“Jin Sun Mi: Verità, Bontà, Bellezza”.
(motto della Eunhwa Woman’s University)
La storia dei diritti delle donne in Corea è profondamente radicata nella creazione di diversi movimenti e di alcune associazioni femminili, che, già alla fine del XIX secolo e, in particolare, con la fine della dinastia Joseon, hanno tentato di rimuovere la matrice patriarcale e maschio-centrica della società coreana, improntata su una rigida divisione di classi e sulla cultura filosofica confuciana, preclusa alla conoscenza femminile.
Storicamente, la nascita dei movimenti femminili in Corea è da rintracciare nella fondazione intorno al 1890 del movimento Chanyang-hoe (찬양회), che può essere tradotto come “Società di Promozione” o, in modo ancora più completo, “Associazione di Lode e Incoraggiamento”. Si trattava di un’associazione nazionale fondata principalmente da nobili donne rimaste vedove, con lo scopo di cancellare la tradizionale segregazione di genere che toccava alle donne – e, in special modo, alle vedove, costrette a vivere da recluse dopo la morte del marito (quella pratica narrata nel k-drama “Knight Flower” e di cui abbiamo parlato anche qui).
Tutte le donne del primo movimento femminile coreano provenivano dalla classe degli yangban (i nobili), erano sui trenta/quaranta anni e abitavano nella zona di Bukchon, a metà strada tra i palazzi di Gyeongbkgung e Changdeokgung e, quindi, nel centro nevralgico del quartiere politico e amministrativo di Joseon. La presidente dell’associazione, Yangseongdang Yi-ssi, era un membro influente della corte reale, mentre la vicepresidente, Yanghyeondang Kim-ssi, era una ricca benefattrice di famiglia nobile. L’associazione contò presto più di 400 iscritti, includendo non solo donne, ma anche uomini e persino stranieri, lavorando su progetti di riforma normativa insieme a famosi studiosi di legge confuciani dell’epoca (come Namgung Eok, Bak Eun-sik, Jang Ji-yeon, Yi Jong-il, Jang Hyo-geun, Jeong Gyo e Yu Yeong-seok).
La loro richiesta di rimuovere una tradizione che era diventata norma e che discriminava e limitava la vita delle donne e di abolizione della pratica del concubinaggio, considerato immorale, si intersecò presto con la richiesta di instaurare un sistema di educazione e di istruzione indirizzato alle bambine e alle ragazze, ma anche con l’aspirazione ad eliminare quelle differenze di genere che non permettevano alle donne di ottenere l’eguaglianza di fronte alle legge. Per questo motivo, il movimento Chanyang-hoe si ispirava agli omologhi movimenti femminili occidentali, con particolare riferimento a quelli americani (i più “vicini” come modello di studio e anche quelli che iniziarono ad essere conosciuti prima dalle donne coreane) e a quelli inglesi, ed era spesso suffragato dalle opere di missionari e di associazioni cristiana.
L’obiettivo di creare un sistema scolastico ed educativo indirizzato alle donne di ogni età e di qualsiasi istruzione ed equiparato, al tempo stesso, ai livelli di istruzione maschile fu presto incentivato e tutelato da una serie di leggi, anche perché fortemente approvato dall’Imperatore Gojong, che aveva preso a cuore la causa del movimento Chanyang-hoe, andando a costituire una solida rete di scuole femminili diffuse su tutto il territorio. La prima istituzione universitaria nata sul territorio coreano fu proprio la Enhwa Women’s University, fondata a Seoul nel 1886 grazie al contributo della missionaria metodista americana Mary F. Scranton, ancora oggi la più grande e più importante università femminile della Corea del Sud. Col tempo, fu fondata anche la Sunseong Girls’ School, la prima scuola superiore femminile gestita direttamente dalla Chanyang-how.
Nonostante diversi problemi economici, la difficoltà di reperire le risorse finanziarie e anche un certo classismo insito nell’associazione, a cui aderivano principalmente nobili o, comunque, persone altolocate, il movimento Chanyang-hoe ha dato un forte impulso per la nascita di diverse associazioni femminili, tra cui il movimento Yo-u-hoe (유회), traducibile come “Associazione delle Amiche Donne”, che ha continuato a lottare per l’abolizione di antiche pratiche e usanze discriminatorie nei confronti delle donne.
La conquista dei diritti delle donne, però, si interseca anche con il movimento per l’indipendenza e la liberazione dall’occupazione giapponese e con la lotta per la democrazia, che ha pervaso la storia coreana (in particolare, della Corea del Sud) dai primi del ‘900 fino alla transizione democratica del 1987-1988, tanto che diversi studiosi hanno denominato alcuni movimenti femministi che hanno contribuito al ritorno del parametro democratico come “femocrats”, dalla crasi delle parole “feminism” e “democracy”.
La perdita della sovranità e l’occupazione giapponese, a partire dal 1910, infatti, ha sicuramente ridotto le aspirazioni associazionistiche di diversi movimenti e ha frenato la loro richiesta di eguaglianza e di diritti. Al tempo stesso, però, ha anche dato un impulso nuovo e più determinato alla lotta delle donne, che furono le prime a ribellarsi al dominio giapponese e, quindi, ad entrare nella resistenza sotterranea coreana, spesso affiliate a gruppi di ispirazione socialista e/o a gruppi di matrice cristiana (così, ad esempio, la protagonista di “Song of the Bandits“, indipendentista e sabotatrice in incognita, affiliata ad un gruppo sotterraneo cristiano-socialista). Dalla seconda parte degli anni ’20, nacquero le associazioni femminili per la resistenza Geunwoohoe (근우회), di ispirazione cristiana, che si basava sulla figura di Yoo Gwan-sun, di Kim Maria e di Choi Eun-hee, ma anche la Yosong Aeguk Tongji-hoe (여성 애국 동지회) e la Taehan Aeguk Buin-hoe (대한애국 부인회), più politicizzate e patriottiche (e ci piace pensare che la protagonista di “Gyeongseong Creature” possa essere affiliata ad una di queste).
Una delle figure di spicco tra le patriote e attiviste per i diritti delle donne dell’epoca fu Na Hye-seok, la prima pittrice professionista coreana, anche poetessa, scrittrice, attivista e intellettuale, al centro di un divorzio molto contestato in cui ha reclamato per la donna il diritto e la libertà di amare, che la società tradizionale e patriarcale le negava, costringendola ad un ruolo di madre, moglie e figlia in cui era impossibile dissentire. La sua opera maggiore, Kyeong-heui (경희), pubblicata nel 1918, denuncia la mentalità patriarcale della cultura coreana ed è ritenuta la prima opera femminista coreana.
Con la fine della seconda guerra mondiale e l’indipendenza della Corea e, poi, successivamente, con lo scoppio della guerra di Corea e la divisione del paese in due parti, anche i movimenti femministi e le associazioni femminili hanno avuto uno stravolgimento, dividendosi e mutando a seconda del paese e a seconda dei continui cambiamenti nel tempo e assumendo caratteristiche proprie sia in Corea del Sud, che in Corea del Nord. Ma questa è un’altra storia.
Laura
