“La realtà è una semplice illusione, sebbene molto persistente“
(Albert Einstein)
Che cos’è la realtà? Esistono davvero momenti in cui realtà e finzione si confondono, o, meglio, in cui la realtà appare come una mera illusione, mentre l’illusione stessa diventa realtà? Sono domande su cui si sono spesso interrogati autori e artisti di ogni genere e che trovano sfogo in due vie, per così dire, sospese a metà tra illusione e realtà perché hanno in sé le caratteristiche dell’una e dell’altra. Si tratta della via dei sogni, dove la dimensione onirica prende il sopravvento e si sostituisce alla realtà fenomenica perché la prima esprime l’essere di contro all’esistere della seconda, e della via del teatro, dove il sipario stesso crea una voragine e una finzione, mette in scena commedie che potrebbero essere reali e incrementa l’identificazione dello spettatore con i personaggi (o, forse, per usare un artificio degno da Pirandello, di questi ultimi con gli spettatori/lettori).
Il metateatro (ovvero “il teatro nel teatro”) è un espediente teatrale con il quale la finzione scenica rimanda direttamente al mondo del teatro, offrendo l’azione di personaggi consapevoli della finzione che essi stessi stanno agendo e rompendo, così, la cosiddetta “quarta parete”, quel muro illusorio tra palco teatrale e realtà, creando un nuovo spazio teatrale, consapevole della sua illusorietà, ma anche molto più reale della realtà.
Abbiamo deciso di raccogliere qui due piccoli prodotti di nicchia, che sono dei veri e propri esperimenti, dove dimensione onirica ed espediente metateatrale si incrociano in uno spazio tutto nuovo, illusorio e reale al tempo stesso. Si tratta del drama giapponese “Seven Orifices” e del mediometraggio coreano “Memories“.

SEVEN ORIFICES
8 episodi (Giappone, 2024)
Cast: Hirahara Tetsu, Kokoro Morita, Tomoko Nakajima, Kanji Furutachi, Shota Sometani, Taishi Nakagawa, Shin’ichi Tsutsumi, Moka Kamishiraishi, Masataka Kubota
Diretto da: Takuya Kato
“Quando ci si trova davanti a un ostacolo, la linea più breve tra i due punti può essere una linea curva”.
(Bertold Brecht)
Improvvisamente, si materializzano nel cielo o in diverse zone della terra sette enormi voragini, che sembrano quasi esseri viventi, creature pulsanti e misteriose, che si presentano agli umani come orifizi incastrati nella natura e che sembrano essere una porta per altri mondi. Nessuno sa da dove vengano, né che cosa siano e tutte le spedizioni inviate al loro interno hanno fatto perdere le loro tracce, pur senza dare segnali di morte. Si inizia a diffondere la credenza che possa trattarsi di un cancello per una vita migliore, un posto di beatitudine dove si possa riposare e costruire un mondo alternativo. Prese da questa credenza, nel mese di dicembre, annunciato come il mese del festival di celebrazione per gli orifizi, otto persone di riuniscono in una casa sotto l’egida del cosiddetto Professore Ozawa, figura misteriosa a metà tra il filosofo onnisciente e il capo-setta, emersa come da un film di Takeshi Kitano, che sembra sapere tutto di ogni cosa, ma non si sbilancia mai in alcuna convinzione, permeando tutto con la sua aura di autorevolezza. Gli otto volontari si decidono ad organizzare la loro partenza verso quei buchi, secondo date prestabilite nello stesso mese di dicembre, ma, prima, scelgono di narrare le proprie vite e la ragione per cui si sono offerti per questo esperimento.
Quella che, in un primo tempo, sembrava una storia sci-fi surreale e atipica (a metà tra la serie classica “Ai confini della realtà” e la più moderna e disturbante “Black Mirror“), narrata con una voce esterna non onnisciente, ma a tratti sarcastica e ironica, come un fumetto anni ’60, si sviluppa, poi, come un’opera ibrida tra fiction e teatro brechtiano. I fatti narrati da ogni personaggio, infatti, prendono vita in una rimessa spoglia e priva di scenografia, di trucchi scenici e di cambio di costumi, dove le case sono tratteggiate, le porte sono invisibili e i mobili sono sospesi (un po’ come nel film “Dogville” con Nicole Kidman) e dove i personaggi rimangono gli stessi, dall’infanzia alla maturità, in tutte le fasi della propria vita, interpretati dal volontario a cui è dedicato ogni singolo episodio e che svolge il doppio ruolo di interprete della propria storia e di voce narrante, staccandosi dal fondo teatrale per spiegare direttamente al suo pubblico.
“Ma, alla fine, tu non entrerai nei buchi, vero?“, è la domanda che pone al Professore Okamoto (Masakataka Kubota), incaricato di registrare le memorie e i racconti dei volontari e, pertanto, investito del compito di partire per ultimo. Domanda che viene accolta da una risposta di silenzio del Professore, ma un silenzio profondo che sa scavare nell’animo. Esiste davvero una salvezza e una redenzione in quei buchi o la vera salvezza è contenuta dentro noi stessi, in quella voragine della coscienza depositaria di memorie, ricordi ed emozioni che vi sono associati? Come sentire l’aroma del caffè sotto la neve e ricordarsi di un frammento di passato, una memoria sopita che riemerge per aiutare ad affrontare il futuro.
Non è un’opera semplice da vedere, ma è uno degli esperimenti televisivi più interessanti e particolari degli ultimi anni, dove le riflessioni e le interpretazioni di fondo sarebbero molteplici e forse anche infinite, visto che il mistero dei sette orifizi rimane intatto per tutti gli episodi, mai svelato da nessuno dei personaggi, ma dove il dubbio si insinua nelle menti umane come uno sviluppo del loro pensiero cartesiano e una risoluzione dei propri problemi. Filosofico e psicologico al tempo stesso, il drama è di fatto un teatro intellettuale che fonde l’assurdo di Harold Pinter, l’essenzialità di Bertold Brecht e la sontuosità del kabuki, senza dimenticare un’interfaccia con la cultura tradizionale dell’Estremo Oriente. Nella medicina tradizionale, infatti, gli orifizi del corpo umano sono sette (i due occhi, le due orecchie, le due narici del naso e la bocca).
Per menti curiose e fini, è una scoperta bellissima e diversa dal solito.

MEMORIES
Mediometraggio (Corea del Sud, 2019)
Cast: Kim Mu-yeol, Han So-hee, Oh Jung-se, Park Ji-young, Park Mi-soo, Shin sung-kyun
Diretto da: Kim Jong-kwan
“Nothing happens unless first a dream“.
(Carl Sandburg)
Un chip di memoria pieno di sogni, un viaggio verso un sogno indimenticabile. Una speciale capacità di ricordare i sogni in modo chiaro.
L’illustratore Hyun Oh (Kim Mu- yeol, “La giudice”, “Sweet Home, 2,3”, “Eungyo”) ha un dono, quello di ricordare perfettamente i sogni in ogni particolare e di non dimenticarli. Viene, quindi, contattato da due ricercatori per un esperimento di studio sui sogni. Qui riconosce una donna, un’attrice teatrale (Ahn So-hee) che ha già incontrato nei suoi sogni, ma la realtà e la dimensione onirica si intrecciano, così come i ricordi.
“Non è facile rendersi conto che è un sogno quando ci sei dentro”.
All’interno di questa realtà o finzione Hyun Oh e l’attrice incrociano i loro pensieri, ma c’è anche un pubblico che li sta osservando, anche se nessuno parla con loro. Il pubblico saranno altre persone nella loro stessa condizione?
Non è facile ricordare i sogni e neppure completarli, ma se i nostri sogni fossero solo polvere di ricordi di sogni di altri? E se vi fossero altri modi di scambiare informazioni o nozioni attraverso il metodo sperimentativo del sogno?
Scopo dello studio è un chip di memoria pieno di dati ricavati dai sogni, per codificare le immagini, le esperienze e i ricordi attraverso le onde cerebrali che possano essere raccolti ed essere di aiuto per trattare amnesie, traumi e comprendere ogni linguaggio.
Le immagini nel sogno sono convertite in codice, ma decodificare i dati dei sogni non è semplice e implica molto lavoro e inoltre i dati salvati possono essere rievocati nel sogno di un’altra persona. Pian piano si arriverà anche a condividere sogni di cani e gatti e così facendo si riuscirà a comprendere il linguaggio degli animali.
“Memories” è un mediometraggio sudcoreano del 2019 dalla tematica affascinante e coinvolgente, moderna e attualissima, con degli interpreti perfetti. Piacerà sicuramente a chi è appassionato di psicanalisi, significato e lettura dei sogni.
Piccola chicca, il cameo di Oh Jung Se.
Laura (“Seven Orifices”) & Grazia (“Memories”)
