“A dispetto di tutti quei giorni miserabili, hai sempre bisogno di trovare un modo per salvare te stessa”.
Premessa necessaria: quando ho iniziato a vedere questo k-drama, mi aspettavo la classica storia di un sageuk, poetica, soave, con una cornice storica verosimile, costumi bellissimi, due amanti divisi che cercano di ritrovarsi, intrighi a palazzo e un re fittizio che comanda su tutto e su tutti. Insomma, nulla di più e nulla di meno alle trame che un fruitore di k-drama in costume non sia già stato abituato a vedere, tant’è che mi chiedevo il motivo dell’exploit di questa serie in patria, con share altissimi, consensi unanimi di pubblico e critica, pioggia di premi (compreso il Baeksang come migliore attrice protagonista di un drama televisivo). Il mio dubbio è durato solo pochi minuti durante la visione o, forse, anche pochi secondi, visto che, appena sono iniziate le prime immagini, con quell’ombra mascherata che corre sui tetti e la musica coinvolgente ed eroica, mi sono trovata immediatamente catapultata in epoca Joseon, pronta a tifare per un’eroina di cui non sapevo di aver bisogno, ma che ho amato dal primo all’ultimo minuto di questo drama, come ero solita amare alcuni personaggi di fumetti e di cartoni animati da piccola. Perché l’eroina mascherata di “Knight Flower – Il fiore del cavaliere” (밤에 피는 꽃) ha la forza e la determinazione di Lady Oscar, la compassione e la moderazione della Stella della Senna e l’ironia sferzante di Zorro. Insomma, è un cocktail esplosivo che non è possibile maneggiare con cura, perché prende in mano le redini del programma e riesce a trasportare lo spettatore in mezzo a quegli intrighi di palazzo e a quelle storie di amanti separati dei sageuk, ma con una marcia in più, femminista e non solo, che permette di stare sempre dalla parte della giustizia, con eleganza, sobrietà e un pizzico di umorismo, senza mai perdere di vista l’importanza di essere se stessi.
Jo Yeo-hwa (interpretata da una meravigliosa Lee Hanee, anche nota come Honey Lee) è vedova del primogenito di una nobile famiglia Joseon da oltre 15 anni o, meglio, la sua stessa vita coniugale è iniziata come una vedova, visto che la funzione del matrimonio si è svolta in assenza di entrambi i coniugi e che si è recata alla casa del marito, quando questi era già scomparso e senza averlo mai incontrato prima. Non avendo altri parenti viventi e in attesa che il fratello maggiore, che gli ha lasciato in eredità un’antica spada, torni da una missione pericolosa che ne ha fatto perdere le tracce, Yeo-hwa ha sempre vissuto in solitudine estrema la sua vedovanza presso la casa dei genitori del marito: vestita di bianco, come una perfetta vedova Joseon, e costretta a seguire le regole dell’etica confuciana per le buone mogli, come imposto dalla suocera (interpretata da Kim Mi-kyung di “Benvenuti a Samdal-ri“, “Death’s Game” e “Healer“), trascorre la sue giornate confinata in casa, tra la sua piccola cameretta e il memoriale dedicato al marito mai conosciuto, studiando, dipingendo figure tradizionali, digiunando, pregando e invocando lamentele per commemorare il marito morto. Unico conforto e unica amicizia sembrano provenire dalla sua giovane serva, Yeo Sun (interpretata da Park Se-hyun, che ci era rimasta nel cuore già in “Youth of May“), una ragazza intelligente e svelta, che, insieme alla capo della gilda dei mercanti, Jang So-woon (interpretata da Yoon Sa-bong, vista anche in “Finding Mr. Destiny“), è anche una delle poche depositarie di un segreto che Yeo-hwa nasconde da tempo.
“Concedetele la possibilità di uscire a prendere un po’ d’aria“, esorta, di tanto in tanto, il suocero (interpretato da Kim Sang-joong) per convincere sua moglie a portare con sé in piccole commissioni la silenziosa vedova, che sembra così perfetta e autentica nel suo lutto da meritare il portale della castità da parte della regina.
Quello che i suoceri ignorano è che, di notte, Yeo-hwa abbandona il suo hanbok bianco e il suo mantello per vestire calzoni e casacca nera, coprirsi il volto con una maschera, impugnare la sua spada preferita e andare a sconfiggere le ingiustizie. Perché la timida e remissiva Yeo-hwa di notte diventa l’eroe mascherato che salta sui tetti, protegge i deboli e perseguita la gente di malaffare della capitale, tra cui il suo eterno nemico Kang Pil-jik (interpretato da Jo Jae-hyun di “Alchemy of Souls” e “Wok of Love“), che con la sua gang è implicato in ogni sorta di affare losco, gioco d’azzardo, furti, traffico di minori, corruzione, ricatti e forse qualcosa di ancora più grande che la stessa Yeo-hwa ignora.
La seconda vita eroica di Yeo-hwa, però, va ad intersecarsi con l’onestà e la volontà di perseguire il crimine secondo la legge del giovane capitano della polizia della capitale Park Soo-ho (interpretato da Lee Jong-won di “Ghostderella“), fratello minore del consigliere reale Park Yoon-hak (interpretato da Lee Ki-woo di “My Liberation Notes” e “Just Between Lovers“), uno che non solo sa essere integerrimo e incorruttibile, ma che vanta determinazione e competenza nelle indagini e bravura nella spada e in tutte le arti marziali, tanto da essere considerato la migliore lama di Joseon.
“Mi sa che hanno esagerato. Diciamo che, al limite, sei la seconda lama di Joseon. Naturalmente, spero che a mani nude combatti meglio di quello che fai con la spada“, lo schernisce Yeo-hwa mascherata da eroe notturno, dopo averlo più volte sopraffatto nel duello e averlo, poi, salvato dall’assalto degli uomini di Kang Pil-jik.
Ma le circostanze della vita sono strane e inaspettate e, mentre in città accadono misfatti efferati (che sembrano ricondurre ad alcune personalità importanti della nobiltà, tra cui la vedova del ministro delle finanze, interpretata da Seo Yi-sook di “Do Do Sol Sol La La Sol” e “Start Up“), compaiono strani personaggi che parlano idiomi stranieri (come il misterioso mercante Seok Jeong, interpretato in modo brillante da Oh Eun-shik di “Corso accelerato sull’amore“, che, senza spoiler, è il personaggio più inaspettato e forse anche più adorato dell’intero drama e meriterebbe uno spin off tutto suo) e le maglie del ricatto sembrano arrivare fin sotto la base del trono, Soo-ho capisce di essere solo nella ricerca dei colpevoli, legati in qualche modo al suo doloroso passato, e, con il fratello, comprende che l’unico vero alleato forse potrebbe rivelarsi proprio quell’eroe mascherato, che riesce ad entrare pure nelle prigioni reali e a mettere a soqquadro con leggerezza interi eserciti.
Tuttavia, questo prezioso alleato, col tempo, si rivelerà una preziosa alleata, che riuscirà a mettere in dubbio e a scalfire tutte le certezze di Soo-ho, perché non esiste alcun amore pari a quello che si crea dalla complicità e dalla stima reciproca e che porta le persone a guardarsi negli occhi alla pari, in una perfetta e armonica eguaglianza.
Ed è forse questo uno dei valori che “Knight Flower” custodisce, al di là della trama accattivante, delle scene d’azione coreografate e quasi musicate in sincrono e della brillantezza dei dialoghi e delle recitazioni. Yeo-hwa dovrebbe essere una donna oppressa da una società tradizionale e patriarcale che l’ha relegata ad un ruolo di costante dolore e sottomissione, costretta da norme che non condivide e su cui non può proferire verbo e chiusa in un mutismo umile che non può rompere e con cui deve coprire la sua spontaneità. Eppure, Yeo-hwa è una donna libera, perché vive nella libertà del proprio spirito e del proprio pensiero, che nessuna imposizione ostile può sopprimere. Come diceva Ignazio Silone, si può vivere liberi anche in un paese di dittatura, perché nessuno può mortificare la genesi delle proprie convinzioni o la luminosità del proprio spirito. E, senza bisogno di inerpicarsi in discorsi retorici e approfondimenti pseudo femministi, il suo personaggio sa di essere eguale agli altri, anche se le istituzioni nazionali vogliono negarle quest’eguaglianza, e non si fa alcun problema a dimostrare il proprio valore, contrastando ciò che una società modellata da soli uomini ha stabilito.
Yeo-hwa è generosa, altruista, compassionevole, crede davvero che fare del bene al prossimo possa cambiare il mondo e che, se tutti agissimo in questo modo, riusciremmo ad eliminare le ingiustizie. Crede nell’amicizia, nel supporto reciproco, nella volontà di sostenersi, ma anche in se stessa, nella propria resilienza, che nulla e nessuno può sottomettere. Crede nel valore del silenzio, nella bellezza di percepire i raggi del sole sul proprio viso e nella brezza che porta il profumo dei fiori, nei dolci appena sfornati e nel dolce sapore della frutta offerta dalle mani di una bambina. Crede nell’importanza dei ricordi, delle proprie memorie, degli affetti familiare, nella mitezza d’animo e nella persistenza di essere vivi, nonostante tutto e tutti, perché, per parafrasare William Goldman, la vita non è né bella né brutta, ma è originale e lascia inaspettati varchi di luce lì nel mezzo, a metà tra le riflessioni in solitaria, i sogni ad occhi aperti e i sorrisi che scorrono spontanei, come un fiore seccato, racchiuso tra le pagine di un libro e che si presenta per ricordarci quei brevi momenti di sollievo durante una giornata di nubi.
“Di te, mi ricorderò“, afferma col sorriso Yeo-hwa, mentre chiude tra le pagine di un libro un fiore, quello che serberà nel cuore come la leggenda che alimenta i racconti delle persone, quella del fiore che sboccia di notte o, come amano chiamarlo i cantastorie, il fiore del cavaliere.
Laura
Come suona la recensione?

3 pensieri riguardo “Knight Flower – Il fiore del cavaliere (ovvero di un’eroina mascherata e di un’antica spada)”