vivi.
Se all’inizio Jae-hyun è restio ad accedere a Yonder, pian piano la mancanza della moglie e il profondo dolore lo porteranno ad entrare in questa nuova realtà dove riuscirà a rincontrare Yi-hoo, che è come nei loro giorni felici, i due passeggiano insieme, mano nella mano, parlano, ricordano i loro momenti più belli, ma c’è qualcosa di strano che aleggia in tutta questa realtà di Yonder, un senso di estraniazione e di solitudine, quel sorriso della moglie così distante, come se entrambi si perdessero in due direzioni differenti, in spazi diversi.
Un confine tra le due realtà che Jae-hyun avverte, ma è combattuto con se stesso nell’illusione di una vita oltre la morte o meglio nell’annullamento della morte stessa.
“Yonder” è un drama molto profondo che ripercorre alcune tematiche importanti quali il significato della vita eterna, della morte, della dimenticanza, della memoria, dei ricordi e dell’oblio, quello in cui si incorre quando le persone non esistono più nel mondo reale. Durante la visione ci si pongono mille interrogativi esistenziali, la felicità nel rapporto tra la vita e la morte, ci si programma per tutta la vita a morire, ma se la tecnologia andasse avanti si potrebbe davvero vivere per sempre senza la morte e nella nuova realtà vi è una vita vera o si tratta di memoria programmata?
Insieme al protagonista vedremo che nella realtà di Yonder tutto rimane sospeso, in quel ricordo che è stato cristallizzato, nulla va avanti, resta tutto uguale, quasi artificiale, anche i desideri espressi durante la vita non si sviluppano oltre, è per questo motivo, forse, che i ricordi sono preziosi perché quel momento non tornerà più.
“Yonder” è un drama che trae ispirazione dal romanzo “Goodbye Yonder” di Kim Jang-hwan e che nelle meravigliose interpretazioni porta avanti un messaggio dal contenuto etico e profondo dove il genere della fantascienza aiuta lo spettatore ad entrare pienamente nelle realtà diverse e a chiedersi: “Cos’è la vita?” “E’ necessario morire?”. “E se non si accettasse la morte si potrebbe vivere diversamente?”.
“Lentamente, silenziosamente, come fiocchi di neve – quei fiocchi lievi che preannunciano una nevicata che durerà tutta la notte – sulla sua immagine si stanno depositando piccole scaglie di me, mie impressioni, mie scelte. E alla fine la forma reale ne sarà completamente nascosta. Dieci minuti, dieci secondi, della vera H. basterebbero a correggere tutto ciò. Ma anche se mi venissero concessi, un secondo più tardi i piccoli fiocchi ricomincerebbero a cadere. (…)”
“Come potrei pensare di innamorarmi del mio ricordo di lei, di un’immagine creata della mia mente?”.
(C.S. Lewis)
Grazia
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