“La giustizia senza il potere è inutile, ma il potere senza giustizia è solo violenza”.
E’ un mondo di teilleur femminili e di spille appuntate sul bavero del cappotto, di completi maschili in giacca e cravatta e di pochette abbinate che escono dal taschino. E’ un mondo elegante, colto, che falsamente si preoccupa di democrazia, per gestirla a proprio piacere. E’ un mondo che aspira a raggiungere il potere, ma che parte al tempo stesso da esso, sbriciola e sciorina i dettagli della realtà alla luce e per conto di quel potere fondamentale per cui si diventa vincenti in politica, un mondo che si costruisce sugli ideali, ma che ha solide fondamenta reali. E, come ogni teoria politica che si rispetti, servono menti forti e machiavelliche, quelle eminenze grigie in grado di gestire alle spalle i propri campioni, ovvero in grado di far eleggere re e regine.
A questo mondo appartiene Hwang Do-hee (interpretata da una meravigliosa Kim Hee-ae di “The World of the Married” e “The Whirlwind“), un genio della comunicazione politica e della pianificazione strategica, capo dell’ufficio strategico della Eunsung Company, un conglomerato potentissimo che gestisce affari in tutto il paese e controlla numerosi politici nazionali. Conosciamo Do-hee già impegnata a “pulire” le malefatte della famiglia che controlla la Eunsung e a lottare contro un’insistente avvocata per i diritti umani, Oh Kyung-sook (interpretata da Moon So-ri), che ha fatto causa alla Eunsung per ingiusto licenziamento collettivo nei confronti di decine di lavoratrici donne e si è accampata con un sit-in sul tetto del loro centro commerciale. A Do-hee non importa da quale parte sia la giustizia e, pur stimando personalmente molto il lavoro di Kyung-sook, considera l’unico bene fondamentale solo preservare gli interessi del conglomerato per cui lavora, compreso la preparazione della campagna elettorale a sindaco di Seoul di Baek Jae-min (interpretato da Ryu Soo-young di “Bloodhounds“), genero della matriarca a capo della Eunsung, Son Young-sim (interpretata da Seo Yi-sook, vista anche in “Hotel Del Luna“, “Start Up” e “Do Do Sol Sol La La Sol“).
Solo che, ad un certo punto, qualcosa cambia nella vita di Do-hee, portandola a riflettere su se stessa e sulle conseguenze delle proprie azioni.
Una lavoratrice del suo ufficio, che ha lamentato di aver subito molestie sessuali da Baek Jae-min ed è stata richiamata e sospesa con l’accusa di essersi inventata tutto, si suicida, buttandosi dal tetto del palazzo. Mentre Do-hee si sente in colpa per non aver creduto alla ragazza e non aver compreso la sua angoscia, la Eunsung provvede immediatamente a “pulire” la vergogna del gesto, facendo passare la suicida per una ricattatrice con un oscuro passato compromettente e cercando di ottenere il massimo vantaggio dalla sua morte. Indagando sui fatti, però, Do-hee capisce che esiste una verità nelle parole della ragazza e che il conglomerato per cui ha lavorato a lungo, tacitando qualsiasi sua aspirazione futura e mandando a monte la sua vita privata, si è macchiato di tanti orribili crimini.
“ Lo distruggerò. Quel vostro mondo, costruito sul sangue e sulle ossa delle persone che avete seppellito. Renderò polvere davanti ai vostri occhi ogni cosa che amate”.
La vendetta di Do-hee è, in effetti, terribile, anche perché parte dalle sue competenze e dalle sue abilità prestate per tanto tempo alla Eunsung, conscia che è capace di creare monarchi, ma anche di affossare potenti. grazie alla sua intelligenza tattica e alle sue strategie. Ed è così che Do-hee si rivolge alla sua storica rivale, l’avvocata idealista che tanto aveva combattuto, Oh Kyung-sook, convincendola ad un patto di alleanza unico, che potrà vedere realizzata la sua vendetta personale, ma anche l’ansia di giustizia sociale e le aspirazioni per migliorare il futuro di Kyung-sook. Nella corsa a sindaco di Seoul di Baek Jae-min, contro i classici candidati supportati dai partiti, si inserisce ora una nuova regina, Oh Kyung-sook, una che sa come far saltare la scacchiera della politica.
“Come un leone che non si tira indietro davanti ai rumori molesti, come un vento che non può essere intrappolato da una rete, come un fiore di loto che non viene contaminato nemmeno dal fango. Supererò l’avidità e l’odio e continuerò il mio cammino senza timore, come il corno di un rinoceronte”.
Oh Kyung-sook è quel rinoceronte, forte e resistente, fermo nei suoi valori e nelle sue convinzioni, che Do-hee da tempo cercava e che concretizza effettivamente il suo sogno ideale: una politica empatica e di prossimità, che si avvicina agli altri, dialoga senza intransigenze e radicalismi, ma senza farsi prevaricare nei valori fondamentali, che sa distinguere potere e giustizia, tenendo lontano la bieca violenza e l’avidità. Il progetto iniziato come una mera vendetta e quasi un’esibizione di potenzialità diventa una riscoperta della politica nel senso più puro e ancestrale del termine, in quella dimensione che sta al servizio dei cittadini e del bene comune e che cerca di costruire una società più retta. Do-hee inizia per un piano determinato, ma va avanti perché viene coinvolta a livello personale, ma soprattutto a livello ideale.
Naturalmente, non solo la Eunsung non è un gigante facile da abbattere, sostenuto nella sua strategia da un genio della politica come Carl Yoon (Lee Geung-young, abituato a questi ruoli “scomodi” e deliranti, come in “Stranger“, “Vagabond” e altri) e anche dall’ex collaboratrice di Do-hee, Guk Ji-yeon, che si mette in gioco personalmente (Ok Ja-yeon, vista anche in “Gyeongseong Creature“), ma le vie delle politica sono infinite e molto più oscure di quanto non si possa immaginare, popolate da politici ben navigati e senza scrupoli, come la candidata Seo Min-jeong (Jin Kyung di “Avvocata Woo” e altri) o il leader del partito progressista Yang Sun-dong (Kim Byeong-ok di “Il suono del tuo cuore” e “Because This is My First Life“), simbolo della politica che usa il popolo per raggiungere il potere, e gestite da abili specialisti di strategia come l’ex marito di Do-hee, Ma Joon-seok (Kim Tae-hoon, visto in numerosi drama, tra cui “Navillera“, “Chicken Nugget” e “My Dearest“). Ma Do-hee, per quanto aspiri al bene e alla giustizia, non è esente da colpi di scena plateali e scenici, inversioni di rotta, ridefinizioni politiche e vere e proprie tattiche belliche, utilizzando una classica strategia machiavellica, con il discrimine che, se non è necessario che il machiavellico creda nella bontà dei propri fini, ma solo nella loro realizzazione, Do-hee ha investito tutti i suoi mezzi sulla certezza di un futuro migliore.
Si parla poco di “Queenmaker” (퀸메이커) ed è un peccato perché, personalmente, l’ho ritenuta una delle serie politiche più belle degli ultimi anni, che (finalmente!) si allontana dagli oscuri disegni in stile “House of Cards“, ipotecando sul fatto che un futuro migliore è possibile e che esistono anche donne e uomini capaci di fare la differenza, retti e onesti, con ideali incontaminati. Perché, purtroppo, la politica è talmente bistrattata e demonizzata da una certa antologia di film e serie tv americane, da risultare falsa, fittizia e avida, mostrando quell’aspetto di puro odio sociale, che tende ad allontanare popolo e istituzioni.
Che la politica nasconda insidie è indubbio e, del resto, come ogni cosa umana, vive della sua imperfezione. Che, però, tutta la politica debba essere ritratta come qualcosa di oscuro e di malvagio è un concetto che dovremmo tentare di allontanare e/o, perlomeno, di ribaltare, tornando a valorizzare quella che dovrebbe essere la vera politica aristotelica, ovvero la “politèia“, il governo del popolo, in cui ognuno ha la possibilità e la capacità di perseguire il raggiungimento della virtù. Ché, poi, la maggiore virtù umana risiede proprio nella “giustizia” perché, sempre secondo le parole di Aristotele nell’Etica Nicomachea, “chi la possiede è in grado di usare la virtù anche verso gli altri e non soltanto verso se stesso“.
Laura
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2 pensieri riguardo “Queenmaker (ovvero della teoria politica, ma declinata al femminile)”