“Io e te, in qualche modo, ci siamo persi durante il nostro viaggio nella vita. Ecco perché abbiamo bisogno di un punto di partenza per non perderci di nuovo.”

Titolo originale: Ag-ui kkot (악의 꽃)
Regia: Kim Cheol-kyu
Sceneggiatura: Yoo Jung-hee
Interpreti: Lee Joon-gi, Moon Chae-won, Kim Ji-hoon, Jang Hee-jin, Seo Hyun-woo, Choi Dae-hoon, Nam Gi-ae, Son Jong-hak
Genere: drama/ crime/ thriler psicologico
Una giornata di pioggia, una giornata umida, grigia, dove tutto sembra ovattato, una giornata che riesce a rappresentare le emozioni che lo spettatore, che si avvina a questa storia, riesce a sentire, come il freddo che entra nelle ossa pian piano e le raggela, poi credendo di riuscire a muoversi, ci si ritrova immobilizzati e ipnotizzati nella trama di un thriller che stravolge molti schemi e cliché e che approfondisce l’aspetto psicologico e il normale ripercuotersi nella vita dei personaggi.
Molti anni fa mi dissero che tutti i capolavori di Hitchcock rappresentavano una tematica particolare, anche se non da subito comprensibile allo spettatore, ebbene, se dovessi pensare a “Flower of Evil” credo che la tematica principale sarebbe la famiglia.
Baek Hee-sung (Lee Joon-gi, “Moon Lovers: Scarlet Heart Ryeo”) e Cha Ji-won (Moon Chae-won,“Good Doctor”) sono sposati da qualche anno e hanno una bellissima bambina, Baek Eun-ha (la piccola e bravissima Jung Seo-yeon). La loro vita sembra quella di una famiglia tranquilla, normale, Hee-sung è un artigiano del metallo che ha il suo laboratorio al piano terra della casa, mentre Ji-won è una detective della polizia. I due sembrano affiatati, Hee-sung sembra un marito ideale, comprende le esigenze e gli impegni lavorativi della moglie, è un padre amorevole con la figlia ed è sempre disponibile con tutti, ma in realtà c’è qualcosa che stride fin da subito, fin dalla festa di compleanno del ragazzo a casa dei genitori con tutta la sua famiglia. I genitori sono freddi, distaccati e sembra che ogni loro movimento o espressione siano una forzatura, non sembrano accettare la presenza della famiglia del figlio. La stessa Ji-won si sente sempre un po’ a disagio perché non sa come comportarsi in presenza dei suoceri.
In realtà Baek Hee-sung ha un rapporto molto aspro con i genitori e, quando non è in presenza della moglie e della figlia, appare un ragazzo freddo, dall’atteggiamento cupo che prova le proprie espressioni facciali davanti ad uno specchio per esercitarsi nel rapportarsi con il mondo esterno perché privo di emozioni e qui da subito lo spettatore capisce che Hee-sung nasconde un segreto, un orribile segreto legato al proprio passato.
Baek Hee-sung in realtà risponde al nome di Do Hyun-soo ed è figlio di Do Min -seok, un serial killer suicidatosi molti anni prima per non farsi catturare dalla polizia. Ai tempi il giovane Hee-sung viveva con il padre e la sorella maggiore Hae-soo in un villaggio e veniva preso pesantemente di mira dagli abitanti del paese perché lo vedevano chiuso e distaccato e, credendo che potesse aver ereditato lo stesso gene omicida del padre, lo avevano spesso sottoposto a torture ed esorcismi.
A seguito del misterioso omicidio del capovillaggio, i due fratelli erano fuggiti dal paese per evitare eventuali ripercussioni e, per non essere rintracciati, si erano separati.
Dopo diversi anni Do Hyun-soo, ormai Baek Hee-sung, nasconde il suo segreto nell’angolo più oscuro della propria anima, cercando di fingere di essere una persona diversa e, anche se anaffettivo, si impegna ad essere diverso, un buon marito, un padre affettuoso e un bravo cittadino, ma tra le ombre di una casa o dietro un albero riesce a scorgere il fantasma del suo passato che ha il volto sfocato del padre e si materializza nella paura e nel timore di camminare su un filo sottile tra umanità e follia, tra due facce di realtà che potrebbero appartenergli perché nessuno conosce fino in fondo se stesso. Hee-sung è un uomo che soffre la carenza di un equilibrio emotivo, della fatica di mostrare i sentimenti, della paura di non riuscire a provare emozioni, tutti segni del timore di essere un “mostro”.
La vita apparentemente pacata della famiglia viene presto sconvolta quando viene affidato a Ji-won il compito di indagare su una serie di sospetti e orrendi omicidi simili a quelli commessi anni prima dal serial killer Do Min -seok. Pian piano il segreto di Hee-sung viene alla luce grazie ad una congiunzione di eventi e la stessa Ji-won è costretta a dover sospettare del marito di cui fino ad allora non aveva mai dubitato.
Ji-won e Hee-sung diventano quasi due sconosciuti, lei cerca di scoprire il più possibile della vita passata del marito e non vorrebbe credere a quelle prove che sembrano riportare la responsabilità su di lui, nel frattempo, però, ripensa ai momenti passati insieme, al loro primo incontro, al loro matrimonio, a quei momenti quasi impercettibili in cui anche lei stessa ha forse avuto dubbi sull’affetto che il marito ha provato per lei.
L’abilità del regista è anche quella di scandagliare la narrazione con dei frammenti di flash-back della storia dei due protagonisti, momenti importanti tra di loro, l’incontro in un negozio all’angolo della strada, quasi come l’inizio di un film romantico, nascondersi dalla pioggia sotto una tettoia, un piccolo scorcio rubato di felicità durante la gravidanza di Ji-won, tutte immagini che ci fanno affezionare alla coppia e il merito di questo drama è anche quello di entrare nella vita dei due protagonisti empatizzando con lei e soffrendo con lui per i suoi traumi e il dolore per un passato che non ha potuto seppellire.
Suggestive e ricche di suspence le scene di inseguimento, i flash-back del passato oscuro del protagonista, quelle tenebre del male che si posano sulle vite delle persone e che continuano a tormentarle, una narrazione con un ingranaggio impeccabile dal punto di vista della sceneggiatura, della regia e delle eccezionali interpretazioni dei protagonisti.
Lee Joon-gi, che per questo ruolo ha vinto diversi premi, ci regala una delle sue migliori performance attoriali, si cala perfettamente nel personaggio, incanta lo spettatore, lo trascina nei turbamenti della sua anima, nello scoprire se stesso, le emozioni che non riesce a provare, nella possibilità di essere una persona diversa, nella tenerezza di un padre che non vuole perdere l’affetto della figlia e nel tentativo di non far decadere quella fiducia che non era mai vacillata prima d’ora in sua moglie.
Moon Chae-won mette in scena un personaggio di un’umanità e generosità meravigliose, una donna coraggiosa che rimane ferita, ma che più di ogni cosa è alla ricerca della verità, di scoprire realmente cosa possa essere accaduto e di trovare una spiegazione a dubbi, sospetti e in quello che è il suo compito più difficile, comprendere se l’uomo che ha sposato è davvero quello che appare oppure è solo vittima di una società indifferente e malvagia che condanna a prescindere da qualsiasi prova.
Ji-won, da sempre innamorata di Hee-sung, ha da subito cercato di parlare al cuore di quel ragazzo dall’atteggiamento distaccato, di sceglierlo per creare con lui una famiglia:
“Vorrei che potessimo scambiarci corpo per un giorno, così che tu possa sentire quanto ti amo”.
Hee-sung che ha trovato in Ji-won una possibilità di speranza che gli era stata negata fin da bambino.
Accanto alla crisi dei due protagonisti la serie affronta anche il dramma familiare dei genitori adottivi di Hee-sung e da qui, senza fare spoiler, ogni episodio presenta una parte della verità e dell’antefatto della storia.
Encomiabili anche le interpretazioni degli altri attori, dal giornalista Kim Moo Jin (Seo Hyun Woo, “The Lies Within”), alla sorella del protagonista Do Hae -soo (Jang Hee-jin, “Babel”) e per finire all’agghiacciante personaggio interpretato da Kim Ji-hoon.
“Flower of Evil” è un thriller emozionante in cui il gioco di identità caratterizza la trama, verità e segreti si intersecano tenendo con il fiato sospeso lo spettatore fino alla fine.
Grazia
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