Ogni primo marzo, in Corea si commemora una giornata storica, che celebra l’indipendenza e la libertà e che è dedicata a quelle giovani e a quei giovani e a tutti i coreani di ogni età, che, durante il lungo periodo di invasione e occupazione giapponese, si sono ribellati e hanno lottato per recuperare la propria indipendenza e cercare di costituire una nazione libera, dove poter parlare la propria lingua e preservare la propria cultura. La commemorazione storica deriva dalla data del primo marzo 1919, quando si svolse la marcia del Movimento del Primo Marzo (di cui abbiamo già parlato qui), ma i suoi effetti hanno perdurato per tutto il tempo dell’occupazione giapponese, fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, non solo attraverso l’azione di innumerevoli persone, ma anche attraverso la voce dei canti di libertà di poeti e scrittori.
E, tra questi, forse colui che ha incarnato meglio la voce della libertà è stato il poeta Yun Dong-ju, nato solo due anni prima del Movimento del Primo Marzo, nel 1919, nel villaggio di Ming-dong, nella provincia di Jiandao, in Manciuria, da una famiglia fortemente religiosa (il nonno era decano di una chiesa cattolica) e legata alla cultura e all’istruzione (già suo padre insegnava a scuola). Rimasto orfano di madre da giovane, viene affidato alle cure di uno zio, ma, trasferitosi in territorio coreano – e, quindi, in zona soggetta all’occupazione giapponese – non abbandona mai gli studi, che, anzi, gli danno grandi soddisfazioni.
L’occupazione di fa sentire in modo gravoso anche nella vita culturale e scolastica di Yun Dong-ju, costringendolo, nel 1936, ad abbandonare la scuola che frequentava, chiusa dalle autorità giapponesi per essersi rifiutata l’adorazione shintoista e la sottomissione all’impero, e a proseguire gli studi di solo, fino a quando non accede alla Yeonhui University (oggi Yonsei University) nel 1938. Ed è lì che incontra per la prima volta la storia, la cultura e la lingua coreane e che comprende l’angoscia di un popolo sottomesso e privato della libertà, a cui decide di dare voce attraverso la poesia.
Prologo
Cielo, vento, stelle e poesia
Lasciate che guardi in alto il cielo fino al giorno in cui morirò
Senza neppure un filo di vergogna
Anche per il vento che smuove le foglie
Ho sofferto
Cantando le stelle
Dovrò amare ogni essere destinato a perire
E la strada che mi è stata assegnata
Dovrò percorrere
Anche stanotte le stelle sfiorano il vento.
Yun Dong-ju scrive poesie con alacrità e costanza, ricorrendo ad immagini malinconiche e ad una musicalità interna unica, che riesce ad incarnare quella nostalgia per il tempo perduto e forse mai vissuto, per quella tristezza dell’esule senza patria, di un animo sofferente che attende la morte, eppure conosce la speranza della vita e del futuro e ad essa si vuole aggrappare.
Una poesia scritta facilmente
La pioggia di notte sussurra fuori dalla finestra,
il pavimento della mia stanza, in terra straniera
è coperto dal tatami,
essere un poeta degno è un dovere solenne
lasciatemi provare a scrivere dei versi.
L’odore del sudore e dell’affetto dei miei genitori,
impregna la busta contenente i soldi per le tasse.
Con un taccuino sotto il braccio,
vado alla lezione di un professore anziano,
penso ai miei vecchi amici d’infanzia,
uno a uno, sono tutti spariti.
Cosa posso sperare per me che sto sprofondando da solo?
Dicono che la vita sia dura,
eppure scrivere questa poesia è stato tanto semplice
che me ne vergogno.
Il pavimento della mia stanza in terra straniera
è coperto dal tatami,
la pioggia di notte sussurra fuori dalla finestra.
Accendo la lampadina
per scacciare le tenebre
e aspetto l’alba di un nuovo giorno, una nuova epoca.
Offro a me stesso una piccola mano
la prima stretta di mano tra le lacrime e la consolazione.
Nonostante le sue poesia vengano censurate e le sue pubblicazioni vengano soppresse dalle autorità giapponesi, mentre i suoi amici letterati e intellettuali iniziano ad essere incarcerati, Yun Dong-ju non demorde e continua a scrivere poesie, perché il poeta ha la missione di eternare, di rendere presente ogni cosa, annullando il tempo e creando immagini di memoria, che possano rendere il tormento dell’animo.
La notte del mio ritorno
Come se mi isolassi dal mondo,
ora sono qui in questa minuscola stanza e spengo la luce.
Lasciare la luce accesa è stancante come lo è il prolungarsi del giorno…
Dovei aprire la finestra per far cambiare l’aria,
guardo fuori ed è buio come in questa stanza.
Anche il mondo è buio e la strada che ho percorso sotto la pioggia
è ancora bagnata.
Incapace di scrollarmi di dosso la rabbia del giorno,
chiudo piano gli occhi e nel mio cuore sento dei rumori,
che prendono forma come una rossa mela matura.
Il 2 aprile 1942, arriva in Giappone per studiare all’Università Rikkyo di Tokyo, dove per iscriversi ha dovuto rinunciare al suo nome coreano e acquisirne uno giapponese, macchia che sentirà come un errore nella sua vita. Scrive “Una poesia scritta facilmente” nell’estate, quando torna a casa per le vacanze, con l’intenzione di lasciarla in poche copie ad alcuni amici, mentre in autunno si trasferisce all’Università Doshisha di Kyoto. L’anno successivo, nel 1943, viene arrestato il suo amico letterato Song Myung-gyu per aver manifestato contro il regime e, poi, i cugini, Yun Yeong-seong e Kim Jeong-u: è solo questione di giorni, perché il 14 luglio dello stesso anno, Yun Dong-ju viene fermato e portato alla stazione di polizia per offesa all’ordine pubblico. Mentre viene sottoposto a duri interrogatori, tutti i suoi libri, i diari e le lettere vengono confiscati e le poesia passate ad esame e a censura (diverse poesie di Yun Dong-ju, non ancora pubblicate all’epoca, sono andate perdute così). Il 6 dicembre dello stesso anno inizia il processo contro di lui e l’amico Song Myung-gyu, che si conclude il 31 marzo 1944 con una condanna a due anni di reclusione presso il terribile penitenziario di Fukuoka, da cui era difficile uscire vivi. Si ha notizia della sua morte il 18 febbraio 1945, sei mesi prima della sconfitta del Giappone in guerra e dell’indipendenza coreana. “Confessioni” è l’ultima poesia pubblicata.
Confessioni
Nello specchio di rame chiazzato di ruggine
resta impresso il mio volto coperto di vergogna
traccia di quale dinastia?
Ridurrò la mia confessione a una sola frase
– In ventiquattro anni e un mese quale felicità ho desiderato?
Domani o dopodomani o in un giorno felice
devo scrivere un’altra frase della confessione
– perché nei giorni della mia giovinezza
ho fatto una confessione così umiliante?
Notte dopo notte
con il palmo della mano, con la pianta dei piedi
Nello specchio
vedo un uomo triste
che cammina solo sotto un meteorite.
Yun Dong-ju è anche uno dei personaggi principali del romanzo “La guardia, il poeta e l’investigatore” di Lee Jung-myung (di cui abbiamo parlato qui). A lui, inoltre, è stato dedicato il film drammatico “Dong-ju: The Portrait of a Poet” del 2016, in cui il poeta Yun Dong-ju è stato interpretato da Kang Ha-neul (“Squid Game 2” e “When the Camellia Blooms“), mentre Song Myung-gyu è interpretato da Park Jung-min (“The 8 Show” e “Newtopia“). Di seguito un piccolo frammento della pellicola.
Laura
