“C’è stata un’ondata di nomadi in Francia alla fine XIX secolo. Hanno lasciato il lavoro, la famiglia e si sono persino persi mentre andavano in giro. Questa condizione, soprannominata dromomania, turismo patologico e voglia di viaggiare, si diffuse in Europa come un’epidemia e quelli che si mettevano in viaggio venivano chiamati “viaggiatori pazzi”. Era davvero la follia ad alimentare quei viaggi? O è stata la paura di impazzire a farli partire? “
Con questa frase, che rappresenta il focus del drama, si aprono otto intensi episodi interpretati da una meravigliosa Lee Na-young (“Romance is a Bonus Book”), in una storia che resterà per sempre nel cuore, in cui mi sono rispecchiata moltissimo perché la capacità di questa bravissima attrice è di portarti con sé nella vita ordinaria di Park Ha-kyung, protagonista della storia, una donna comune, insegnante di lettere al liceo che trascorre le giornate sempre nello stesso modo, tra gli impegni del lavoro e della scuola. Spesso, però, la vita, seppur tranquilla, ci presenta degli ostacoli di cui non riusciamo a raccontare o a confrontarci con gli altri, situazioni che possono sembrare banali, ma che ci fanno stare in tensione, in ansia, oppure ci fanno ricordare di essere soli, di non riuscire a comunicare a nessuno il nostro stato di disagio emotivo, per cui tentiamo di trovare qualche sfogo, una via di uscita che ci permetta di staccare dal nostro iter quotidiano e di fare una piccola follia che possa darci l’opportunità di ritrovare la forza di vivere e di continuare.
Park Ha-kyung quando vuole staccare da tutto, quando desidera sparire dalla sua vita, dall’ordinarietà, scompare per un giorno, si mette in viaggio da sola, per mete diverse, non troppo lontane, raggiungibili quasi sempre con autobus o treni, senza strafare, ma solo per camminare, mangiare qualcosa e sentire il giorno scorrere in modo diverso, riuscire a sentire l’essenza della giornata e ricaricarsi, scoprire nuovi volti, immergersi, pur rimanendo sola, in una immensa e infinita marea di umanità.
“Quando desidero scomparire, faccio gite di un giorno. Cammino, mangio e lascio vagare la mente”.
Il suo giorno di riposo è il sabato e, per ciascuno degli otto episodi, Park Ha-kyung ci porterà con sé nel suo ricco mondo interiore e nello stato d’animo diverso per ogni meta che poi non saranno mai gite dettagliatamente organizzate, ma un puro vagare discreto per sbloccare la mente, come nel primo episodio, quando la camminata in mezzo al bosco riesce a rasserenare l’animo più di una seduta o di un ritiro o nel secondo episodio, ”Sogni e dolore gocciolanti”, quando si reca per la prima volta a Gunsan e la sensazione di nostalgia rende tutto piacevole, lì va a trovare una sua ex allieva (interpretata da Han Ye-ri di “Minari”) che si è trasferita aprendo una sua bottega d’arte alternativa e Ha-kyung capisce che la sua alunna ha bisogno di conferme e di supporto. Simpatica l’entrata della protagonista nel negozio particolare di fiori a Gunsan dove acquista la gipsofila gialla il cui significato è “continua così”. L’atmosfera all’interno della bottega d’arte che chiede ospitalità ad una caffetteria con lettura tarocchi è un’esperienza surreale dove, però, Ha-kyung intuisce il dolore della sua giovane alunna e cerca di rendere quella giornata un valore aggiunto per ricaricare di fiducia la ragazza, senza farlo capire, Ha -kyung non è una chiacchierona, non disperde consigli, ma è una brava ascoltatrice, come qualcuno le dirà in un altro episodio, lo intuiamo dai suoi modi di fare, dalla sua gentilezza e discrezione e dallo stupore che prova ad ogni angolo del suo viaggio, per qualsiasi soffio di umanità che soffre o che sta vivendo un periodo di profonda incertezza.
Le gite raccontate in questo drama hanno la capacità di affrontare l’incertezza che proviamo ogni giorno in ogni cosa e quel clima di felicità illusoria che si sfalda in poco tempo nella società che viviamo e respiriamo quotidianamente. Può davvero aiutare se stessi scomparire per un solo giorno, per vagare senza uno scopo o un fine preciso?
“I pazzi viaggiatori sembrano nascere e scomparire con l’alba del 20° secolo. Hanno trovato qualche cura miracolosa? O non c’era niente di sbagliato per cominciare? L’inizio dell’umanità arrivò con un gruppo di nomadi. Il problema è che vogliamo sempre un posto nuovo e una volta raggiunto quel luogo, c’è un’incessante ricerca di un altro. Siamo destinati a perderci con il costante vagare”.
Mentre Park Ha-kyung si interroga costantemente sulla propria esigenza delle sue brevi gite dei sabati, capita anche di dover restare nella propria città a causa delle cattive condizioni metereologiche, per cui anche l’uscire da casa e camminare per le strade che conosce, ma a cui non si fa mai caso, può sembrare un viaggio. Si rifugia in un piccolo museo per ripararsi dalla pioggia e lì incontra un piccolo gruppetto di studenti accompagnati da un collega insegnante d’arte che rivaluta in modo differente, perché lontana dalla scuola e con il quale scambia considerazioni e riflessioni sulle nuove generazioni, su come poter accompagnare il loro percorso di crescita con dei consigli che abbiano un senso duraturo.
Tra i miei episodi preferiti vi è quello ambientato a Busan durante la rassegna dei film per il festival del cinema dove Ha-kyung vivrà un vero e proprio Meta-Romance con il personaggio interpretato da Koo Kyo-hwa (“D.P.”, “Kingdom”, “Avvocata Woo”) alla scoperta del romanticismo o forse della fantascienza romantica tra la visione del “Le Voyage Dans La Lune” e le riflessioni serali, scomparendo prima l’una poi l’altro come se fossero incastrati in due dimensioni diverse e, negli attimi di incontro, parlando di amore e di come sia un concetto difficile per la società moderna per la paura di rovinare le relazioni e il dubitare sempre di se stessi, anche se la vita, in realtà, è sbagliarsi. E, così, in un film senza fine, forse si rincontreranno ancora o forse è solo per un attimo che le loro strade si sono incrociate.
Altro viaggio indimenticabile è quello nei suoi ricordi d’infanzia a Sokcho, l’unica vera vacanza fatta con la famiglia dove Ha-kyung, dopo aver riflettuto sulle scelte fatte dagli adulti quando era piccola, quando i genitori e le persone di quella generazione hanno sfidato la tempesta facendo diversi sacrifici, rapporta la sua esperienza e la sua esistenza di adesso che ha raggiunto l’età che avevano i genitori in quel periodo. Cosa è cambiato? Cosa è successo? Ci sono lotte per ogni generazione, anche silenziose, quasi invisibili, ma non è mai facile vivere. Qui, sulla via del ritorno, incontra, alla stazione degli autobus, due coniugi anziani che attendono con lei il bus, il marito interpretato dall’immenso Park In-hwan (“Navillera”) inizia a criticare la politica del paese e il welfare, a voce altissima, quasi per avere testimoni della sua sofferenza e infelicità causata dall’appartenere ad una generazione che non viene più ascoltata, mentre le nuove stanno deteriorando la società e Ha-kyung verrà coinvolta in un discorso che non avrebbe mai voluto sostenere, ma invano. Quando poi sul bus ascolta i discorsi dei due coniugi a telefono con i nipotini si rasserena nuovamente, capisce lo stato d’animo dei due anziani, empatizza, e, all’arrivo alla stazione di casa, si avvicina a loro per chiedere perdono del suo eventuale comportamento irrispettoso. I due la guardano con tenerezza, le danno alcuni biscottini preparati per i nipoti e la signora le dice di non scusarsi perché tanto entrambi erano preoccupati nello stesso modo per il Paese, cambia solo il modo di agire. Una prova meravigliosa di discussione e confronto tra generazioni!
Merita molto anche l’episodio ambientato al planetario dove alcune ore prima, in un ristorante vicino, la nostra protagonista ha riconosciuto la sua fumettista preferita, autrice de “Il canguro danzante” interpretata dalla bravissima Gil Hae-yeon (“Something in the Rain”, “One Spring Night”, “The Silent Sea”), a lei Ha-kyung confida che i suoi fumetti le hanno fatto una gran compagnia, l’hanno confortata e le sono stati d’aiuto in un momento in cui si sentiva sola e non capita e, ancora adesso, colleziona tutti i suoi fumetti.
Tanti altri personaggi e visi incontrati nelle gite dei sabati di Ha-kyung, interpretati da attori che donano alla storia una preziosa armonia, da Shim Eun Kyung (“The Journalist”), con un bellissimo ruolo nell’ultimo capitolo del drama, a Park Se-wan, da Cho Hyun-chul (“Hotel del Luna”, “D.P.”) a Seo Hyun-woo (“Flower of Evil”, “Adamas”) alla cantautrice Sunwoo Jung-a. Meravigliosa ost da ascoltare in un pomeriggio di pioggia o sulla strada per andare a lavoro.
Consiglio di recuperare questo drama che, seppur breve, comunica moltissimo al cuore dello spettatore e ci richiama ad un debito che abbiamo tutti quanti con noi stessi, “Resistere, vivere, non impazzire”.
“Credo ancora che viaggiare sia il paradiso degli sciocchi. Non è molto divertente o significativo. Dopo aver vagato senza meta, ci sono solo fugaci momenti di lucidità, ma è questo che lo rende divertente. Quindi se hai voglia di sparire, fallo. Se sei solo, in un posto strano, e non ti senti molto coraggioso, allora fallo durare solo un giorno. Se puoi camminare, mangiare e lasciar vagare la mente, starai bene comunque”.
Memoru Grace

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