“Mi sono gettata nell’oscurità per cercare un’unica verità”.
“Lì ho vagato tra le risposte numerose come le stelle. Sono inciampata, mi sono rialzata e sono caduta di nuovo. Ma devo affidarti alla tua bussola morale per raggiungere la stella che cerchi. Non farti influenzare dagli altri o manipolare dalle informazioni. Credi nella strada che scegli. Perché, lungo la strada, troverai sicuramente ciò che conta davvero”.
Se dovessi immaginare davanti a me un grande incendio, un fuoco che si estende senza dare requie, mi assalirebbe un senso di angoscia e di impotenza, il fuoco è così, brucia e cancella per sempre ogni cosa. “Burn the House Down” è una serie giapponese che ci pone di fronte a delle domande morali e, con l’andamento di una tragedia greca, va avanti con la stessa intensità e drammaticità dimostrate in particolar modo dalle due protagoniste femminili che per recitazione mi hanno ricordato le atmosfere di “Rebecca – La prima moglie”( film di Hitchcock ispirato al romanzo di Daphne du Maurier).
Si tratta di un drama tratto dal manga omonimo creato da Moyashi Fujisawa, la storia è un giallo e un racconto di vendetta e la prima immagine che vediamo è proprio una casa che brucia, da qui, il tutto viene raccontato attraverso flashback tracciando l’arco narrativo stabilmente a tredici anni dopo l’incendio.
La giovane Shizuka Yamauchi (la bravissima Mei Nagano) risponde all’annuncio di una governante a casa Mitarai dove la signora Makiko (una superba Kyoka Suzuki), modella e influencer cinquantenne di successo, cambia spesso collaboratori domestici perché capricciosa e insoddisfatta del lavoro degli altri, alla ricerca perenne della perfezione. Shizuka, però, da subito rivela il proprio talento, colpisce l’attenzione di Makiko e ne conquista la sua fiducia così, da un contratto di lavoro a giornata, viene assunta come governante a tempo indeterminato. Lavorando in casa Mitarai, Shizuka si accorge che la vita di Makiko è una intricata tela di bugie e di segreti che cerca di nascondere all’opinione pubblica, infatti, nel suo profilo social ufficiale la donna appare come una perfetta casalinga con la passione per la cucina e non fa che aggiornare con foto della casa pulita, di pranzi e cene perfette che in realtà non prepara lei. Makiko, infatti, che delega sempre più compiti a Shizuka e verso la quale sembra essere dipendente per il buon successo dei suoi progetti, affida alla ragazza la preparazione di portate da cucina e la sistemazione impeccabile della casa.
Anche Shizuka Yamauchi, però, ha dei segreti, il suo vero nome è Anzu Murata e tredici anni prima la casa Mitarai era tutta sua e della sua famiglia.
Quando Anzu era solo una ragazzina, la casa di famiglia venne bruciata e distrutta, sua madre Satsuki si addossò la colpa ingiustamente per poi cadere in depressione dopo essere stata lasciata dal marito e aver vissuto sola con le due figlie Anzu e Yuzu (Yuri Tsunematsu, “Alice in Borderland 2”) con tanti sacrifici per sbarcare il lunario.
La vita agiata e distinta di Satsuki era diventata presto una vita piena di sofferenze e amarezze e aveva lasciato il suo ruolo alla ex migliore amica Makiko che nell’ombra aveva da sempre invidiato Satsuki e aveva sempre aspirato al posto dell’amica, ad indossare i suoi abiti, i suoi gioielli, le sue scarpe, ad appartenere alla classe dei privilegiati. Uno scambio di ruoli, un tradire l’amica che l’aveva cercata e fatta entrare nella sua cerchia di conoscenze, aveva curato il rapporto di amicizia tra i figli di entrambe e le aveva generosamente donato tempo e condiviso confidenze.
Quella drammatica notte dell’incendio, l’aura di Satsuki si era spenta definitivamente in una richiesta di perdono, in ginocchio davanti a tutti, gli occhi di Makiko si erano nutriti, invece, del fuoco della casa che bruciava davanti a sè e la certezza che finalmente la sua vita stava tracciando un cambiamento importante. Anzu aveva visto sorridere Makiko con lo sguardo infuocato, lo stesso che vede tredici anni dopo nelle dirette social della donna, nei servizi fotografici e nelle interviste, quella donna che ha sposato tredici anni prima suo padre Osamu e che ha sostituito in tutto e per tutto sua madre, quella donna che secondo la ragazza è la vera colpevole dell’incendio e della distruzione della sua abitazione e della felicità della sua famiglia.
Anche Anzu, che a casa Mitarai è conosciuta come Shizuka, nutre in sé un fuoco, quello della vendetta, del rancore e, per questo, determinata a dimostrare l’innocenza della madre, decide di entrare nella casa di Makiko, come Makiko aveva fatto a casa sua, conquistando la sua fiducia come quella donna aveva fatto con sua madre, per scoprire quanti più segreti possibili e raccogliere le prove necessarie per incastrarla.
In quella casa raffinata e invidiata da tutti, Shizuka scopre uno dei segreti più importanti, la presenza di Kiichi (Asuka Kudo), figlio maggiore di Makiko e suo vecchio compagno di giochi e di scuola, di lui la madre aveva sempre detto che lavorava all’estero. Kiichi, invece, è un ikikomori, vive recluso nella sua stanza, in compagnia dei suoi videogiochi, libri e musica, non esce mai di casa, ma alla vista di Shizuka riconosce la sua compagna di classe e inizia ad insospettirsi per la sua presenza.
Il secondo figlio di Makiko, invece, Shinji (Taishi Nakagawa, “You, Me and Bach”, “Eye Love You”) è coetaneo della sorella di Shizuka, Yuzu, studia medicina e ha un animo meno cupo di Kiichi anche se, entrambi i figli hanno un rapporto complesso con la madre con le sue scelte, con la sua vita.
“Burn the House Down” è una serie che colpisce per la costruzione narrativa, per le interpretazioni, soprattutto quelle femminili, che sono le vere protagoniste della storia, incantano, lasciano i brividi, giganteggiano nella loro prepotente dualità che si impone in ogni scena, in particolar modo nelle parti più da suspence. Una serie che parla di vendetta, vista da un’unica prospettiva, accecata dal bagliore di quel gran fuoco che è bruciato nel cuore di ogni personaggio della storia, una serie che parla di invidia che, come un fuoco, arde nell’inconscio di Makiko dopo aver deciso che per diventare ricca e famosa doveva sacrificare un’amicizia, gettando tra le fiamme i doni ricevuti. Questo è uno dei punti più importanti che mi ha fatto riflettere e qui la serie denuncia un problema globale, quello della superficialità, ovvero come nella società odierna sia diventato indispensabile voler apparire agli altri come qualcun altro. Makiko ruba l’identità della sua amica Satsuki, si appropria delle sue cose, ma anche e soprattutto del suo ruolo e lo fa perché dettata dall’invidia, quell’invidia che la rende una persona debole, alla continua ricerca di approvazioni da parte della società che potrebbe giudicarla male a primo errore.
Il ritmo incalzante della storia, i colpi di scena, le immagini quasi patinate della casa Mitarai dove la protagonista Shizuka/Anzu lavora quasi in punta di piedi per non destare alcun sospetto, per non disturbare nessuno, nemmeno il suo cuore che segue l’obiettivo della vendetta. La drammaticità della serie tocca alti livelli e la rende indimenticabile nella sua complessità espressiva che non è altro che l’animo umano nei momenti oscuri, quando si vuole nascondere qualcosa o quando si crede di detenere la ragione ed è qui che le scelte verranno affidate alla propria bussola morale. E’ giusto vendicarsi? E’ corretto impadronirsi dell’immagine degli altri per costruire qualcosa di meglio e affossare la concorrenza? Quando la torre di bugie crollerà o meglio brucerà come una casa in fiamme, quale sarà la scelta migliore da intraprendere e come non farsi male?
La casa che brucia, alla fine, rappresenta l’anima dei personaggi, il segreto più intimo nascosto nei meandri della propria coscienza soffocata dalla penetrante paranoia e dal timore di aver perso se stessi.
Grazia
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2 pensieri riguardo “Burn the House Down”