“– Sai quella canzone che fa ‘Se scendi tra i campi di segale, e prendi al volo qualcuno”, – Io vorrei…
– Dice ‘Se scendi tra i campi di segale, e ti viene incontro qualcuno’, – disse la vecchia Phoebe. – E’ una poesia. Di Robert Burns.
– Lo so che è una poesia di Robert Burns. Però aveva ragione lei. Dice proprio ‘Se scendi tra i campi di segale, e ti viene incontro qualcuno’. Ma allora non lo sapevo.
– Credevo che dicesse ‘E ti prende al volo qualcuno’. – dissi – Ad ogni modo, mi immagino sempre tutti questi ragazzini che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera eccetera. Migliaia di ragazzini, e intorno non c’è nessun altro, nessuno di grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere dal dirupo. (…) Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l’acchiappatore nella segale e via dicendo“.
(J.D. Salinger, “Il giovane Holden“)

Titolo originale: 약한영웅 Class 2, Yakanyeong-ung Class 2
Regia: Yoo Soo-min
Scritto da: Yoo Soo-min (sulla base del webtoon di Seo Pae-seu e Kim Jin-seok)
Cast: Park Ji-hoon, Ryeoun, Choi Min-young, Lee Min-jae, Bae Na-ra, Lee Jin-young, Yoo Su-bin & Jo Jung-seok
Guest stars: Choi Hyun-wook e Hong Kyung
Drama / Coming-of-Age, ROK 2025
“The Catcher in the Rye” è il titolo originale del romanzo cult “Il giovane Holden” ed è anche la frase che apre l’inizio della seconda stagione di “Weak Hero Class” e ne dà senz’altro l’impronta, sia nella lenta e abissante attesa dello scoppio, sia nel culmine della violenza e dell’odio. Per fare qualche passo indietro, non bisogna dimenticare che la prima stagione (di cui è possibile leggere la recensione qui) iniziava con una citazione del “Demian” di Herman Hesse, intrisa di quel mistico furore e di quell’eguale attrazione verso il Bene e il Male, in cui si trovano immersi i protagonisti, bloccati sull’orlo di un dirupo oscuro, destinati a cadere dentro o a riprendersi e rimettersi in piedi nel loro percorso di formazione per cercare se stessi.
Il dirupo rimane identico, quel baratro oscuro che si apre nell’animo durante l’adolescenza e che si allarga silenzioso e cupo, facendosi spazio a cerchi concentrici e dilaganti e spuntando fuori, quando meno ci si può immaginare. Solo che, stavolta, il dirupo è controllato da un “catcher“, un figura che nel gioco del baseball corrisponde al ricevitore e che se ne sta lì, silenzioso eppure incombente, con la sua maschera, i guantoni e la pettorina, dietro al battitore, “batsman“, pronto a cogliere ogni minimo segnale dal suo lanciatore, il “pitcher“, su cui si focalizza tutta l’attenzione della partita, colui con la palla in mano. Sebbene sembra che le sorti della partita siano affidate al lanciatore, è il ricevitore a determinare per davvero la strategia, all’interno di quel “margine d’errore” sul cui schema si basa la partita (non a caso, parole richiamate nell’ultimo episodio della seconda stagione). Ed è sempre il ricevitore che si è posto l’obiettivo di non dormire per vegliare su coloro che sono bloccati e invischiati nel “rye“, nella segale alta e insidiosa, dalla cui fermentazione deriva un whisky forte e potente (il whisky-rye) che fa perdere l’orientamento, come se si vagasse nel fango e sotto la pioggia (da cui l’evocativa scena della battaglia finale).
Se Yeon Si-eun (sempre bravissimo Park Ji-hoon) viveva su quel limite estremo, attratto dalla violenza magnetica del buio del dirupo, capace di continuare la vita nell’anonimato o di trasformarsi nella parte peggiore di sé, ovvero in quella trasformazione che aveva coinvolto l’amico/nemico Oh Beom-seok (Hong Kyung), ora raccoglie il testimone di Ahn Su-ho (Choi Hyun-wook), l’amico ancora in coma dopo i fatti della prima stagione, e carica su di sé il ruolo di “acchiappatore nella segale”, colui che sa già cosa si trova al di là di quel dirupo e si immola per viverci intorno e prendere i ragazzi che giocano in quel campo, prima che si perdano all’interno. La battuta “Non superare questo confine“, anche traducibile come limite umano, è l’eredità più grossa che Su-ho lascia a Si-eun.
Ma Si-eun non si è fatto solo carico di portare avanti la missione del suo amico, come intercessore dei giovani destinati a cadere nel baratro. Infatti, porta su si sé anche un’altra pesante eredità, quella lasciata dal senso di colpa, che agisce su due binari: quello esterno dello stigma sociale, che lo ha etichettato come “persona da evitare”, decisamente votato alla follia e alla perdizione di coloro che gli stanno accanto; quello interno del lacerante dissidio psicologico, per cui si è autogiudicato e autocondannato come responsabile del Male accaduto nel suo mondo.
Ed è così che, nella nuova scuola in cui è stato forzatamente trasferito, Si-eun incontra un altro ragazzo, che, come lui, si è caricato di una colpa non commessa e vive nella sua continua penitenza: Park Hu-min, detto Baku (interpretato da Ryeoun di “18 Again” e “Twinkling Watermelon“), capitano della squadra di pallacanestro, ma anche colui che ha inventato la regola del “No risse” nella sua scuola. Baku, un ragazzo in apparenza solare ed estroverso, nasconde una responsabilizzazione venuta troppo presto (anche per via della povertà della famiglia d’origine di un padre alcolizzato) e un eterno senso di colpa costante, per aver insegnato tempo prima al suo amico Na Baek-jin (interpretato da Bae Na-ra di “D.P.“) come lottare e, quindi, come sopravvivere al duro mondo della strada. Solo che la lezione di Baku è stata interiorizzata e trascesa in un modo diverso dal suo vecchio amico, che l’ha usata per il proprio tornaconto, crollando all’interno di quel dirupo, da cui Baku non è riuscito a salvarlo.
Si-eun e Baku vegliano entrambi, senza conoscersi, sull’orlo di quel dirupo ed entrambi sono tormentati da quel senso di colpa per essere stati all’origine della rovina della vita dei propri amici. E l’uno veglierà, quasi inconsapevolmente, affinché l’altro non crolli nel dirupo; e viceversa.
Sono partita al contrario, quasi dal finale, perché anche questa volta la serie è costruita come un Bildungsroman alla tedesca, attraverso un viaggio che inizia, anzitutto, all’interno del proprio inconscio e che è accettazione, comprensione e auto-assoluzione. La chiave di lettura de “Il giovane Holden” è comprensibile solo sul finale, in quella speranza, quasi impossibile secondo Salinger, di salvare l’innocenza dei giovani, per evitare che crollino nella malevolenza e nella falsificazione dell’età adulta – il dirupo, appunto, rappresentato da adulti che hanno posto al centro solo gli affari economici (così il personaggio di Choi Chang-hee, interpretato da Jo Jung-seok di “Hospital Playlist” e “Il re e la spia“) e che, come tali, hanno rovinato la formazione dei giovani – e far sì che mantengano quella purezza delle emozioni e dei ricordi dell’infanzia sempre per diventare adulti migliori.
Quando i fatti della seconda stagione hanno inizio Baku è stato formalmente sospeso da scuola proprio per aver generato una rissa con i ragazzi della famigerata “Unione”, una specie di “sindacato” malevolo tra i bulli delle scuole della zona e contro cui Baku si è scontrato per preservare i ragazzi della sua scuola dai continui soprusi, ma anche dall’affiliazione forzata al suo interno (un altro “acchiappatore nella segale”). L’assenza di Baku da scuola si fa sentire in modo pressante: la squadra di pallacanestro non può accedere al campionato, lasciando nello sconforto l’amico di sempre, Go Hyun-tak detto Gaku (interpretato da Lee Min-jae), mentre la scuola è dominata dal bullismo di Choi Hyo-man (interpretato da Yoo Su-bin di “Start-Up” e “Crash Landing on You“), che soggioga gli studenti più deboli fisicamente, obbligandoli a rubare smartphone da consegnare all’Unione. Uno degli studenti soggetti ai soprusi di Hyo-man è Seo Jun-tae (interpretato da Choi Min-young di “Twenty-Five Twenty-One” e “XO, Kitty“), un ragazzo esile e timoroso, che casualmente incrocia lo sguardo vacuo di Si-eun e ne percepisce la lealtà.
“Actioni contrariam semper et equalem esse reactionem”.
Ovvero: ad ogni azione è sempre opposta una reazione uguale e contraria, secondo il terzo principio di Newton che gestisce la dinamica. Ed è così che Si-eun, che veglia sul dirupo nascosto, suggerisce a Jun-tae di non essere codardo, ma soprattutto di valutare ogni cosa, perché ogni azione non si sviluppa solo in sé, ma anche nell’eco che può avviare, sia in negativo che in positivo. Pertanto, se rubare gli smartphone per conto di Su-bin porta ad una conseguenza personale positiva (nel terminare o, perlomeno, porre in requie il bullismo nei propri confronti), integra al tempo stesso un’azione negativa (quella di rubare ad altri); nello stesso modo, ribellarsi a Su-bin può determinare conseguenze negative (nella ritorsione di quest’ultimo), ma anche una serie di effetti positivi.
In effetti, la ribellione di Jun-tae determina l’intervento di Si-eun nei confronti di Hyo-man, ma anche l’attenzione di Gaku e, quindi, successivamente, di Baku, al suo ritorno a scuola, che interviene di nuovo per eliminare il bullismo dal proprio istituto. Determina anche che Hyo-man venga completamente arginato nella sua folle corsa al crimine, non consentendogli all’affiliazione all’Unione (e, a lunga distanza, ne determina la salvezza). Inoltre, determina che Si-eun non sia più solo nel vegliare sul dirupo, trovandosi accanto l’amicizia di Baku, Gaku e Jun-tae e iniziando, lentamente, un lungo percorso di auto-assoluzione per le ferite che hanno costretto in coma l’amico e che parte dal suo infinito e insonne dialogo via messaggi al cellulare muto di Su-ho, fino a riacquistare il sonno, cadendo in un deliquio che non è altro che il proprio sottosuolo inconscio, dove vaga turbato lo spirito dell’innocenza perduta, che ha le sembianze di Beom-seok.
Tuttavia, come ogni azione, le conseguenze negative sono inevitabili. E, così, da quella mite ribellione di Jun-tae contro Hyo-man e quel sorgere dell’amicizia con Si-eun, Baku e Gaku, ne deriva anche un’imprevista spirale di violenza. La nuova situazione di ritrovata pace nell’istituto e, soprattutto, la presunta sicurezza di Baku con il suo nuovo gruppo di amici destano la feroce belva dell’Unione, gestita, in realtà, dal suo ex amico d’infanzia Na Baek-jin, che ha assoggettato a sé tanti giovani con troppa fretta di crescere e diventare adulti, uniti tutti dall’unico credo del denaro e del successo economico, che dà loro la forza di agire violentemente in branco. L’Unione punta all’aziendalizzazione delle cosche malavitose e al guadagno facile e mira ad espandersi a macchia d’olio nella zona di pertinenza, raccogliendo l’assenso di tutti i coetanei. Pertanto, non può permettere voci ribelli e autonome, che tende a schiacciare con un’imponente sistema poliziesco e autoritario. Questo perché chi ha fondato l’Unione ha accettato di entrare nel dirupo e di vivere, così, circondato da quei benefici presunti dell’età adulta e della sua falsificazione, soffocando qualsiasi purezza infantile. Na Baek-jin, uno dei personaggi più tragici mai visti in un k-drama, ha perso la propria innocenza volontariamente e, in modo uguale e contrario rispetto alla veglia di Si-eun e Baku sull’orlo del dirupo, sta appollaiato al suo interno, agendo come un demone magnetico, capace di attrarre coloro che vivono su quell’orlo.
Ed è per questa dicotomia costante e irrecuperabile che, ad un certo punto, il lavoro di vegliare non sarà più sufficiente, cedendo alle pressioni di districarsi da quel campo di segale e di arrivare alla violenza necessaria per preservare non tanto l’innocenza dell’infanzia, oramai perduta per sempre, quanto quei ricordi di lealtà, che serviranno, nel futuro, a costruire degli adulti coscienti.
“A chi precipita non è permesso di accorgersi né di sentirsi quando tocca il fondo. Continua soltanto a precipitare giú. Questa bella combinazione è destinata agli uomini che, in un momento o nell’altro della loro vita, hanno cercato qualcosa che il loro ambiente non poteva dargli. O che loro pensavano che il loro ambiente non potesse dargli. Sicché hanno smesso di cercare. Hanno smesso prima ancora di avere veramente cominciato.”
(J.D. Salinger, “Il giovane Holden“)
Ultima menzione speciale (e necessarissima) per il personaggio di Geum Seong-je (interpretato da Lee Jun-young, anche noto come Jun della band k-pop U-Kiss, che ha recitato anche in “Badland Hunters“, in “Melo Movie” e, ancora una volta, in “D.P.“.), non solo per la bravura – ormai certa – dell’attore che lo ha interpretato, ma anche per la profonda comprensione di un personaggio secondario e minore, eppure assolutamente utile per la trama della seconda stagione, ma anche come vero trait-d’-union tra le chiavi di lettura delle due stagioni. Seong-je, infatti, vive nel dirupo di Holden, ma è anche capace di uscirne a proprio piacere, conserva i ricordi di infanzia, senza entrare completamente nell’età adulta, di cui continua a rifiutare le sovrastrutture (così nella sua valutazione a pelle, estremamente intuitiva delle persone, o in quel suo complimento “sei un pazzo furioso” elargito al protagonista), eppure tramuta l’innocenza in modo malevolo, come un bambino angelico, ma cresciuto in modo vizioso. Accoglie, quindi, in sé quel genio cattivo del “Demian“, quel misticismo magico e magnetico, ma estremamente pericoloso proprio per questa falsa e ostentata innocenza, che potrebbe portare direttamente nella terza stagione.
Laura
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