Piccolo breviario per orientarsi nel mondo seriale asiatico: il principio di imitazione, emulazione e diffusione

Rieccoci tornati a cercare delle linee guida per orientarci nel panorama delle serie made in Asia con un terzo capitolo. Abbiamo visto che cosa sono i drama e come sono sorti (capitolo 1) e il fumetto all’origine del drama (capitolo 2) e, in tutto ciò, abbiamo scoperto come, partendo dal Giappone, la tendenza si sia diffusa via via in tutto l’Estremo Oriente, pur con caratteristiche diverse fra loro, per raggiungere l’apice, negli ultimi due decenni, in Corea del Sud. Tant’è che spesso le idee (e le trame) si diffondono da un paese all’altro in poco tempo. O, meglio, quando un’idea di un format tv proveniente da uno Stato viene particolarmente apprezzata, immediatamente si tenterà di ricalcare qualcosa di simile in un altro Stato, che essa sia uno show, un reality o un drama, e, talvolta, la nuova idea può essere talmente ben sviluppata da soppiantare quella originaria. Ricordo che in letteratura si parlava di qualcosa di simile con il principio di imitatio ac aemulatio (ovvero di imitazione ed emulazione). Qui, possiamo parlare del principio di imitazione, emulazione e diffusione, perché questo circolo messo in moto nell’universo dei drama va oltre il concetto del semplice remake.

Sappiamo tutti che il remake è, di fatto, un rifacimento di un vecchio copione, già andato in scena, magari con il passare degli anni o, spesso, anche spostandosi da un paese all’altro per cambiarne personaggi e ambientazione (vedi quello che è successo con alcune sceneggiature di Muccino riadattate in USA). E sappiamo pure che è una tecnica che rischia spesso di diventare pericolosa, perché spostare nel tempo e nello spazio la stessa storia già sfruttata può svuotare di significato la storia in sé e creare un prodotto poco originale, anche perché poco confacente alle corde degli spettatori di un determinato paese. Però, ve lo assicuro, in Estremo Oriente, sanno come muovere le carte del remake, proprio sulla base di questa sottile linea tra imitazione ed emulazione, per cui, senza fare una banale copiatura, creano dal nulla una nuova storia, con una semplice ispirazione di fondo. Ed è per questo motivo che, certe volte, ci sembra di trovare somiglianze disseminate qua e là in drama diversi, eppure tutti di un certo valore.

Prendendo per assodato che la prima fonte d’ispirazione sono sempre i manga/manhwa o i webtoon, una storia illustrata a fumetti può aver fornito non una, ma innumerevoli ispirazioni in diversi paesi. Un caso, ad esempio, è fornito da Hana Yori Dango (花より男子), ovvero Dango anziché fiori, che, detto così, potrebbe non rammentarvi nulla, a meno che, tra gli anni ’90 e gli anni 2000, non siate stati degli appassionati lettori di manga. Il primo albo del manga, illustrato da Yoko Kamio, uscì in Giappone nel 1992 e proseguì le sue pubblicazioni fino al 2003, ottenendo un vero e proprio successo di critica e pubblico. Tant’è che, quasi dieci anni più tardi, nel 2002, arrivò anche in Italia, edito da Planet Manga di Panini Comics e ben inserito in quel filone manga shojo (ovvero manga per ragazze) che, all’epoca, sembrava iniziare ad andare forte anche tra le adolescenti italiane. E qui, in effetti, mi inserisco anch’io, visto che, in quel periodo, uno dei miei passatempi era acquistare manga con i miei risparmi e visto che, avendo collezionato tutto Marmalade Boy proprio in quegli anni, ero sempre super attenta a tutte le uscite shojo, che potevano incuriosirmi. Tra queste, le avventure di Tsukushi Makino, ragazza povera, ma intelligente e fortemente determinata ad affrontare i ricchi bulletti di una scuola esclusiva, mi interessavano parecchio. Così, due anni dopo, nel 2004, tentai di recuperare la serie anime ispirata al manga, che, però, in Italia fu tradotta nel tragico Mille emozioni tra le pagine del destino per Marie-Yvonne, portando Planet Manga a rinominare gli albi come Mille Emozioni e il nostro doppiaggio a chiamare la buona Tsukushi Makino come Marie-Yvonne Tudor, senza alcuna spiegazione. Tra l’altro, in Italia ignoravano beatamente tutti che Hana Yori Dango fosse diventato un vero e proprio caso in patria con un film live action del 1995 e ben due serie live action Hana Yori Dango del 2005 e Hana Yori Dango 2 del 2007, seguite da un film finale Hana Yori Dango Final del 2008, che introduce una svolta giallo-rosa alla storia. Ignoravamo pure che tutto questo grande successo giapponese aveva pervaso anche Taiwan, tanto da aver girato ben tre serie (dal 2001 al 2003) che si ispiravano alla storia di Hana Yori Dango, con la differenza di ambientarla a Taipei e tra studenti universitari e di aver trasformato i quattro bulletti ricchi e viziati con cui la protagonista ha a che fare nei componenti di una boy band denominata F4. Si tratta del drama Liu xing hua yuan (流星花園), che divenne noto a livello internazionale con il titolo Meteor Garder, e dei suoi sequel, Meteor Garden II e Meteor Rain. Il drama divenne un successo in tutta l’Asia, superando anche la versione giapponese, anche perché quell’introduzione pop era perfettamente in sintonia con le trasformazioni che stavano avvenendo nel mondo musicale e i protagonisti componenti della band F4 erano, a tutti gli effetti, dei veri e propri cantanti, componenti della band JVKV, autori anche della sigla di apertura e di quella di chiusura. Inoltre, il drama fu esportato in tutta l’Asia dove raggiunse picchi di share altissimi (nelle Filippine, arrivò quasi al 50% di share, che, per intenderci, da noi non lo fa più nessuno almeno dai tempi di Fantastico).

Adesso avete capito di cosa stiamo parlando?

Nel 2008, in Corea del Sud, iniziarono ad elaborare una sceneggiatura vagamente ispirata al manga giapponese e al drama taiwanese e il 5 gennaio 2009 andò in onda il primo episodio di Kkotboda namja (꽃보다 남자), ovvero Boys Over Flowers, traducendo il senso dell’espressione che dà il titolo al manga giapponese e che indica la preferenza per cose materiali su quelle più artistiche e spirituali. Boys Over Flowers non è un semplice k-drama, ma un pilastro del genere, che in 25 episodi lanciò la carriera di Lee Min-ho (con tanto di premio Baeksang come miglior attore emergente) e totalizzò picchi di share irraggiungibili, entrando di diritto nel gotha dei drama. Sì, rivisto come adesso ci si accorge che Lee Min-ho ha una permanente esagerata e indossa la pelliccia, che lui e i suoi amici della gang F4 hanno atteggiamenti stereotipati e che tutta la serie è costellata da tanti di quei cliché da risultare superflua persino la scena madre dello schiaffeggiamento col kimchi, ma, suvvia, siamo solo nel 2009, che, in Corea del Sud, corrisponde circa al nostro 1984, per cui va bene anche così. Perché quel drama, che non era un semplice remake, visto che tentava di unire manga, drama giapponese e drama taiwanese, è diventato, a sua volta, fulcro del principio di imitazione ed emulazione per altri drama e per la loro diffusione. Così, nel 2018, nella Cina popolare è stato prodotto il drama Liu xing hua yuan ( 流星花园), ovvero Meteor Garden, che si ispira direttamente solo alla prima stagione del drama omonimo di Taiwan (anche per l’ambientazione universitaria, ma senza boyband), pur introducendo elementi chiave del manga giapponese e del drama coreano, come certe caratterizzazioni dei personaggi. Curioso il fatto che diverse cose, reputate troppo violente o rischiose per la politica comunista cinese, siano state edulcorate e cambiate, mentre sia stato introdotto l’elemento del gioco d’azzardo (come vera fonte di reddito degli F4), che in Corea è stato censurato. In ogni caso, anche questa nuova versione ha ottenuto un enorme successo, visto che è riuscita ad arrivare dove, prima, i prodotti del mondo capitalista asiatico non potevano: come il Vietnam, ad esempio, che oggi è uno dei più grandi fruitori di drama, provenienti, anzitutto, dalla Cina. Per cui, in questo giro dell’Asia, non poteva di certo mancare la versione in stile lakorn thailandese, F4 Thailand (หัวใจรักสี่ดวงดาว), che, prodotta tra il 2021 e il 2022, ha dichiarato di ispirarsi sia a Meteor Garden, entrambe le versioni, che a Boys Over Flowes, senza dimenticare il manga. Praticamente, hanno creato un franchise che nemmeno la Marvel sarebbe riuscita.

Ma questo è solo un esempio di come i generi, le storie, gli script, che sono particolarmente apprezzati, si possano spostare in tutta l’Asia, pur adattandosi a contesti diversi.

Mentre scrivevo la recensione di Start-Up, ad esempio, mi è capitato di leggere che ne era stata creata una versione propria nelle Filippine, non nuovi a questi remake e, talvolta, ai remake dei remake, visto che, avendo sempre raccolto un ampio pubblico intorno alle telenovelas sudamericane, sono riusciti a fare anche dei remake misti in un principio di imitazione, emulazione e diffusione portato al parossismo estremo. E, così, hanno trovato una versione filippina anche Full House, My Love from the Star, A World of Married Couple, fino ad arrivare a Descendants of the Sun, script che ha trovato molto successo in tutta l’Asia, tanto da guadagnarsi pure una versione birmana e una vietnamita. Oltre ad una versione cinese, ovviamente, considerata prima ispiratrice dal punto di vista politico. E non solo, perché pure uno dei più grandi fornitori di idee d’ispirazione, il Giappone, si è trovato a rimaneggiare una versione patria del sudcoreano Itaewon Class, dal titolo Roppongi Class (anche se non con grandi risultati), mentre l’altro grosso fornitore di idee, la Corea del Sud, è partita da un’ispirazione giapponese per l’ottimo risultato di Love Affairs in the Afternoon.

E così via. Ci vorrebbe uno spazio a sé solo per citare tutti i remake e i remake dei remake e i rimaneggiamenti che vanno avanti per tutta l’Asia e come facciano ad adattarsi così perfettamente alle diverse realtà – certo, talvolta in modo più felice e talaltra no. Resta fermo, però, che un remake non va mai ad escludere la fonte originale e credo che questo sia uno dei punti fondamentali da considerare e a cui spesso non siamo abituati, presi da una cultura dove un remake made in Hollywood tende spesso ad oscurare la prima versione. Qui si tratta di ispirazione ben dichiarata e, quando si decide per un rimaneggiamento simile, è un vero e proprio tributo all’arte della prima opera che, molto spesso, aiuta un popolo ad avvicinarsi ancora di più alla serie originale, prima ancora che al suo remake.

Un esempio è costituito da Flower of Evil versione indiana. Infatti, l’India è stato forse uno dei paesi asiatici più restii ad avvicinarsi al mondo dramoso e, se oggi i k-dramas e i j-dramas stanno iniziando ad avere un certo successo anche lì, in parte è dovuto alla decisione di creare dei remake di alcune serie, nonostante il prodotto finale ancora non risulti proprio così gradevole. Ma Lee Joong-ki, che è un signore e che del principio di imitazione, emulazione e diffusione ha capito tutto, ha supportato talmente tanto i suoi colleghi indiani sul set di Flower of Evil da spronare lo share del remake in India (e, ovviamente, anche quello della sua serie originale).

D’altronde, quando ci si trova davanti qualcuno che s’ispira al proprio lavoro, non si può fare altro che esserne lieti e sentirsi valorizzati, perché essere d’ispirazione significa diventare un modello a cui rifarsi e da citare come fonte. Certo, questo sempre quando il rimaneggiamento viene fatto con stima e rispetto, come anche Lee Joong-ki approverebbe. Per le mere copiature, non vale nemmeno spendere due parole. Ma questa è un’altra storia.

Captain-in-Freckles

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