“Quando vedo qualcosa di bello, devo lasciare il ricordo di esso”.

Titolo originale: 余命10年 – Yomei 10 Nen
Regia: Michihito Fuji
Scritto da: Okada Yoshikazu e Watanabe Mako
Cast: Nana Komatsu, Kentaro Sakaguchi, Yamada Yuki, Nao, Hara Hideko, Matsushige Yutaka, Kuroki Haru, Lily Franky
Genere: Drammatico
Giappone, 2022, film
Fiori rosa di ciliegio che cadono danzando in un fruscìo di vento, appena accennato, mentre i tasti di un pianoforte in lontananza cadenzano il momento. La Natura che illumina l’attimo di esistenza che poi è tutta la vita per un essere umano, ma è un ritmo che dura da un’eternità sulla Terra. Fiori che cadono lievi, ma non fanno rumore, riempiono solo gli occhi di luce rosa.
Alberi di ciliegio che ondeggiano e accompagnano lo sguardo all’interno di una stanza d’ospedale dove Reiko, una giovane donna, guarda dei filmati registrati con la sua videocamera, poi la porge a Matsuri, sua compagna di stanza e le passa il testimone.
“Matsuri-chan, vivi fino al tuo ultimo respiro, va bene?”
Matsuri Takabayashi (Nana Komatsu, “To Give a Dream”) ha vent’anni, ma si sente investita dal compito che le ha lasciato Reiko e anche quando la donna non ci sarà più, la ragazza continuerà a filmare le cose belle, quelle che agli occhi delle persone possono sembrare banali, ma per coloro che hanno conosciuto la morte sono attimi preziosi rubati alla vita.
Matsuri è affetta da una malattia rarissima, la IAP, una ipertensione arteriosa che colpisce il sistema vascolare arterioso polmonare, rendendo difficile la respirazione e, con il progredire della malattia e la quasi inesistenza di cure, la vita della ragazza sarà breve, le sono previsti ancora dieci anni di vita.
Dopo due anni di ricovero, le dimissioni dall’ospedale sono finalmente attese da parte di tutti, non solo di Matsuri, ma anche della propria famiglia, i genitori, Hideko (Hideko Hara) e Yutaka (Akihisa Takabayashi) e la sorella Kikyo (Haru Kuroki) che non l’hanno mai abbandonata.
La vita di Matsuri, però, non potrà mai essere una vita di libertà come quella di qualsiasi sua coetanea, ma la sua normalità sarà la convivenza con scatole di pillole e farmaci, una bombola di ossigeno e una sedia a rotelle di emergenza, una vita in cui lo spettro di una dipartita, che non ha avviso, incombe sulle sue attività, su tutto ciò che fa, sulla voglia di trovare un lavoro o di uscire con le sue amiche senza temere di stancarsi troppo.
“Se potessi vivere altri dieci anni in più cosa faresti?”
Matsuri è consapevole che la sua vita sarà breve, ma come ha promesso a Reiko vuole vivere intensamente ogni bellezza che la circonda, ogni stagione, con in propri colori, i propri odori, le luci che filtrano tra le foglie degli alberi, una notte di stelle cadenti. Desidera essere testimone di ogni cosa e filmarla, creare dei video per catturare ogni momento, anche quelli più rapidi. Non vuole, però, abbandonarsi alle emozioni, cerca anzi di evitarle, per non stare male. In qualche modo, però, riesce ad ottenere un piccolo lavoro di consulenza per una casa editrice grazie all’amica Sanae (Nao).
Un giorno, dopo un anno dalle dimissioni ospedaliere, i suoi compagni di classe della scuola superiore decidono di organizzare una rimpatriata. Matsuri, anche spinta dalla sorella e dalle sue due amiche, partecipa alla cena e qui rivede Kazuto Manabe (Kentaro Sakaguchi, “The Parades”, “What Comes After Love”, “Beyond Goodbye”) che è stato suo compagno di classe e che è sempre stato attratto da Matsuri, ma troppo timido per dichiararsi, mentre la ragazza ha ripromesso, invece, a se stessa di non affezionarsi a nessuno per via della sua malattia.
Il giorno dopo l’incontro, però, Kazuto si butta dalla finestra. Fortunatamente il suo il tentato suicidio fallisce, per cui viene ricoverato d’urgenza e sopravvive.
Matsuri insieme ad un altro compagno di scuola si recano in ospedale per trovarlo e nell’ascoltare le parole disperate di Kazuto che vorrebbe negarsi la vita, la ragazza inizia a rimproverarlo perché non apprezza il dono della salute che gli è stato dato.
Kazuto ascolta attentamente le ammonizioni di Matsuri e riflette sulla sua esistenza, sul suo tentato suicidio nato da un’incomprensione con la sua famiglia, dalla pressione che gli è sempre stata fatta a casa. La sua sofferenza è dettata da una visione soggettiva della vita e della società che lo circonda, un tentativo inconscio di richiamare la morte perché non riesce a vivere, mentre per Matsuri la visione oggettiva della realtà in cui è immersa, del dolore del suo fisico la fanno sempre stare all’erta a confrontarsi apertamente con la morte minuto per minuto.
Un dolore dell’anima a confronto con la sofferenza fisica causata dalla malattia.
Da lì in avanti i due giovani iniziano, in qualche modo, a vedersi spesso, a frequentarsi, nonostante le riserve di Matsuri che non vuole legarsi a nessuno.
Matsuri, però ha bisogno di Kazuto, dell’affetto e dell’attenzione che il ragazzo prova per lei, mentre per Kazuto aver rincontrato Matsuri è stata una delle cose migliori che potessero accadere nella sua vita. Il ragazzo cerca di pensare e decidere da solo del suo tempo, della propria esistenza, di cosa vorrà fare da grande, inizia, quindi, a lavorare part-time in un ristorante locale gestito da Gen Kajiwara (Lily Franky, “Little sister”, “Makanai”, “The Parades”) e capisce pian piano di apprezzare quel lavoro che potrebbe presto diventare il suo.
Kazuto è grato a Matsuri e, anche quando scopre la malattia della ragazza, comprende maggiormente le parole che le aveva detto dopo il tentato suicidio e inizia a costruire finalmente un’alternativa di speranza: “Pensavo di voler morire, ma mi hai fatto capire che voglio vivere ed è grazie a te che manterrò questa vita”.
Matsuri e Kazuto sono due giovani anime che vivono una propria angoscia, ma che iniziano a cercare di superare i gradi di sofferenza per vivere al meglio ogni bellezza che li circonda.
Mi è piaciuta molto la tecnica usata dal regista per raccontare i momenti più delicati della loro storia, grazie, infatti, alla handy-cam di Matsuri lo spettatore riesce ad essere coinvolto e a vedere dagli occhi della ragazza tutto ciò che avviene attorno, come se anche lo spettatore lo vivesse. Sotto una pioggia di petali di ciliegio, in mezzo al chiarore della neve soffice, in una giornata calda d’estate, immersi nei colori dell’autunno. Il regista ha girato le immagini in ogni stagione dell’anno per un anno intero per dare maggior impronta realistica alla storia. Le inquadrature eleganti e la grana della pellicola contribuiscono a dare un tocco intimista alla storia narrata anche nelle scene girate all’esterno dove sembra che il tempo si sia fermato solo per i protagonisti che guardano in silenzio la luce di una giornata qualunque che diventa unica per la loro esistenza e contrasta con la fugacità della vita.
La storia non scade mai nel sensazionalismo nonostante la tematica trattata, l’abilità del regista Michihito Fujii, che già avevo apprezzato in “The Parades” e “18×2 Beyond Youthful Days“, riesce sempre a sorprendere lo spettatore nelle scelte della narrazione e, come nei due film elencati prima, riesce a trasformare la sofferenza in speranza anche laddove sappiamo fin dall’inizio che la dipartita della protagonista sarà prossima.
Il messaggio fondamentale è quello di lasciare un ricordo, un’impronta positiva alle persone che restano ed è questo per me il valore aggiunto del film, un viaggio attraverso la storia della protagonista e attraverso la storia di coloro che le sono vicini, Kazuta, i genitori, la sorella, gli amici, affidare a tutti un messaggio di vita.
“The Last Ten Years” è una storia d’amore per la vita, oltre la vita ed è un messaggio che ha lasciato Ruka Kosaka, autrice del libro a cui è ispirato il film, un messaggio che commuove ancora di più se solo ci si avvicina con sensibilità alla sua storia.
Menzione speciale per la colonna sonora curata dai Radwimps, musica che è poesia e che accompagna ogni momento, ogni scena, ogni emozione e per le toccanti interpretazioni di Nana Komatsu, malinconica nella sua Matsuri e di Kentaro Sakaguchi, dall’area eterea e nostalgica per il suo Kazuto.
Lasciare un ricordo positivo a chi resta, per dare l’opportunità di avere uno scopo, un qualcosa a cui aggrapparsi per venire a capo della propria vita.
Dedicato a Ruka Kosaka (1978 – 2017)
“Viene la notte. Ho paura di chiudere gli occhi. Perché lo ricorderò sicuramente. Non posso dimenticare. Io non mi sbagliavo, vero? Ho fatto abbastanza? Ho vissuto una vita felice. Potrebbe essere stata più breve di altri, ma quando ti ho incontrato e l’amore che mi hai donato, ho pensato che fossi decisamente viva (…)”.
“Sai sono stato in grado di aprire il mio negozio. L’ho chiamato Matsuri. Potresti arrabbiarti con me per averlo fatto senza farti sapere, ma non potevo trovare un nome migliore. Matsuri-chan, hai davvero dato il massimo. Hai fatto del tuo meglio (…)”.
Grazia
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