“Sono tornato indietro per seppellire il mio passato”.

Titolo originale: 광장 (Gwangjang); anche noto con il titolo originale “Plaza Wars“
Regia: Choi Sung-Eun
Sceneggiatura: Yoo Ki-Sung
Dal webcomic “Plaza Wars” di: Oh Se-Hyeong, Kim Kyun-Tae
Cast: So Ji-sub, Heo Jun-ho, Jo Han-chul, Lee Jun-hyuk, Jung Gun-joo, Ahn Kil-kang, Gong Myung, Ahn Se-ho, Kang Shin-hyo, Lee Dong-ha, Choo Young-woo, Lee Beom-soo, Lee Sang-hee & Cha Seung-won
Genere: thriller/action/crime/drama
Corea del Sud, 2025 – kdrama 7 episodi
Il genere “hard-boiled” ha origini nelle detective stories americane di inizio ‘900, quando un torvo investigatore americano, presumibilmente in bianco e nero e carico di risentimenti nei confronti della vita, alzava per sbaglio la cornetta di un vecchio telefono e, alla luce fioca di una sigaretta, apprendeva dettagli di un cruento delitto. In Estremo Oriente, l’hard-boiled è diventato un genere a sé, aprendo un nuovo capitolo dell’arte cinematografica e televisiva, che mischia crime, thriller, storie di vendetta e di criminalità organizzata, eroi depressi e killer stanchi della vita, personaggi depravati e lirici al tempo stesso, violenza estrema e grande compassione, e lo fa con pennellate ad olio, macchie indistinte di colore spento e cupo e chiaroscuri che sembrano usciti da Rubens.
“Mercy for None” ha l’etica e l’estetica del miglior hard-boiled prodotto in Estremo Oriente, cupo e violento quanto basta per beccarsi una censura per i minori, gore e pulp a tratti come un fumetto grottesco, ma anche nostalgico e malinconico con i suoi personaggi disperati e contraddittori, amareggiati dalla vita, eppure ancora così attaccati al ricordo delle emozioni dei propri affetti. Una visione cruda, terribile, incisiva, che alterna bianco e neri a schizzi rossi di sangue, ma che io ho trovato meravigliosa. E, pertanto, cercherò di parlarne di seguito, senza fare spoiler.
AVVERTENZA! Per chi è impressionabile, c’è veramente tanta – ma tanta – violenza nelle scene di questo drama, ma è anche quasi impossibile mandarle avanti velocemente, perché ogni scena violenta è funzionale a comprendere la trama e, soprattutto, la psicologia dei personaggi. E, poi, sono così ben coreografate da farle sembrare sequenze di una danza della morte.
Bianco e nero marcato. Due uomini in auto. Uno inforca gli occhiali, augurando buona fortuna all’altro, che, indossato il tirapugni sui guanti di pelle, esce dall’auto e si getta in una mischia di enorme violenza, dove le gang rivali si affrontano per ottenere l’egemonia sul territorio e pioggia e fango si mischiano al sangue delle ferite aperte.
I due uomini sono i fratelli: Nam Gi-jun (interpretato da So Ji-sub di “Oh My Venus” e “Doctor Lawyer“), il maggiore, la macchina letale in grado di uccidere a mani nude gli avversari, lo spietato esecutore dei capi dell’organizzazione criminale, colui a cui è affidato il compito di risolvere definitivamente le questioni; e Nam Gi-seok (interpretato da Lee Joon-hyuk di “Love Scout“, “Dong-jae: The Good or the Bastard” e “Stranger“), il minore, l’intellettuale e il burocrate, colui che salvaguarda le spalle economiche e legali dell’organizzazione criminale, una figura a metà tra il legale e il contabile, super partes su ogni cosa.
Sono trascorsi molti anni da quando i due fratelli erano in auto insieme, supportandosi a vicenda nella loro strada criminale. Ne sono trascorsi undici, da quando il maggiore dei due, Nam Gi-jun, ha abbandonato quella vita, decidendo di ritirarsi per sempre dal mondo criminale, dopo aver riportato una pace apparente tra le diverse gang, finite nel baratro della guerra per un grave incidente che ha colpito il figlio del boss. Nam Gi-jun è diventato eroe e colpevole, al tempo stesso, di quel nuovo clima, che ha contribuito a creare, pagando personalmente il suo ritiro con la recisione del tendine d’Achille (un topos tipico del genere hard-boiled come del genere western, insieme alla perdita di una mano, perché indica una menomazione non tanto del fisico, quanto del percorso, l’impossibilità di continuare quella strada intrapresa).
Per undici anni, Gi-jun vive ritirato e in solitaria nella sua roulotte ai margini della città, dove vende abbigliamento e materiale da pesca e da trekking, mentre l’associazione a delinquere per cui lavorava si è scissa in due rami rivali in apparente stasi tra loro: “Joowon”, gestita da Lee Joo-won (Huh Joon-ho di “Designated Survivor – 60 Days” e “Why Her?“), il cui figlio, Lee Geum-son (Choo Young-woo di “Once Upon a Small Town – L’amore lontano dalla città“), è ora un giovane procuratore in carriera; e “Bongsan”, gestita da Gu Bong-san (Ahn Gil-kang di “A Shop for Killers” e “Tale of a Nine-Tailed“), il cui figlio, Gu Jun-mo (Gong Myung di “Way Back Love” e “Individualist Miss Ji-young“), è uno scansafatiche viziato e crudele, abituato ad ottenere tutto.
Per undici anni, tutti hanno mantenuto la pace garantita da Gi-jun e hanno aziendalizzato le loro organizzazioni, passando dalla criminalità da strada ai colletti bianchi. Nel nuovo ordine, il fratello minore, Gi-seok, ha trovato la sua naturale posizione, investito del ruolo di trasformare e ripulire l’onta criminale dalla Joowon e divenendo ufficiosamente il suo erede dopo il ritiro di Lee Joo-won. Fino a quando, un malvivente non lo uccide inaspettatamente nel parcheggio sotterraneo della sua abitazione.
Nessuno sa chi possa essere il colpevole dell’omicidio, eppure tutti sanno chi e quante persone nutrivano motivi di astio nei suoi confronti e/o nei confronti del vecchio Joowon. Ma, mentre Joowon, coadiuvato dal suo direttore generale Choi Sung-cheol (Jo Han-chul di “Healer” e “Vincenzo“) cerca i responsabili della morte del suo delfino, e Bongsan, con l’auto del suo assistente Kim Chun-seok (Ahn Se-ho di “Trigger“), cerca di scagionare il figlio dall’accusa, Gi-jun si sveglia come un leone in quiescenza per cercare vendetta per la morte del fratello.
E, come direbbe il Rigoletto, sarà una terribile, tremenda e soave vendetta, una di quelle vendette che non risparmierà nessuno per qualsiasi minima colpa e azione, scavando nel passato di quanto accaduto sia a lui e al fratello, che a tutte le organizzazioni malavitose coinvolte, indagando nelle complessità presenti, nei tradimenti celati e pianificati, nelle prese di potere di subordinati e nei cambi di potere, nei rapporti tra la malavita e il mondo dell’economia, ma anche della politica, della giustizia e, infine, della polizia, che vanta il più temibile e terribile amico/nemico di qualsiasi organizzazione, il Deus ex machina Cha Yeong-do (interpretato da Cha Seung-won di “A Korean Odyssey” e “You’re all surrounded“), anche noto come Mr. Kim, sovrintendente della polizia metropolitana di Seoul, ma anche garante dell’esistenza di Joowon e Bongsan, nonché loro intermediario.
Gi-jun si aggira in questo modo in un tempo e in un luogo immoto, che potrebbe benissimo coincidere con una notte così come con una vita intera, stanco, muto e amareggiato, trascinando la sua gamba zoppa e un po’ anche se stesso, con le occhiaie insonni di anni di sofferenze e di isolamento, ma la volontà cristallina di mantenere intatti i bei ricordi e i valori, quelli dell’affetto e della fratellanza, che hanno sempre caratterizzato la sua eterna protezione nei confronti del fratello minore. Perché Gi-jun insegna che ci sono valori e sentimenti che vanno al di là di qualsiasi logica e di qualsiasi tattica e che diventano assoluti nella loro negazione di bene e male. Insegna la parabola nostalgica di un killer, che ha perso la purezza e l’ingenuità del mondo e, forse, col tempo, ha anche un po’ perso se stesso, ma non ha mai perso quel barlume di luce annidato nel fondo della sua anima e che è racchiuso nell’affetto per il fratello minore. E, nella sua ballata romantica e autodistruttiva verso l’annientamento e la morte, insegna che tutti, alla fine, siamo umani, anche nelle nostre bassezze, nei tentativi di annullarsi e in quelli di portarci alla gloria, nelle rabbie, nelle vendette, nelle paure e nelle follie, nelle emozioni e nelle innumerevoli contraddizioni che, strada facendo, si delineano in ogni personaggio incontrato durante il cammino di distruzione di Gi-jun, mentre attraversa non solo i propri ricordi, ma anche i ricordi di coloro in cui si imbatte.
Menzione speciale: c’è una società, di nome N-Clean, che serve a “ripulire” i delitti, creando diversivi ugualmente criminali, oppure è utilizzata per “socializzare” un crimine, attraverso una vera e propria gara d’appalto per la commissione (di solito, offerta a piccoli criminali e malavitosi da strada o a semplici tossici disponibili al delitto); non so come sia venuta un’idea simile, ma le interpretazioni di Lee Beom-soo (della serie di film “The Roundup“) nei panni del direttore generale Sim Seong-won, e di Lee Sang-hee (di “My Name is Loh Kiwan) nei panni dell’avvocatessa Yoon sono talmente perfette da meritare una serie spin-off a sé.
Altra menzione speciale per Jung Gun-joo che interpreta l’unico personaggio coerente e senza chiaroscuri della serie, ma soprattutto l’unico vero alleato di Gi-jun, l’assistente di Gi-seok, Cheon Hae-Beom.
Laura
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