“Il fiume dove mi fermavo ogni giorno divide più o meno la città in due. Fino al ponte bianco che collega una riva all’altra ci vuole una ventina di minuti. Amavo quel posto. Era lì che io e Hitoshi, che abitava dall’altra parte del fiume, ci davamo sempre appuntamento e anche dopo la sua morte vi ero rimasta legata. Mi fermavo in un punto dove non c’era mai nessuno, e circondata dal rumore dell’acqua mi riposavo e bevevo piano il tè bollente dalla borraccia. Gli argini bianchi del fiume si perdevano in lontananza, e il panorama della città era avvolto nella nebbia azzurrina dell’alba. Ferma così, in quell’aria cristallina e pungente, mi sembrava di stare in un luogo un po’ più vicino alla morte. Solo in quello scenario severo e limpido, di una solitudine desolata, riuscivo a sentirmi a mio agio”.
(Banana Yoshimoto)

Titolo originale: “Moonlight Shadow”, ムーンライト・シャドウ, Munraito Shado
Regia: Edmund Yeo
Sceneggiatura: Takahashi Tomoyuki
Cast: Nana Komatsu, Himi Satô, Hio Miyazawa, Nana Nakahara, Asami Usuda
Genere: drammatico
Giappone, 2021, film
Quando lessi per la prima volta il racconto di Banana Yoshimoto, “Moonlight Shadow”, non avevo ancora vent’anni, ma la particolarità della storia, quel susseguirsi di elementi tra l’onirico e il fantastico, mi incantò da subito per la sua magia.
Ad anni di distanza ho guardato il film del 2021 ispirato al racconto omonimo della Yoshimoto e devo ammettere di non essere rimasta delusa.
“Moonlight Shadow” è stato il primo romanzo breve di Banana Yoshimoto, scritto come tesi di laurea nel 1987 e premiato in diversi concorsi letterari, tra cui il premio Kaien. Il racconto è incluso nelle edizioni del famoso romanzo “Kitchen”, sempre della stessa autrice.
In “Moonlight Shadow”, la Yoshimoto riesce a scavare nel profondo dell’anima dei protagonisti in una delle prove più difficili da affrontare per l’essere umano, il lutto, l’esperienza dolorosa della morte e la speranza di rivedere la persona cara in ogni piccolo elemento di ogni giorno, quasi un richiamare il ricordo per riuscire a sopravvivere.
Edmund Yeo ha diretto il film del 2021 e ha avuto il merito di comunicare per immagini i sentimenti provati dai protagonisti. Con una magnifica fotografia ci si immerge subito in una atmosfera onirica e quasi un’esperienza metafisica dove la dimensione spazio-temporale non esiste, è al di là della mente umana, ma viene percepita con l’anima ferita di una persona che sente la mancanza e la perdita di qualcuno.
Satsuki (Nana Komatsu, “The Last 10 Years”) e Hiragi (Himi Satô, “Sayonara, Maestro!”) sono costretti ad affrontare un lutto doloroso e il tentativo di fuggire dalla cupa nuvola della depressione che li circonda non è facile.
Satsuki è stata fidanzata per quattro anni con Hitoshi (Hio Miyazawa, “Happiness comes from eating, sleeping and waiting”), fratello di Hiragi, ma il ricordo dei loro giorni splendenti di due adolescenti che si affacciavano appena alla giovinezza non riesce a curare il cuore frantumato della ragazza. Satsuki pensa a Hitoshi in ogni momento della giornata e, per cercare di liberare la mente dalla sofferenza costante, ogni mattina si alza all’alba e va a fare jogging, solo che il suo corpo e il suo cuore la portano sempre nello stesso luogo dove si incontrava con Hitoshi, un ponte sul fiume. I due ragazzi vivevano sulle rive opposte, per cui quello era il loro punto di incontro e lì Satsuki spera di rivedere prima o poi il fidanzato, come se fosse ancora vivo.
A Hiragi, invece, quel dannato incidente stradale dove ha perso la vita suo fratello Hitoshi, ha portato via anche la sua fidanzata Yumiko (Nana Nakahara) e il ragazzo cerca di superare il doloroso momento del lutto, a modo suo, indossando la divisa di Yumiko.
Due giovani a cui la morte ha portato via la spensieratezza della gioventù.
Un giorno, Satsuki, durante una delle sue corse mattutine, incontra Urara (Asami Usuda, “Honey”), una ragazza misteriosa, dallo sguardo malinconico ed enigmatico che, dopo essersi presentata, le dice che a breve accadrà qualcosa di straordinario e magico proprio nel luogo in cui si sono incontrate e la invita a presentarsi il giorno dopo in quello stesso punto, sul ponte, prima dell’alba.
Il giorno successivo, Satsuki corre verso il luogo dell’appuntamento.
“Una o due stelle brillavano pallide, come se stessero per spegnersi, nel cielo di porcellana azzurra. Era una scena di una bellezza che dava i brividi. Il rumore del fiume era fragoroso e l’aria tersa”.
“È così azzurro che anche il corpo sembra sciogliersi nell’azzurro”.
Satsuki rivede Urara che le spiega che ogni cento anni avviene il fenomeno del “Moonlight Shadow”, ovvero un evento misterioso dove, presso i grandi fiumi, è possibile vedere l’immagine di una persona cara che ha lasciato il mondo dei vivi e questo solamente se vi è ancora una corrispondenza di anime e di pensiero della persona morta e della persona che piange per il dolore della mancanza.
Improvvisamente, infatti, sotto la luce della luna, Satsuki guarda verso il fiume e vede dall’altra parte l’immagine di Hitoshi. La ragazza vorrebbe avvicinarsi e abbracciarlo, ma è impossibile, Hitoshi la guarda da lontano, triste per il dolore di Satsuki, ma può solo agitare la sua mano e salutarla fino a sparire.
Solo dopo questa visione, Satsuki sente che qualcosa in lei è cambiato, forse questo incontro tra due dimensioni lontane, tra passato e presente, tra terra e cielo, l’hanno aiutata ad affrontare e superare la fase più buia del lutto.
Nel frattempo, anche Urara è sparita, così come un sogno, Satsuki, quindi, si incammina verso casa e capisce che le è almeno rimasta l’amicizia preziosa di Hiragi che, a modo suo, si è avvicinato al passato, ne ha preso la parte più dolce e malinconica e l’ha immersa nel presente per superare anche lui il dolore della perdita. Come l’acqua del fiume che scorre anche le loro vite non possono restare ferme, ma il ricordo resterà comunque sempre nei loro cuori.
Una storia che ci invita, con sensibilità, alla riflessione sulla fragilità dell’esistenza umana, sulla necessità di sopravvivere e di andare avanti per non impazzire o perdersi in un oblio lontano dal mondo in cui viviamo.
“Hitoshi. Non posso più restare qui. Momento per momento vado avanti. È il flusso del tempo che non si può fermare, non posso farci niente. Io vado. Una carovana si ferma e un’altra riparte. Ci sono persone che potrò incontrare ancora, altre che non rivedrò più. (…) Devo vivere guardando il fiume che scorre. Prego con tutto il cuore che solo l’immagine della ragazza che ero resti per sempre al tuo fianco. Grazie di avermi salutato agitando la mano. Grazie di avermi salutato agitando la mano molte, molte volte”.
N.d.A. Le frasi citate sono state estrapolate del racconto, “Moonlight Shadow” di Banana Yoshimoto, in “Kitchen”, edizioni Feltrinelli, 1991.
Grazia
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