Nel dicembre del 2016 intrapresi un viaggio di qualche giorno per andare a visitare alcuni mercatini di Natale in Germania e per vedere finalmente il famoso castello di Neuschwanstein. Durante il viaggio di andata il mio pullman fece sosta in un’area di servizio svizzera dove già l’aria rarefatta di montagna riempiva i polmoni di noi viaggiatori scesi dal mezzo. Quando entrai nell’area di servizio vidi che il bancone del bar, l’angolo dell’edicola e persino l’indicazione della toilette erano segnalati da grandi cartelli con le immagini dell’anime “Heidi” e così scoprii che ero a pochi chilometri dalla casa di Heidi o, per lo meno, dai luoghi che avevano ispirato la scrittrice Johanna Spyri per la creazione del suo romanzo più famoso e di un personaggio letterario rimasto nel cuore di moltissime persone e che, forse, la stessa Spyri non avrebbe mai immaginato che le avventure della sua Heidi avrebbero un giorno attirato l’attenzione di uno studio di animazione giapponese a più di settant’anni dalla sua morte.
Nell’estate del 1973 Isao Takahata e Hayao Miyazaki (che fonderanno più avanti lo Studio Ghibli) e il character designer Yoichi Kotabe (che sarebbe poi diventato famoso come illustratore ufficiale di “Super Mario”), per conto dello studioZuiyo Eizo, si recarono in Svizzera per poter studiare meglio le location per la serie che stavano preparando, si trattava di “Heidi” che già dalla fine degli anni ’60 era in progetto. Sostarono un paio di giorni a Maienfeld, comune di circa tremila abitanti nel Canton Grigioni dove oggi tra i monumenti visitati c’è la “Heididorf”, nella frazione Rofels, cioè la “casa- museo” di Heidi dove la scrittrice Johanna Spyri aveva la casa di vacanza dei nonni e che ha ispirato la storia del romanzo.
Miyazaki, Takahata e Kotabe alloggiarono presso il rifugio Heidialp che venne preso come ispirazione per la baita del nonno di Heidi. Si dice che, in quei giorni, in un negozietto di souvenir locale, Kotabe vide una statuetta di legno e abbozzò così l’immagine del nonno della protagonista. Qualche giorno dopo si recarono a Francoforte, luogo dove è ambientata una parte della storia del romanzo, il luogo di residenza di Clara dove Heidi abita per un periodo della sua infanzia.
Sembra che per la casa di Clara si siano ispirati alla casa di Goethe a Francoforte, così come il famoso campanile ripreso in una delle scene più delicate e nostalgiche dell’anime: quando Heidi sale fino a sopra per cercare di scorgere le sue amate montagne che le mancano tanto.
Nel 1880 la scrittrice Johanna Spyri pubblicò Heidi, il 6 gennaio 1974 in Giappone andò in onda su Fuji television il primo episodio della serie animata Heidi e fu un grande successo che era destinato a dilagare non solo in Giappone, ma in tutta l’Asia, in Europa e in Sud America e fu tradotto in tante lingue.
La storia di Heidi, ambientata sulle Alpi svizzere, è nota, ma fa sempre piacere rileggerla attraverso quelle che sono le immagini diventate iconiche. La piccola Heidi, rimasta orfana molto presto, viene cresciuta dalla zia materna Dete che si occupa di lei fino all’età di cinque anni, ma quando la zia trova lavoro a Francoforte, non potendo più curare la bambina, la lascia all’unico parente vivente, il nonno paterno, un anziano burbero e misantropo chiamato “il Vecchio dell’Alpe” che abita in una baita in montagna presso Maienfeld, lontano da tutti, scendendo in paese poche volte l’anno solo per fare provviste.
Il nonno di Heidi accoglie la bambina di controvoglia, ma presto si affezionerà alla sua presenza allegra, entusiasta, un’anima semplice che riempie le sue giornate monotone di domande, della meraviglia mai scontata, di affetto e di ricchezza di sentimenti. Heidi si affeziona da subito alle montagne, un richiamo ancestrale che la attrae e la fa abituare subito alla nuova vita, alla natura incontaminata, ai cieli infiniti, alla neve, agli animali, alla scoperta delle bellezze del creato. Conosce Peter, un pastorello che ogni giorno porta al pascolo le capre degli abitanti del paese compreso le due caprette del nonno. Heidi, incuriosita dell’attività di Peter, si impone nelle abitudini quotidiane del bambino, nelle sue attività di montagna, imparerà ad occuparsi del pascolo, a riconoscere fiori ed erbe, a leggere il giorno attraverso lo spostamento delle nuvole e la luce del sole.
Un giorno, però, la zia Date torna a riprendere la bambina per portarla con sé a Francoforte dove Heidi potrà vivere a casa della famiglia Sesemann e fare da “dama di compagnia” a Clara, una ragazzina di dodici anni costretta su una sedia a rotelle dopo aver contratto da piccola la poliomielite. Heidi viene costretta a lasciare in lacrime il nonno e le sue amate montagne e la sua vita a Francoforte, così diversa dagli spazi aperti ai quali si era abituata, diventa una sofferenza. Prova da subito simpatia per Clara, ma fa fatica ad abituarsi alla nuova vita cittadina, alla signorina Rottenmeier, arcigna governante e istitutrice di Clara che con il suo carattere severo non fa altro che riprendere e sgridare continuamente la bambina.
Clara, invece, si affeziona molto alla presenza di Heidi, sua unica amica, suo sguardo nel mondo, in un mondo che non conosce se non solo nei suoi libri, le montagne descritte dalla sua piccola amica, invece, sono così vive e meravigliose che la fanno sognare, le fanno desiderare una vita diversa, un soffio di libertà, sensazione per Clara quasi impossibile da percepire nella sua vita ritirata e chiusa, dove anche un alito di vento potrebbe spezzarla. La nonna Sesemann, che ogni tanto viene a trovare la nipote per le due bambine, diventa subito una compagna di giochi, una persona che porta allegria in quella casa bellissima, grande, ma così immensamente grigia. Nonna Sesemann è tra le poche persone che comprende la sofferenza di Heidi per la lontananza e la nostalgia di casa. Ricordo da piccola di aver compreso il senso di nostalgia e di depressione per la lontananza di casa e degli affetti proprio in questi episodi di Heidi che mi avevano colpito moltissimo perché l’anime riesce a far percepire allo spettatore ogni emozione.
Episodio molto toccante è quando Heidi, dopo che la signorina Rottenmeier le impedisce di esprimere la propria gioia nel raccontare del nonno, di Peter e dei pascoli, reprime i suoi pensieri e inizia a soffrire di sonnambulismo per la tanta sofferenza che implode in lei.
Così, come Heidi è stata da aiuto a Clara che si è sentita incoraggiata a vivere, arriverà anche il momento per la bambina delle Alpi di tornare a casa riuscendo a convincere il padre di Clara a lasciarla andare, per rivedere le sue montagne e per riabbracciare il nonno. La missione di Heidi continuerà perché Clara andrà a trovare in estate la sua piccola amica là dove non avrebbe mai immaginato, in montagna a imparare a respirare, a sentirsi libera, a trovare il coraggio di andare avanti e di migliorare per guarire.
Heidi è una storia di formazione, una storia che può sembrare semplice, ma che è ricca di bellezza, la bellezza della meraviglia, quella provata costantemente dalla piccola protagonista che cresce insieme alla natura e la sensibile regia di Isao Takahata come sempre è riuscita a cogliere la magia di questa storia e a renderla senza tempo perché anche oggi quando riguardiamo gli episodi dell’anime ci sembra di ritrovare una persona amica che è sempre un piacere rivedere.
Ambientazioni e fondali di “Heidi” hanno fatto scuola anche per i successivi lavori e autori che si sono cimentati a trattare serie animate ispirate a libri per l’infanzia, il progetto World Masterpiece Theater (che aveva lo scopo di recuperare opere mondiali di letteratura dell’infanzia) nasce a seguito del successo di Heidi che in Giappone venne trasmesso per un anno intero dal 6 gennaio al 29 dicembre 1974. In Italia, invece, abbiamo atteso il 1978, ma il successo fu talmente tanto che tra il 1978 e il 1979 sempre nel nostro Paese la serie fu rimontata in tre lungometraggi che uscirono al cinema con i titoli, “Heidi in città”, “Heidi torna tra i monti”, “Heidi a scuola”. La famosissima sigla di apertura fu cantata da Elisabetta Viviani e ancora oggi è conosciuta da intere generazioni.
Quest’anno Heidi compie 50 anni e volevo renderle omaggio con un articolo dedicato a questo anime senza tempo che ha incantato milioni di persone, che ha fatto ridere e commuovere gli spettatori di ogni età, che ci ha regalato il colore del cielo più bello mai visto in un cartone animato, dall’azzurro limpido al color carta da zucchero dove perdersi tra le nuvole bianche in mezzo alle montagne, in un momento della nostra infanzia in cui abbiamo lasciato il nostro cuore nella meraviglia del mondo osservato come solo un bambino sa fare, come solo lo sguardo incantato può percepire.
Grazia
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