“I have lived, and continue to live, in the belief that God is always with me. I know this from experience”. (Kim Dae-jung)
La strada per la democrazia sudcoreana non è stata semplice ed è transitata da decenni di instabilità politico-istituzionale che ha alternato periodi brevi di democrazia a periodi intermittenti di regimi autoritari e di stati di emergenza gestiti dai militari, fino a culminare all’asprezza del regime di Chun Do-hwan che estese la legge marziale a tutto il territorio sudcoreano, causando un numero innumerevole di morti e di privazioni dei diritti umani (ne abbiamo già parlato a proposito del massacro di Gwangju nel maggio 1980).
Il 1987, però, segnò l’anno della svolta, raccogliendo il testimone di quei magnifici e ribelli anni ’80 sudcoreani e di tutti quei movimenti studenteschi e lavoratori che, per primi, sfidarono il regime. Il fermento dei giovani e l’aspirazione alla democrazia prese avvio da un fatto drammatico accaduto nel gennaio di quello stesso anno, quando Park Jong-chul, giovane attivista per i diritti umani e presidente del consiglio studentesco della Facoltà di Lingue presso la Seoul National University venne arrestato, picchiato e torturato nel tentativo di estorcergli una confessione che condannasse i suoi collaboratori. Park Jong-chul morì durante le torture estreme per asfissia (il regime era solito usare la tecnica, vietata secondo tutte le convenzioni internazionali, del waterboarding ovvero della simulazione di annegamento con acqua e un panno che ricopriva testa e vie aeree). Alla morte del giovane, i movimenti di opposizione si organizzarono con una serie di marce e di manifestazioni contro il governo, trovando base e appoggio presso il tempio buddista di Jogyesa a Seoul, dove fu preparata una cerimonia di commemorazione per la reincarnazione di Park Jong-chul. Con l’arrivo della primavera, tornò vivo anche il ricordo del massacro perpetrato a Gwangju, pur non conoscendo ancora il numero di vittime, grazie anche all’Associazione per la Giustizia dei preti cattolici, testimoni della violenza orribile del maggio 1980.
Con l’opinione pubblica sollevata contro il regime, fu organizzata una grande manifestazione di massa per il 10 giugno di quello stesso 1987, con l’intenzione di chiedere al presidente Chun Do-hwan le dimissioni e la convocazione di elezioni libere, oltre che la riforma della Costituzione in modo da garantire la democrazia. Alla vigilia della manifestazione, però, mentre gli studenti della Yonsei University avevano occupato i locali del campus universitario per organizzare la protesta, uno di loro, Lee Han-yeol, fu colpito da una granata in testa e rimase in coma (la morte avvenne un mese dopo, senza che il giovane riprese mai conoscenza). Quel 10 giugno, la manifestazione programmata iniziò in modo diverso da come i giovani si erano prospettati, con il lutto, il dolore e la rabbia nel cuore per la perdita ingiusta di tante vite umane: nonostante le dimissioni del presidente Chun Do-hwan (alla scadenza del suo mandato di sette anni) e la nomina ad interim di Roh Tae-woo, la ribellione esplose senza arrestarsi.
In tutto il paese, persone di ogni età scesero nelle piazze, i giovani si asserragliarono presso i campus universitari e presso la Cattedrale di Myeongdong, vista come il centro per tutti i ribelli, dove lo stesso cardinale Stephen Kim Su-hwan lanciò la lotta degli attivisti contro il regime, dichiarando che erano disponibili a scendere in piazza anche i religiosi per domandare la democrazia e il ripristino dei diritti umani, coadiuvato anche dalla presa di posizione dei monaci buddisti, a fianco ai movimenti per la democrazia.
Le manifestazioni e le lotte durarono dal 10 al 29 giugno: ogni giorno venivano arrestate migliaia di persone, ma ogni giorno ne scendevano in piazza il doppio e il triplo del giorno precedente (la manifestazione del 18 giugno contò un milione e mezzo di manifestanti) e, più il regime inaspriva le sanzioni e le violazioni nei confronti delle persone, più le morti e le torture minacciate davano nuova linfa agli oppositori. Il 29 giugno, il presidente in carica Roh Tae-woo si arrese di fronte alle continue proteste e con la Dichiarazione Speciale per la Grande Armonia Nazionale e la Trasformazione in una grande nazione del 29 giugno (6.29 선언) promise la revisione della Costituzione, garantendo elezioni libere e dirette del Presidente della Repubblica, il ripristino del pluralismo politico e dei diritti fondamentali, inclusi l’habeas corpus e la libertà di opinione e di manifestazione anche a mezzo stampa, e garantendo l’amnistia ai prigionieri politici, tra cui Kim Dae-jung, con le cui parole abbiamo aperto questo articolo, che, all’epoca dei fatti era agli arresti domiciliari dal 1985, ovvero dal rientro in patria dopo l’esilio.
I fatti sono narrati meravigliosamente nel film “1987: When the Day Comes“, diretto da Jang Joon-hwan e interpretato da Kim Yoon-seok (“Tazza“), Ha Jung-woo (“Narcosaints“), Yoo Hae-jin (“Exhuma“), Kim Tae-ri (“Mr. Sunshine” e “25 21“), Park Hee-soon (“My Name” e “Moving“) e Lee Hee-joon (“Mouse” e “A Killer Paradox“), che ricostruisce le vicende della morte durante le torture di Park Jong-chul (interpretato da un giovanissimo Yeo Jin-goo, poi protagonista di “Hotel Del Luna” e di tanti altri drama), come una vera e propria indagine di polizia. Il film, che nel 2017 fu campione di incassi e vinse innumerevoli premi (tra cui i Beaksang come migliore attore protagonista per Kim Yoon-seok e come migliore attore non protagonista per Park Hee-soon e il Daesang al film), vede anche la partecipazione amichevole dell’attore Woo Hyun, caratterista di eccezione in molti drama (tra cui “Sweet Home“), ma soprattutto ex attivista per la democrazia e vera memoria storica dei fatti qui narrati. Pertanto, vi lasciamo qui di seguito la colonna sonora del film, composta dal giovane musicista sudcoreano Kim Tae-seong, che, anni dopo, ha ripercorso lo stesso periodo storico e i fatti concitati di quel giugno 1987, componendo la colonna sonora del drama “Snowdrop“.
Laura
