Quando ho terminato la visione di questo drama, sono rimasta in silenzio, con me stessa, così come faccio di solito quando rielaboro qualcosa che mi ha fatto pensare o perdere nei meandri della memoria perché l’effetto di questa serie è quello di perdersi e non solo per i viaggi temporali, ma anche in tutte quelle emozioni che vengono presentate nell’arco della narrazione, emozioni che risvegliano sentimenti universali che abbiamo provato tutti quanti durante la nostra vita o che ancora stiamo provando, ma che soprattutto, se avessimo il potere di tornare indietro nel tempo, ci convincerebbero a cambiare qualche decisione presa troppo frettolosamente o alla leggera, o, ancor meglio, a salvare qualcuno che si ritrova in un baratro di infelicità o forse potremmo salvare solamente noi stessi e cambiare il nostro futuro. Qualche volta mi chiedo cosa farei se potessi tornare indietro nel tempo e la mia mente improvvisamente si riempie di possibilità, ma poi penso che anche altri sarebbero coinvolti nel mio tentativo di “aggiustare” il passato e cosa accadrebbe loro, soprattutto alle persone care? Questo è l’interrogativo principale che la serie ci pone fino alla fine. E se la nostra decisione compromettesse la vita degli altri? E se invece in qualche modo sei legata ad alcune persone o ad alcuni affetti e nell’arco della tua vita riesci ugualmente a ritrovarli?
“A Time Called You” è ispirata al drama taiwanese “Someday or One Day” che è stato un grande successo in patria e anche all’estero. Pensare di ispirarsi al drama taiwanese non è stato di certo semplice per la bellezza della trama e per il coinvolgimento emotivo che ha regalato allo spettatore la serie originale, ma decisamente nel drama sudcoreano sono riusciti a cogliere le idee innovative e a renderle uniche anche grazie ad una regia impeccabile (Kim Jin–won di “My Country: The New Age” e “Just Between Lovers”), a delle scene iconiche, ad una bellissima colonna sonora e a delle interpretazioni che restano nel cuore.
Per tentare di non fare spoiler o di creare confusione, visto che la trama spazia in più dimensioni temporali, ho deciso di focalizzarmi solamente su alcune tematiche o particolarità che mi hanno maggiormente colpita, spero così di incuriosire chi ancora non lo ha visto e di spiegare quella moltitudine di emozioni che mi ha lasciato questa serie.
Gather My Tears
Ho deciso di iniziare a parlare di questo drama partendo proprio dalla canzone “Gather My Tears” di Seo Ji Won (cliccate sul titolo per il link a questa meravigliosa canzone). “Gather My Tears” venne rilasciata postuma nel 1996, apparteneva al secondo album di Seo Ji Won che si tolse la vita tra la notte del 31 dicembre 1995 e la mattina del primo gennaio 1996. A mio parere non è stata scelta a caso questa canzone struggente di un meraviglioso cantante che ha lasciato delle bellissime canzoni che sono ancora ricordate e citate. “Gather My Tears” parla di un amore nostalgico, finito, ma l’autore scrive una lettera al cielo, raccogliendo tutte le lacrime per trasmettere le proprie emozioni e per ricordare una persona che se ne è andata, ma che rimane nel cuore e resta la speranza di poterla rincontrare nella vita. Una profondità di sentimenti che coinvolge chi ascolta la canzone in una dimensione nostalgica, un ritorno al passato così come, infatti, avviene ai protagonisti della storia.
Il drama inizia con Han Jun-hee (interpretata da una immensa Jeon Yeo-been, “Vincenzo”) che, a distanza di un anno dall’incidente aereo che ha causato la morte del fidanzato Koo Yeon-jun (Ahn Hyo-seop, “Business Proposal”), soffre moltissimo la sua mancanza e non vuole arrendersi perché avverte in qualche modo la presenza del ragazzo anche se le sue percezioni non sono fondate né dimostrabili. Un giorno le viene recapitato un pacchetto misterioso contenente un vecchio walkman con una musicassetta e la foto davanti a un negozio di dischi di una ragazza che le assomiglia, insieme a un ragazzo che sembra Yeon-jun e a un terzo ragazzo che non ha mai visto nella sua vita. Quando inserisce la cassetta nel walkman e parte la canzone “Gather My Tears”, si ritrova improvvisamente nel 1998.
Ritorno al 1998
Nel 1998 gli studenti, Nam Si-heon (Ahn Hyo-seop) e Jung In-gyu (Kang Hoon, “Meow, ragazzo segreto”, “Little Women”) sono amici fin dall’infanzia, condividono ogni confidenza e speranza per il futuro fino a quando Si-heo non scopre che il suo amico è segretamente innamorato della ragazza che lavora part time al negozio di dischi, Kwon Min-ju (Jeon Yeo-been) che, però, è molto timida, riservata e non parla mai con nessuno, ma In-gyu ha visto in lei quella malinconia che solo lui può condividere, quell’estraniarsi dal mondo che lui comprende anche a causa della sua ipoacusia neurosensoriale bilaterale che lo accompagna fin da piccolo, lo ha reso insicuro in molte situazioni, ma che gli ha fatto sviluppare una sensibilità differente oltre a saper leggere le labbra delle persone, capacità di cui avvertiremo l’importanza nello svolgimento della storia. I due ragazzi iniziano a cercare di stringere amicizia con Min-ju che è, in realtà, innamorata di Si-heon, ma che non ha mai rivelato i propri sentimenti. Qualcosa accade una sera di giugno, dopo aver festeggiato il diciottesimo compleanno della ragazza, Min-ju, infatti, è vittima di un incidente e, quando si risveglia in ospedale, sorprende tutti perché il suo carattere silenzioso è stato sostituito da uno più estroverso e socievole. In realtà, si tratta di Jun-hee che dal 2023 si è risvegliata nei panni di Min-ju nel 1998 e ha visto tra le persone in ospedale un ragazzo che somiglia incredibilmente al suo fidanzato, ma si tratta di Si-heon.
Passano i giorni e Jun-hee regala a Min-ju, attraverso il suo carattere allegro, una nuova possibilità di farsi accettare dagli altri a scuola, di stringere facilmente amicizia e di imporsi nella vita scolastica come un’adolescente comune, anche Si-heon inizia ad essere attratto da lei e a provare dei sentimenti che prima non provava nei confronti dell’amica. Nel frattempo, Jun-hee scopre che l’incidente accaduto a Min-ju non è stato casuale, ma la ragazza è stata presa di mira ed è in pericolo di vita. Tornata nel 2023 Jun-hee inizia a fare ricerche sulla scuola di Mi-ju e degli altri due ragazzi e scopre che Min-ju è stata uccisa nell’autunno del 1998 e così cercherà di evitare in tutti modi l’omicidio e di avvertire i ragazzi per cambiare la storia.
A time called you
Cos’è il tempo? Possiamo mai ingannare il tempo o è il tempo che ci fa viaggiare più volte, ci permette di perderci, di far finta di non essere mai nati o di non aver vissuto alcuni periodi della vita? Nel cercare di evitare la morte di Min-ju, Jun-hee si lega sempre di più a Si-heon, ma anche lui non può fare a meno di cercarla e di parlarle anche se non comprende pienamente quando Jun-hee cerca di spiegare di non essere la vera Min-ju, ma di averle preso il posto in alcuni momenti.
Nella seconda parte del drama possiamo vedere come i due ragazzi si cercano, si incontrano più volte come due piccoli puntini che si muovono nel tempo. Si-heon cerca disperatamente Jun-hee, quella ragazza che in un momento preciso del 1998 gli ha rubato il cuore con la sua allegria, la sua voglia di vivere, Jun-hee, invece, è alla ricerca di spiegazioni per capire dove possa essere finito il fidanzato Yeon-jun , convinta di essere sulla strada corretta perché non crede di averlo perso per sempre. Il loro è in realtà un rincorrersi infinito per trovare quel piccolo briciolo di tempo, veloce come un sogno, dove ritrovarsi. Un tempo tutto loro.
Testimone dei salti temporali è Bae Chi-won (Park Hyuk-kwon, “Behind Your Touch”, “Something in the Rain”), zio di Min-ju e proprietario del negozio di dischi del 1998, mentre nel 2023 è proprietario di una caffetteria dove si recherà la nostra protagonista dopo aver raccolto informazioni sul passato.
Sopravvivere alla vita
Cosa accade quando forziamo qualcosa e quando cerchiamo di forzare il tempo? L’ultima parte della serie è decisamente un colpo al cuore per entrare in un contatto emotivo con lo spettatore, un rapporto tutto proprio. Il messaggio principale, che da subito ci sembrava essere solo l’importanza della forza e della persistenza dell’amore, si snoda in un’altra tematica forte, il suicidio, la depressione, il baratro di infelicità di cui parlavamo all’inizio, il sentirsi incastrati in una vita priva di soddisfazioni e mai riconosciuti da nessuno come esseri umani preziosi in un mondo indifferente delle sofferenze altrui, questo è quello che il personaggio di Min-ju vuole comunicarci. Qui mi soffermo un attimo per citare l’interpretazione meravigliosa ed encomiabile di Jeon Yeo-been, con nessun supporto, ma solamente grazie alle sue espressioni e gestualità riusciamo a capire quando veste i panni di Jun-hee o quelli di Min-ju, compreso nei primi episodi quando entrambe mostrano il loro lato di depressione. Jun-hee e Min-ju, come sorelle, nell’ultima parte del drama, l’una si interfaccia con l’altra, Min-ju ringrazia Jun-hee per averle regalato dei momenti di popolarità, Jun-hee si comporta come una sorella maggiore che cerca di evitarle ogni sofferenza, ma capisce di averle causato una frattura emotiva perché la ragazza non è riuscita più a confrontarsi con il mondo come Jun-hee aveva fatto quando aveva preso il suo posto.
“Min-ju, quando ero dove sei tu ora, ho potuto sbirciare per bene nel tuo cuore. Stavi lottando e volevi arrenderti, ma non perché eri debole e depressa, era perché avevi troppe speranze e aspettative per il mondo”.
Ultime note personali, Jun-hee è la chiave interpretativa del tempo, Min-ju rappresenta il cuore della storia, Si-heon è la costanza e la persistenza, In-gyu è il sacrificio e la segretezza dei sentimenti. “A Time Called You” non è una serie perfetta, ma riesce a coinvolgere perché è un viaggio nell’inconscio più profondo che ognuno di noi percepisce, ma tenta di nascondere.
In una notte nevosa di inverno ci si può ritrovare, il tempo è un compagno di vita, la memoria non è rimpianto, ma è segno della propria esistenza.
Memoru Grace
Come suona la nostra recensione?

5 pensieri riguardo “A Time Called You”