Sono da sempre affezionata ai legal drama e, quando l’anno scorso mi sono imbattuta in “Ishiko e Haneo”, ne sono rimasta incantata per il modo differente di affrontare i casi legali narrati in dieci splendidi episodi e, anzi, a dire il vero, sarei andata avanti a guardarne altri dieci, senza stancarmi.
Ishida Shoko, detta Ishiko, (Arimura Kasumi, “Call me Chihiro”, “Meet me After School”) si è laureata alla facoltà di Legge all’Università di Tokyo con i migliori voti, ma ha tentato invano per quattro volte l’esame di abilitazione, bloccata da un forte trauma vissuto anni prima. La ragazza ha deciso, quindi, di lavorare nello studio del padre come assistente legale, in attesa prima o poi di affrontare nuovamente l’esame.
Haneoka Toshio, detto Haneo (Nakamura Tomoya), ha, invece, superato l’esame di abilitazione come avvocato anche grazie alla sua eccezionale memoria fotografica che gli ha permesso di interiorizzare interi volumi di legge. Haneo si definisce, quindi, un avvocato “non convenzionale”, ha un modo particolare e personale di vestirsi, è una persona stramba anche nel proprio modo di interagire con gli altri.
Un giorno, Haneo conosce in tribunale il padre di Ishiko che decide di assumere il ragazzo nel proprio studio, soprattutto da quando è andato avanti con l’età e con dei piccoli problemi di salute.
I due giovani iniziano a collaborare, lavorando nel piccolo studio legale di quartiere del padre di Ishiko e accettando casi stravaganti o particolari.
In tutti e dieci gli episodi troverete come incipit, un breve sketch teatrale che introduce l’argomento di cui si andrà a trattare all’interno. Questo è uno dei punti di forza di “Ishiko e Haneo” che lo rende differente e unico rispetto anche ad altri legal drama.
Altra particolarità da annotare è l’uso dell’ironia, elegante, ma sagace che riesce a donare quel tocco in più che viene percepito e apprezzato dallo spettatore. Nel finale di ogni episodio, poi, viene spiegata quale legge è stata applicata per il caso trattato.
Ogni episodio è un caso a sé, tranne per gli ultimi due, in cui la storia ha un filo comune che lega anche un altro personaggio, ex compagno di scuola di Ishiko, Oba Ao (Akaso Eiji, “Zombie 100”) che entra tra i protagonisti già nel primissimo episodio, quello della diffida di un uomo che carica il proprio cellulare in un bar. Oba Ao, in seguito, resta a lavorare come impiegato nello studio dei due ragazzi e del padre di Ishiko.
Altri episodi che mi hanno colpita maggiormente, da rammentare come casi particolari, sono: quello del bambino con la madre single che lotta per crescere al meglio il proprio figlio, quello dell’appartamento infestato e la responsabilità dell’agenzia immobiliare, il caso di plagio di diritti d’autore e il conseguente danneggiamento e l’episodio dedicato alla violenza sui minori con relativa accusa ad una società che chiude troppo spesso gli occhi nei confronti di questi argomenti gravi.
Il mio episodio preferito, però, è quello dell’albero i cui rami hanno sfondato il confine tra due villette, si tratta di un pruno infestato da bruchi. L’episodio è ambientato non a Tokyo, ma in una cittadina al di fuori, abitata per lo più da pensionati. Il pruno, invece, in Giappone è un albero protetto che non va danneggiato per nulla al mondo. I due protagonisti della denuncia sono due anziani, che provano stima l’uno per l’altra, ma qualcosa ha tenuto fermo uno di loro arrivando persino al richiamo legale. Questo episodio è uno dei più commoventi perché, lungo la narrazione, scopriremo le storie delle due persone coinvolte, della motivazione per cui hanno agito così, della malattia e dell’età che avanza. Nonostante tutto, però, quando il caso viene risolto, il finale è poetico ed è uno dei più belli mai visti che mi ha commossa, non appena ho sentito i rintocchi delle prime note della musica di “Casablanca” suonata a piano:
“Ai giovani si dice spesso di avere dei sogni per il futuro, ma gli anziani sono il futuro dei giovani”.
Non mancano momenti di commozione dove emotività ed empatia crescono insieme ai due protagonisti che, dal primo episodio in avanti, sviluppano una stima reciproca, nonostante i caratteri diversi e i modi di interazione completamente differenti: stravagante lui, pacata lei, ma entrambi con delle distanze emotive da colmare nei confronti dei propri padri. Possiamo, quindi, ammettere che i due ragazzi, lavorando insieme, cercano di migliorare se stessi e di comunicarsi fiducia nell’affrontare ogni caso, ogni difficoltà: Ishiko e la sua paura di ricominciare a prepararsi per l’esame di abilitazione, Haneo e il suo timore di non riuscire a terminare la constatazione e di finire a processo in tribunale dove è costretto a parlare in pubblico, consapevole di dover ancora vincere le sue crisi di panico.
“Ishiko e Haneo” è una serie giapponese, una vera e propria scoperta, una chicca che diverte, ma fa anche pensare moltissimo.
Grazia
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