Dice un proverbio giapponese: se avrai la pazienza di piegare mille gru di carta, il tuo desiderio si avvererà.
Anche quest’anno, in vicinanza dell’anniversario del ricordo dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, ho voluto leggere un libro attinente alla tematica e la mia scelta è ricaduta su un romanzo scritto da un’autrice non giapponese, ma che si è documentata in maniera impeccabile dal punto di vista storico e culturale e, come scrive nei suoi ringraziamenti finali, si è confrontata costantemente con ricercatori e storici che le hanno fornito informazioni, materiale, documenti e mappe da consultare.
La tematica principale non è solamente il ricordo doloroso di un avvenimento devastante senza precedenti, ma il cuore di un sopravvissuto che ha faticato una vita per perdonarsi.
Il romanzo ha una struttura narrativa molto particolare che lo caratterizza, le vicende ambientate nel 2018 sono scritte in versi, mentre quelle ambientate nel 1945 sono scritte in prosa, ma sono accompagnate dalle illustrazioni emozionanti di Natsko Seki che punta molto sul bianco e nero, quasi a riflettere solo le ombre di persone e oggetti impressi in una pellicola. All’interno del romanzo, in alcune pagine, in riquadri o cerchi, vengono raccolti alcuni versi poetici o citazioni e frasi. Il passaggio da presente a passato, da prosa a poesia donano un effetto emotivo coinvolgente per il lettore che si addentra nella storia e la vive fino a perdersi nei sentimenti dei protagonisti.
La storia inizia nel 2018 quando Mizuki raccoglie la testimonianza del nonno Ichiro e rapidamente ci troviamo trasportati in una calda giornata estiva del 1945 a Hiroshima dove due ragazzi, Ichiro e Hiro, stanno trascorrendo una giornata libera senza fare niente, perdendosi nei loro pensieri e nei sogni di due quasi diciottenni.
Improvvisamente, poi una luce abbagliante li avvolge e il fragore e il calore li trasporta come in un’altra dimensione, un incubo senza fine, i loro vestiti si polverizzano sulla loro pelle, la pelle è ustionata e piena di piaghe, la bocca è arsa e faticano a parlare.
Dopo un primo momento di smarrimento, i due ragazzi cercano di uscire e di andare alla ricerca delle loro mamme, che si erano recate a lavoro di mattina presto, e della sorellina di cinque anni di Hiro, Keiko che, al momento dello scoppio, si trovava all’asilo.
Dopo alcune ore di ricerca i due ragazzi ritrovano in un parco la bambina che è rimasta ferita e cercano di portarla in salvo, ma i loro corpi sono sfiniti, esanimi, ustionati e non tutto andrà come avrebbero voluto.
Cos’è il rimorso? Cos’è il senso di colpa anche quando un evento ancora più grande di noi ci travolge?
“La colpa del sopravvissuto pesa sul mio corpo”.
Questa è una delle frasi più incisive del romanzo, è quel senso di impotenza che Ichiro avrà nel suo cuore per tutta la vita, è quel perdono che non riuscirà mai a dare a se stesso.
I volti delle persone, le voci lontane, come luci che brillano ad intermittenza, straziano il cuore di coloro che restano testimoni inermi di una tragedia che ha spezzato vite e che ha stravolto gli animi dei sopravvissuti.
“Le domande senza risposta
continuano ad assillarci.
Senza tregua, e senza scampo”.
“L’ultima gru di carta” è un romanzo che non può non scavare nel cuore e nella sensibilità del lettore, in un impatto emotivo misto di poesia e di realismo, ma che pone l’attenzione sul valore della memoria, quella che dovrebbe aiutare a sensibilizzare l’essere umano e a non farlo ricadere negli errori del passato.
Grazia
