“Quello che ho visto oggi era al di là delle stelle”.
Rumore di passi sulle assi di legno del palco, attutito a tratti da quella moquette che non riesce a nascondere le difformità del parquet. Luci che si spengono e si accendono, ombreggiando solo le prime file e lasciando un cono di luminosità su quelle figure centrali che emergono dal buio e dal silenzio. Odore di abiti nuovi, di abiti chiusi nelle teche del magazzino, di cera e di cipria, con le loro polveri volatilizzate nell’aria, di qualcosa di antico, eppure anche così nuovo e inaspettato, che lascia gli sguardi nella meraviglia.
Non mi sbilancio affatto con l’affermare che questo drama è uno dei migliori prodotti nell’anno 2024 e non solo per la finezza e la cura della ricostruzione storica, la sensibilità della sceneggiatura e la ricchezza delle interpretazioni di un cast quasi totalmente al femminile. “Jeong-nyeon – The Star is Born” è teatro che diventa televisione per avvicinarci al sipario, è cinema che si frammenta in atti e in capitoli per spezzare la storia del percorso artistico e personale dei personaggi, ma è soprattutto un grande romanzo di formazione che prende per mano lo spettatore e lo immette passo passo nel mondo del teatro Gukgeuk e del canto Pansori, ma anche nel piccolo mondo di Jeong-nyeon, protagonista testarda, ostinata, creativa e piena di vita, energia pura che trascende dal femminile e dal maschile, segno di emancipazione di una donna in un periodo storico conservatore, ma anche simbolo della sintesi più perfetta tra arte esteriore ed arte interiore, perché quello che Jeong-nyeon riesce a fare sul palco trasla dalle sue emozioni e dai suoi sentimenti, passa dalle sue risate e dalle sue lacrime, coglie la memoria dei suoi ricordi e li proietta nel futuro. Ed è per questo motivo che Jeong-nyeon è riflesso di tutti noi, che riusciamo a seguire le sue vicende con incanto e meraviglia, comprendendo le sue fasi di crescita e di formazione come giovane donna e come grande artista.
Lontano, nel sud della penisola coreana, su una spiaggia non trafficata, la giovane Yoon Jeong-nyeon (splendida Kim Tae-ri di “25 21” e “Mr. Sunshine” nei panni della protagonista) raccoglie le vongole e i frutti di mare lasciati sul bagnasciuga dal ritiro della marea, mentre intrattiene col canto le altre donne intente al lavoro. La sua voce è calda, piena e potente, così perfetta per quei canti tradizionali che la giovane sembra conoscere da sempre, con quella metrica che la sua memoria riprende da antichi ricordi di una vita non sua. Jeong-nyeon non sa di essere un vero genio della tradizione Pansori, ma sa solo che il suo canto attira l’attenzione, diverte e intrattiene e, qualche volta, salva pure dai guai, come quando intona una canzone al mercato per salvare la bancarella gestita con la sorella dalle razzie dei criminali locali, ai quali rifiuta di pagare una tangente alta. Jeong-nyeon non sa quale musicalità nasconde per davvero il suo canto, né quali corde del cuore la sua interpretazione improvvisata possa toccare, fino a quando non si imbatte in un principe in carne e ossa, che sa vestire quei panni eroici sia sul palco teatrale che nella vita di tutti i giorni.
Moon Ok-gyeong (Jung Eun-chae di “The King: Eternal Monarch” e “Pachinko” nella sua interpretazione più perfetta) è giunta ad un bivio nella sua vita. Lei è, a tutti gli effetti, il principe di Maeran, la compagnia di Gukgeuk più famosa a Seoul, e, come tale, deve condurre la propria esistenza. Il suo sguardo intenso e le sue interpretazioni vibranti fanno emozionare e innamorare donne di ogni età e si accompagnano ad un aspetto androgino, asciutto, privo di qualsiasi caratteristica di genere, ma così fermo e sicuro nella sua mascolinità filtrata da quella luce e quell’eleganza femminile, che la caratterizzano come un personaggio uscito fuori da un libro di fiabe. Eppure, Ok-gyeong è profondamente infelice, assalita dal tedio della vita che conduce, asfissiata da quella maschera ingombrante che non le permette di cambiare, ma soprattutto oramai non in grado di sapere davvero chi è, tanto da essere giunta quasi alla conclusione di abbandonare la compagnia, fino a quando non sente la voce di Jeong-nyeon in quel mercato sconosciuto di Mokpo e riconosce se stessa e la passione che l’ha condotta al percorso artistico. Ed è così che invita la giovane a seguire uno spettacolo di Gukgeuk, per, poi, proporle di intraprendere la sua strada e di presentarsi ad un provino per tirocinanti presso la compagnia teatrale Maeran. Perché Ok-gyeong è la prima a vedere in Jeong-nyeon qualcosa di raro e introvabile e a capire che impronta possa avere nel suo teatro.
“Tu sei nata con il cheonguseong. Hai una voce pura e vibrante che contiene il aewonseong, ma è anche profonda e in grado di entrare nel cuore. Ed è per questo motivo che è chiamata cheonguseong, perché la tua voce è un dono del cielo. In altre parole, tu sei nata per cantare pansori”.
Jeong-nyeon approda a Maeran con la meraviglia negli occhi, il sorriso di Ok-gyeong che la incoraggia e la curiosità di conoscere il mondo, come una bambina davanti all’ignoto. Ed è così che si imbatte in Kang Seo-bok (interpretata da una straordinaria Ra Mi-ran di “The Good Bad Mother“), la direttrice della compagnia teatrale, che ha devoluto la sua vita all’arte e non cede un millimetro sull’importanza che pansori e gukgeuk possono avere nella sua vita (e in quella delle sue discenti) e in due compagne di studio, che diventano due figure importanti per la sua crescita personale: la competitiva e rivale Heo Yeong-seo (interpretata da Shin Ye-eun di “The Glory” e “Mew – Il Ragazzo Segreto“), destinata a recitare e cantare da protagonista, afflitta da un conflitto interiore tra il suo orgoglio e la sua elevata autostima e la disistima che ne provano i familiari, certa di eliminare Jeong-nyeon e, al tempo stesso, la sua più grande sostenitrice, perché l’altra faccia di se stessa; la dolce ed empatica Hong Joo-ran (interpretata da Woo Da-vi), che le mostra per prima amicizia, grata di aver ricevuto da Jeong-nyeon quell’energia per sognare e brillare, solo falsamente fragile, in grado di andare oltre l’apparenza e di studiare i personaggi, ma anche di sentire le storie sulla sua pelle, tanto da non separare la realtà dalla finzione nel momento in cui entrano in gioco i suoi sentimenti.
“Per me, tu sei stata il mio sogno, il mio atteso, solo ed unico principe. Ora sono tornata dove ero all’inizio, ma non potrei mai ritornare indietro al momento in cui ti ho incontrata”.
Tuttavia, la strada del canto pansori e del teatro Gukgeuk non è così facile da intraprendere, né così immediata, nemmeno per una persona nata con il talento di Jeong-nyeon, e diversi ostacoli si presentano nel tempo lungo il suo percorso e la sua maturazione artistica, anche (o, forse, sarebbe meglio affermare soprattutto) quando supera il provino ed entra nella compagnia Maeran, prima come quasi tirocinante in prova e, infine, come tirocinante vera e propria: l’opposizione della madre (interpretata da Moon So-ri di “Little Forest” e “Queenmaker“, in grado di far versare tutte le lacrime di questo mondo già solo con un canto straziato davanti ad un’alba sul mare), ex cantante pansori, che ha perduto la voce ed è rimasta amareggiata e offesa dal suo stesso sogno, consideratasi come una sconfitta dalla vita; la non benevola accoglienza delle sue compagne di Gukgeuk, esercitatesi da una vita per intraprendere quel percorso artistico e con la percezione di essere defraudate da una sconosciuta (anche se, con il tempo, le cose cambieranno molto e Jeong-nyeon riuscirà ad ottenere il loro sostegno e la loro stima, compreso l’amicizia della terribile Park Cho-rok, interpretata da Seunghee delle Oh My Girl); l’inimicizia sottile e crudele dimostrata da subito dalla prima attrice della compagnia, Seo Hye-rang (interpretata da Kim Yoon-hye, vista anche in “Vincenzo“), nota come la principessa di Maeran e restia a qualsiasi cambiamento che possa influenzare sia la compagnia che la sua vita fittizia con Ok-gyeong; le regole ferree e le imposizioni che la disciplina di Maeran impone e a cui lo spirito libero di Jeong-nyeon mal si adatta (come il divieto di cantare per soldi fuori dalle mura della compagnia teatrale); le esercitazioni complesse per trovare il proprio personaggio, comprenderlo e farlo diventare parte di sé, ma anche per arginarlo, quando fuoriesce e sconfina dai propri limiti, invadendo gli spazi altrui; la percezione della fama, del clamore e degli applausi, che gratificano l’artista, ma rischiano di portare fuori dalla strada dell’arte, dove ognuno nella compagnia è importante, per accecare con un successo individuale; fino all’umiliazione e alla sventura più grande per qualsiasi artista di pansori, quello di perdere la propria voce.
“Riempi gli spazi vuoti della tua voce rotta. Cosa userai tu, Jeong-nyeon, per riempire quegli spazi vuoti?”
Crescere vuol dire riempire spazi vuoti e bui, colmare il suono di una felicità interrotta con piccoli momenti chiave che riescono a restituire la continuità della vita e che derivano da tutte le emozioni provate giorno per giorno, sia quelle positive e liete, che quelle tristi e intrise di pianto, perché ogni lacrima è carica di pensieri e ricordi e ogni lacrima si trasforma in un mattone fondamentale per poter andare avanti ed emergere, senza avere paura di mostrare se stessi.
Ed è quello che impara Jeong-nyeon ogni giorno, che il dolore può essere la chiave per comprendere se stessi e che aprire uno spiraglio di sé sul palco è necessario, perché la sua recitazione possa arrivare al cuore di ognuno e aprirne, lentamente, quelle serrature che tutti pongono per bloccare le proprie emozioni. Non solo piangere, ma anche urlare il proprio dolore e, quando la voce manca, sussurrarlo con tono roco, dichiararlo e porgerlo come un dono che vada direttamente a raggiungere l’anima di chi assiste. Non sono gli applausi e il successo ad essere importanti, ma è quanto il messaggio possa arrivare al cuore degli altri, è quella comunione silenziosa e netta che elimina il gradino del palcoscenico e fa sentire la platea come se fosse parte di quella scena, un comune sentire in cui chiunque possa gridare con i soli occhi “Anch’io“.
“Jeong-nyeon – The Star is Born” (in originale: 정년이) è tratto dal webtoon/manhwa omonimo, scritto da Seo Ireh e illustrato in dieci volumi da Namon per Naver nel 2019, un’opera di enorme successo tra critica e pubblico che ha dato vita anche a un musical teatrale e a diverse performance in programmi e talent show e che ha portato alla riscoperta del pansori e del teatro Gukgeuk (di cui abbiamo parlato in un articolo qui). La figura della protagonista, la vivace ed energica Jeong-nyeon, si è ispirata alla figura di Cho Young-sook, artista di Gukgeuk di prima generazione, vera leggenda vivente teatrale, che ha iniziato la sua carriera nel 1951 proprio interpretando il ruolo di “Soldato 1” (come la protagonista di questo drama), ma ha raggiunto il successo con il ruolo del buffo servitore Bangja in “Chunhyangjeon” (ancora una volta, trovate il riferimento all’interno del drama con la performance della medesima opera e la protagonista nei panni del comico Bangja). La figura del principe di Maeran Moon Ok-gyeong (per cui servirebbe un approfondimento da sola, vista la complessità non solo del ruolo, ma anche delle antitesi che vive sulla sua pelle il personaggio) è molto probabilmente ispirata a Lee Ok-cheon, artista di Gukgeuk di seconda generazione e anche uno dei principi più amati in assoluto. Secondo un aneddoto narrato dalla stessa Ok-cheon, infatti, pare che un giorno sia stata rapita da una fan, mentre un’altra fan simulò con lei un matrimonio fittizio.
Non sappiamo quale aneddoto sia vero, perché quando si tratta di arte è giusto confondere per un momento quella linea di demarcazione tra finzione e realtà e varcare i confini del palco, salvo, poi, depositare sul palco le proprie emozioni e tornare indietro nel proprio con quel senso di ricchezza interiore che solo la bellezza artistica può dare.
“Il sentiero di un artista è molto lungo. Andrai incontro a numerose discese e salite nella tua vita. E, quando sopravviverai a tutto ciò, ti troverai alla vetta più alta pronta per guardare più oltre di chiunque altro”.
Laura
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