“Le regole del go sono così eleganti, organiche e rigorosamente logiche che se esiste in qualche parte dell’universo una forma di vita intelligente, essa deve certamente saperci giocare”.
(Emanuel Lasker, matematico tedesco, campione del mondo di scacchi e praticante di go, 1868-1941)
Il baduk (바둑) è un gioco da tavolo che prevede regole semplici nel loro apprendimento e terribili nella loro logica: nato in Cina come wéiqí o wei-ch’i (圍棋 o 围棋) almeno nel IV secolo a.C. come gioco di tattica e di riflessione e diffusosi presto in tutto Oriente (il termine go con cui è conosciuto nel mondo deriva dal suo nome giapponese 碁), il suo scopo consiste nell’accerchiare il nemico (letteralmente, “accerchiare le pedine”), inserendo delle pietre lisce e piatte nei punti di intersezione della tavoletta da gioco goban per circondare e, lentamente, sfaldare le basi avversarie attraverso un logoramento mentale che è, al tempo stesso, difesa del proprio territorio e del proprio esercito (per cui si cerca di salvare le proprie pedine) e conquista del territorio altrui, dove i tasselli neri e i tasselli bianchi si guardano frontalmente e si controllano fino al cedimento.
XVII secolo. I Qing, originari della Manciuria, penetrano in territorio cinese e destabilizzano il trono imperiale della dinastia Ming con i legami e i sottili equilibri esistenti nello scacchiere politico estero. Il regno di Joseon, alleato politicamente e militarmente con i Ming da decenni, viene scosso dalle invasioni Qing (storicamente due, nel 1627 e nel 1636-1637) e costretto a tagliare i propri rapporti con i Ming e a diventare stato tributario dei Qing, riconoscendo l’egemonia dell’impero cinese. Per assicurarsi una discendenza al trono di Joseon, i Qing impongono al re di cedere in ostaggio il fratellastro minore, Yi In, noto come Gran Principe Jinhan, che sarebbe stato rimandato in patria per diventare re in caso di mancati eredi. Nonostante la notizia dell’improvvisa prigionia pesi come un macigno anche sul re, Yi In (interpretato da un grandissimo Jo Jung-suk di Hospital Playlist e The King 2 Hearts, che qui recita come su un palco teatrale di Shakespeare) non incolpa il fratello, ma parte deciso a conquistare la libertà per sé e per gli altri ostaggi coreani.
Passano gli anni. Yi In ha dovuto partecipare a numerose campagne militari per i Qing, ma ha anche mostrato il proprio talento di diplomatico e di politico, oltre che di abile e stratega giocatore di baduk, riuscendo a perorare la causa per la liberazione di diversi coreani, quando improvvisamente gli viene concesso di tornare in patria. Tuttavia, il suo ritorno non è esattamente secondo le proprie aspettative: mentre la Regina Madre (Jang Young-nam, vista anche in Pinocchio, Come i fiori sulla sabbia e – in modo terribile – in It’s Okay to not be Okay) lo accoglie con gioia, ma anche meditando di metterlo sul trono al posto del fratello, il re e tutta la corte sospettano che sia un traditore al servizio dei Qing, una spia in mezzo ai sudditi di Joseon. Solo e sostenuto dalla sua guardia del corpo, il Capitano Joo (Kang Hong-seok, visto anche in The King Eternal Monarch), l’unico divertimento del principe Yi In è il gioco del baduk, per cui cerca di affrontare in un incontro il famigerato e anonimo giocatore di baduk, un ragazzo strano e giovane che si aggira nella casa da tè della gisaeng Hongjang (Han Dong-hee) e che fa collezione dei goban dei suoi avversari vinti al gioco. In realtà, il giocatore di baduk è Kang Hee-soo (interpretata in modo meraviglioso da Shin Se-kyung, protagonista di Run On e Rookie Historian Go Hae-ryung), figlia del Consigliere Capo Kang Hang-sun (Son Hyun-joo), già maestro del principe Jinhan.
“Il baduk è una condivisione tra due giocatori. Mentre i due sono impegnati nel gioco, conversano solo tramite le pietre. Condividono una conversazione che trascende l’età, lo stato e anche la lealtà“. Quando il principe Jinhan e il giocatore di baduk si incontrano e si sfidano, i confini di spazio e tempo si perdono e si fondono nei loro sguardi attenti alle pedine del baduk, nei pensieri rumorosi, nelle menti che vanno all’unisono, senza bisogno di condividere parole, in quella pioggia minuta e piccola che sembra dissolversi nella nebbia. Mongwoo, si chiama quella pioggia sottile, che è come una tenda che li ha isolati dal mondo, e Mongwoo si chiamerà anche quel misterioso giocatore di baduk, che “ha la lingua d’argento e il cuore grande“, a cui il principe ha donato quel nome, perché, quando pioverà nuovamente in quel modo, potranno fuggire da tutto e incontrarsi con i loro goban per giocare a baduk (“Quando ci sarà un altro mongwoo, vi darò la possibilità di una rivincita“).
Ma com’è il Gran Principe Jinhan, chiede Kang Hee-soo al padre, conscia della potenza con cui lo sguardo del suo sfidante di baduk le sia entrato nel cuore? “E’ un uomo come gli altri, ma è qualcuno che gioca a baduk meglio di te. E’ nato con il talento e l’autorevolezza di governare e comandare il mondo. E ciò lo rende un bersaglio e una minaccia“.
Parole profetiche che si avverano di lì a poco tempo, quando una serie di eventi coinvolgono e sconvolgono completamente le vite del gran principe Jinhan e di Hee-soo, conducendo lui a prendere il posto del fratello defunto sul trono di Joseon e spezzando la famiglia e la vita sicura di lei, trattata come un traditore del paese (uso il maschile perché Hee-soo viene condannata ingiustamente per i suoi crimini, mentre veste i panni maschili di Mongwoo) e abbandonata del sostegno del suo amico di gioco: “Non sono più un uomo comune. Sono il re di questa nazione. Un re ha solo sudditi e nemici politici. Non può avere amici“.
Trascorrono tre anni, quando Hee-soo ritorna a casa e, sempre nei panni maschili di Mongwoo, partecipa al concorso per diventare gidaeryeong, maestro e compagno di gioco di baduk del re, mentre medita propositi di vendetta. Avvicinarsi al re, sfidarlo nella sua ira, resistere alle sue minacce e, poi, confonderlo con la sua lealtà, rifiutando le offerte contrarie a lui, obnubilarlo con la sua intelligenza e, infine, soggiogarlo come in una rete col suo fascino per detronizzarlo completamente. Col tempo, però, Hee-soo si rende conto di essere soggiogata dal suo astio e dalla voglia di vendetta, che non le permettono di ragionare freddamente e di guardare oltre la realtà fattuale, come dovrebbe fare un bravo giocatore di baduk. Ricordando le parole del padre: “Il sole sorge ad Est e tramonta ad Ovest. I cambiamenti di stagione iniziano a Nord e finiscono a Sud. Quale significato nascosto potrebbero celare?”.
La soggiogazione è un concetto molto complesso e mentale, un paradosso dello scacchiere, per cui, quando pensi ad una mossa per accerchiare il nemico e cerchi di immaginare tutti gli scenari possibili, al tempo stesso ti muovi sull’orlo di un precipizio, in una rete invisibile che ci si è costruiti da soli. Per parafrasare le parole del protagonista maschile: “Desiderare la vita di chi ami e la morte di chi odi. Ma, al tempo stesso, desiderare che vivano mentre desideri che muoiano. Questo è il paradosso della volubilità umana. Questo è ciò che vuol dire essere soggiogati“. Hee-soo desidera vendicarsi per essere stata abbandonata da Yi In nella sua amicizia, ma l’intensità dei suoi sentimenti per lui riemerge poco per volta e prende asilo nel suo cuore e nella sua mente, senza abbandonarla, e, mentre tesse invisibilmente una prigione intorno ad un re che sfida qualsiasi convenzione sociale per questo rapporto, si lega sempre più indissolubilmente a lui, che, tolta quella terribile autorità e il pesante fardello del comando, è “un uomo come tutti gli altri uomini“, innamorato dell’unica mente che può essere sua pari.
I due protagonisti non recitano nel drama, ma sono direttamente il drama per la capacità di inserire le proprie emozioni e di parlare con i silenzi e con gli occhi, con gli sguardi bassi, le parole soffuse e le lacrime che si affollano, soffocando il dolore, eppure comunicandolo all’unisono, facendolo percepire a pelle allo spettatore: lui, il Re, imposto in un ruolo che avrebbe potuto essere il suo, ma che è stato avvelenato dal principio, un uomo che vorrebbe essere se stesso e vivere normalmente, ma che ha devoluto la propria esistenza alla nazione ed è costretto a oltrepassare anche i legami familiari per il bene superiore dello Stato; lei, il gidaeryeong, incastrata in un proposito di vendetta che la consuma fisicamente e mentalmente, ma da cui riesce a liberarsi, una donna che è, anzitutto, una mente sensibile e brillante, abituata ad agire di nascosto e in umiltà, ma capace di ascoltare e di leggere le mosse altrui dai movimenti dei loro volti; entrambi, due giocatori di baduk, che da quella prima partita hanno compreso di essere anime gemelle e che non possono fare a meno l’uno dell’altra.
Tutt’intorno, una grandiosità di personaggi, che recitano su palchi separati i propri drammi, unendosi in un unico coro: oltre a quelli già citati prima, è doveroso accennare: al mefistofelico Consigliere capo Park Jong-hwa (Lee Gyu-hoe), cattivo tragico e dostoevskiano, eminenza grigia di una corte che è diventata il suo dominio; a Kim Myung-ha (Lee Shin-young, Crash Landing on You), figlio del precedente ministro della guerra e considerato un traditore, nutrito nel livore e nel risentimento, eppure, in un’evoluzione incredibile del suo personaggio, capace di acquisire la consapevolezza; al funzionario Yoo Hyun-bo (Yang Kyung-won, Crash Landing on You, Welcome to Samdalri, One Ordinary Day), la serpe viscida e disprezzata, abituato a vincere vendendo la propria lealtà; la dama di corte Dong (Park Ye-young, Hometown Cha-cha-cha, Summer Strike), uno dei personaggi più in conflitto e strazianti del drama; il maestro Chul Dal-ah (Na Hyun-woo), ex soldato e spia, consumato dalla tristezza di una vita interrotta; la piccola famiglia di servitori composta da Ja Geun-nyeon (Song Sang-eun), Se-dong (Jung Seok-yong) e Jeom Yi-ne (Go Soo-hee), la lealtà e l’umanità che rimangono ferme e determinate nella loro umiltà; la dama di corte e spia Byun-young (Kim Bo-yoon, All of us are dead e Miss Hammurabi), elemento inaspettato e determinante per la trama politica.
Ci sono tanti motivi per cui potrei consigliare il drama storico Captivating the King – Il re e la spia (세작, 매혹된 자들), anche noto con il nome originale Sejak (che, poi, vuol dire “spia”): dalla limpidezza delle immagini, della fotografia e delle ricostruzioni sceniche, alla grandiosità delle interpretazioni (tutte); dalla complessità della trama, che si dipana lentamente riuscendo sempre a sorprendere lo spettatore (chi non è andato in ansia dopo le minacce del re al suo gidaeryeong mente), alla finezza con cui è stata inserita la storia d’amore, rimanendo intima e personale, eppure tanto coinvolgente, senza alcun manierismo.
Però, lo consiglio, anzitutto, per il suo richiamo storico. Nonostante il genere del sageuk (il drama storico) sia solitamente romanzato, con storie di re puramente inventati dalla mente degli sceneggiatori, Il re e la spia pesca dalla storia reale, rimodellando e rendendo verosimile la trama della serie. L’invasione dei Qing in Corea costrinse effettivamente il Re di Joseon Injo a condizioni di resa e di sudditanza terribili, che comprendevano l’invio dei suoi due figli Yi Wang e Yi Ho come ostaggi ai Qing, così come il Principe Rui, citato all’interno del drama, era effettivamente l’eminenza grigia dei Qing, tanto da supervisionare sul giovane imperatore, gestendo il potere come se fosse il vero re, e morì nel 1650. La figura di Yi In, Gran Principe Jinhan e, poi, Re di Joseon, è stata modellata proprio sul secondogenito di re Injo, Yi Ho, Gran Principe Bongrim, ostaggio dei Qing dal 1636 al 1645, quando tornò in Corea per ereditare il trono, trovando l’opposizione paterna e venendo sospettato di essere una spia. Yi Ho ascese al trono come Re Hyojong, alla morte del padre, nel 1649, divenendo il 17esimo sovrano Joseon: egli rafforzò l’esercito e i confini, riuscendo a rialzare la testa contro i Qing, preparò una offensiva contro la Russia per riprendere i territori del Nord e lasciò diverse opere di modernizzazione agraria e tecnologica, sanando l’economia coreana compromessa da anni di guerra.
Infine, il gioco del baduk, che era già entrato come passatempo ideale per le classi elevate all’epoca dei tre regni (se ne hanno tracce sia a Goguryeo, sia a Silla, sia a Baekje), durante il regno di Joseon divenne così popolare tra gli yangban (l’élite coreana, che si formava sui testi della filosofia confuciana e che era destinata a ricoprire i posti di funzionari), che venne incluso tra le quattro arti nobili da studiare per prepararsi ad affrontare la vita politica e giuridica dello Stato: musica, pittura, calligrafia e baduk.
Personalmente, da amante degli scacchi, mi propongo di recuperare il baduk/go dai tempi in cui leggevo che la piccola Paloma, protagonista del romanzo “L’eleganza del riccio“, trascorreva così le sue giornate, giocando interminabili partite di go con Monsieur Ozu. Perché, secondo un antico detto cinese, “Il mondo è una partita di go, le cui regole sono state inutilmente complicate“.
Laura
Come suona la recensione?

Per me il drama storico koreano più emozionante di sempre (almeno paragonato a quelli che ho visto io).
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Completamente d’accordo. L’intensità della recitazione ha giocato un ruolo importante.
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