“Sembra che in passato pure le streghe ne andassero in cerca.” “Le Streghe?” “Già. È il fiore della strega”.
Lo Studio Ponoc nasce nel 2015 fondato da Hiromasa Yonebayashi e Yoshiaki Nishimura che avevano in precedenza lavorato per lo Studio Ghibli. Il nome dello Studio Ponoc deriva dalla parola serbo-croata “ponoc”, cioè “mezzanotte”, “il momento in cui finisce un giorno e ne inizia un altro”. Una delle primissime opere dello Studio è il lungometraggio animato, “Mary e il fiore della strega”.
Quando andai a vederlo al cinema nel 2018 speravo tanto di ritrovare in questo film la stessa magia e fascino delle opere dello Studio Ghibli e, seppur il raggiungere la perfezione dello Studio Ghibli sia un’impresa quasi impossibile, ricordo di aver promosso pienamente il film che era riuscito ad emozionarmi.
Il regista Hiromasa Yonebayashi (“Arietty”, “Quando c’era Marnie”) sceglie la trasposizione cinematografica della storia tratta dal romanzo di narrativa d’infanzia, “The Little Broomstick” (“La piccola scopa”), della scrittrice inglese Mary Stewart, famosa per il ciclo di romanzi “Le cronache di Merlino”, la storia di Re Artù vista dagli occhi di Mago Merlino.
La protagonista, Mary Smith, una ragazzina di dieci anni, dai capelli rossi che, fin dall’inizio, si lamenta della sua vita ordinaria, a partire dal suo nome così comune, viene mandata a trascorrere l’estate nella casa di campagna della prozia Charlotte. Peter, un ragazzo che abita nei pressi dell’abitazione della zia, inizia a prendere in giro Mary a causa dei suoi capelli rossi e ribelli e dei suoi atteggiamenti goffi. Mary cerca di trascorrere da sola ogni ora, senza stringere amicizia con nessuno. Un giorno, però, inseguendo due gattini di nome Tib e Gib si ritrova in un bosco vicino dove viene attirata da uno strano fiore azzurro che emana una luce particolare e Mary lo raccoglie. Di lì a poco trova anche una scopa che sembra come quella che usano le streghe per volare, Mary non crede a tutto ciò, ma, una volta salita sulla scopa per giocare, scopre che si tratta di una scopa magica che vola e così Mary inizia a viaggiare per il cielo e le nuvole e a dimenticare i propri dispiaceri e insicurezze, fino a quando la scopa non la porta all’Endor College, una vera e propria scuola di magia. Mary viene accolta dalla rettrice Madama Mumblechook e dal Dottor Dee che studiano magia metamorfica e sono attirati dal fiore raccolto dalla ragazza. Sembra che quel fiore molto ambito, che si chiama anche “Volo notturno”, sia un fiore raro che sboccia ogni sette anni e, per la sua rarità, è ricercato dalle streghe perché potenzia le loro abilità e poteri magici.
Quando Madama Mumblechook e il Dottor Dee tentano in tutti i modi di farsi lasciare da Mary il fiore azzurro, la ragazzina capisce che in quella scuola c’è qualcosa che non va, qualcosa che tutti nascondono, le metamorfosi di animali ed esseri umani, gli esperimenti nascosti e la sparizione improvvisa di Peter.
Riuscirà Mary a ricostruire tutti i pezzi mancanti per capire cosa possa essere accaduto? Sarà in pericolo dopo che non permetterà ai due di rubarle il fiore magico?
Vi anticipo solo che la piccola scopa condurrà Mary in una vera e propria avventura di vita e di crescita, la porterà anche in un cottage disabitato, situato su una piccola isola deserta e, all’interno della casa, troverà un libro di appunti di incantesimi e uno specchio grande da dove vede la prozia giovane che cerca di comunicare con lei.
A mio parere il punto di forza di “Mary e il fiore della Strega” è la critica alla magia stessa, cioè all’uso inappropriato della magia, come per esempio gli esperimenti di Madama Mumblechook e del Dottor Dee che prevaricano qualsiasi principio etico e per questo la storia è di una modernità incredibile anche se il libro a cui è ispirata è stato pubblicato nel 1971. Grazie alla magia, Mary riuscirà a liberarsi e a superare le difficoltà, ma la magia è solo un mezzo momentaneo e non lo scopo, il fine ultimo; Mary affermerà che gli esseri umani non hanno bisogno di magia, ma hanno bisogno di sentirsi a casa. Il messaggio del film è un messaggio di puro realismo all’interno di una storia fantastica ed è questa una delle caratteristiche che contraddistingue maggiormente questa storia e che il regista ha deciso di scegliere per lasciare al pubblico una riflessione senza tempo.
Da ricordare la colonna sonora affidata a Takatsugu Muramatsu, già compositore per il film “Quando c’era Marnie” e alla collaborazione di altri musicisti tra cui Joshua Messick, uno dei più famosi suonatori di dulcimer, strumento a corde pizzicate o percosse e appartenente alla famiglia dei liuti.
Se non avete mai visto “Mary e il fiore della strega”, vi consiglio di recuperarlo perché conserva la freschezza di un fantasy lineare che convoglia in sé tutti gli elementi magici e costanti del genere, oltre ad essere stato di ispirazione ad altre narrazioni fantastiche o di essersi ispirato a sua volta ad altre opere esistenti. Solo io ho pensato che il nome della protagonista, Mary, sia stato un omaggio alla scrittrice inglese Frances Hodgson Burnett e alla sua Mary Lennox, protagonista de “Il giardino segreto”? La scopa magica che accompagna la protagonista dell’anime è invece un omaggio del regista all’opera di Miyazaki, “Kiki, consegne a domicilio”. Il famiglio, che nell’anime è il gatto della protagonista, è di solito l’animale che accompagna ogni strega, non vi sembra un po’ un immergervi nell’atmosfera di Hogwarts?
Ogni elemento magico presente in questo film rende la storia una avventura incantevole e unica che affascinerà adulti e bambini.
Memoru Grace
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