Ammetto che sembra quasi un articolo del tipo “fatto male e recensito peggio”, visto che non riesco ancora a capire quali contingenze astrali mi abbiano spinta a recuperare questo drama. Ammetto pure che il doppiaggio italiano che Netflix ha deciso di affibbiare manca di sincrono tra voce e immagine e va a penalizzare ancora di più una trama inconcludente e sconnessa. E, in realtà, mi dispiace anche un po’, perché non sono ancora riuscita a trovare un drama in cui apprezzare per davvero Song – Mister Farfalle – Kang.
Love Alarm è un’app che, connettendosi con i parametri vitali del corpo di ogni utente, permette di individuare se, in un raggio di metri piuttosto ristretto, sono presenti persone che nutrono sentimenti di amore. In quel caso, l’app invia una notifica (sonora, visiva e comunicativa) per avvertire in modo anonimo che nelle vicinanze è presente qualcuno a cui l’utente piace. In un mondo sempre più influenzato dalle tecnologie e attaccato all’approvazione proveniente da social e spazi virtuali, l’app diventa immediatamente dilagante tra i giovani, arrivando a gestirne subito la vita sentimentale. In questo scenario, Kim Jo-jo (interpretata da Kim So-hyun), adolescente povera, bistrattata dalla zia e dalla cugina peggio di Cenerentola con matrigna e sorellastre, perennemente in depressione e con un passato traumatico alle spalle, scarica l’app e inizia a far battere il cuore del bello e dannatamente ricco Hwang Sun-oh (Song Kang), riempendo il suo Love Alarm di cuoricini di notifiche. Col tempo, però, le sue ansie e le sue paure arrivano a galla e il timore di trovarsi abbandonata e di soffrire per amore la porta a scaricare segretamente uno scudo che scherma completamente le sue preferenze sull’app, così da non inviare a nessuno che le possa piacere la notifica del cuore. Ciò le permette di scaricare brutalmente Hwang Sun-oh, senza fornire una vera spiegazione, e di proteggersi da un eventuale cuore spezzato. Naturalmente, spezza il cuore degli altri, ma, a quanto pare, non è importante. Passano gli anni, Jo-jo è diventata un’ottima studentessa universitaria, che, in incognito, disegna sui social opere di dubbia depressione e di sicuro successo tra i giovani, e incontra di nuovo per caso il suo ex fidanzato, che è ancora innamorato di lei, con tanto di notifica di Love Alarm che si accende sempre e che non riesce ad inviare all’attuale fidanzata. Ma, a peggiorare le cose, ci si mette anche Jung Ga-ram (Lee Hye-yeong), il migliore amico dell’ex fidanzato, che è sempre stato innamorato di Jo-jo e – anche lui – la inonda di notifiche su Love Alarm. A questo punto, la protagonista, che fino a qui già è stata poco lineare, diventa il massimo dell’incoerenza: continua a mantenere lo scudo, ma sa che il suo cuore invierebbe notifiche a Sun-oh e, quindi, lo maltratta quando lo incontra, ma lo va a cercare sempre, salvo, poi, accusarlo di assillarla in continuazione, mentre decide di frequentare Ga-ram, che è lieto anche senza ricevere la notifica di Love Alarm e disponibile a venire alle mani con Sun-oh.
In questo triangolo amoroso (che diventa un quadrilatero se consideriamo anche la fidanzata maltrattata di Sun-oh) che va avanti per la bellezza di quattro anni, si inseriscono, in ordine sparso: una società che diventa talmente dipendente da Love Alarm da creare classifiche, graduatorie ed eventi a punti in base alla popolarità sull’app; la cugina della protagonista che cerca di conoscere l’inventore di Love Alarm e, poi, se ne pente amaramente; uno stalker che pedina Jo-jo ovunque; un serial killer che usa l’app per uccidere donne; un ex compagno di classe geniale e aspirante suicida che nasconde un segreto; un gruppo di anonimi sconosciuti che decidono di togliersi la vita perché nessuno ha mai mandato loro una notifica su Love Alarm; la verità sui genitori della protagonista che si erano suicidati in una setta; etc… Insomma, ad un certo punto, ho contato più morti che in Squid Game! In questa lunga sequela di tragedie e di morti, però, la protagonista matura le proprie paure e comprende che non si deve nascondere di fronte all’amore e che schermarsi è inutile: così, cerca in tutti i modi di liberarsi dallo scudo e, quando fa suonare il Love Alarm di entrambi i corteggiatori, comprende che deve decidere con il cuore e non con un’app. Dopo un centinaio di morti che lo spettatore si è beccato a caso (perché mi sarebbe piaciuto approfondire almeno un caso poliziesco, almeno per non prestare attenzione a personaggi che odiavo, ma niente) e dopo che la nostra paladina ha pestato il cuore altrui con scarpe chiodate (e ha rotto anche altro, personalmente), si arriva al forzatissimo happy ending… Forse… Perché stanno minacciando una nuova stagione.
Il problema di questo drama è il fatto che parte da un’idea originale e accattivante, quello dell’app legata ai nostri sentimenti, e che aveva ben tre strade per affrontare l’argomento (la via sociologica sulla ricerca odierna dell’approvazione sociale, la via psicologica sull’evoluzione dei personaggi e il superamento dei traumi d’infanzia e la via scientifica sull’influenza della tecnologia sulla società) e, invece, non ne segue nemmeno una. Inoltre, laddove vuole aggravare la mano sul pericolo di tale tecnologia e inserisce la componente thriller/giallo, fa una virata del tutto assurda, visto che lo spettatore non riesce a seguire un caso di cui sono forniti pochi dettagli e che si perde nei meandri degli psicodrammi amorosi dei protagonisti (tanto per dire, quando hanno arrestato il serial killer, io ne avevo persino dimenticato l’esistenza).
In ogni caso, ho tratto diversi insegnamenti anche da una visione che non ho apprezzato. Anzitutto, mai farsi coinvolgere dalla tecnologia dei nostri smartphone e dalle piazze virtuali fino a divenirne dipendenti. Quest’insegnamento che penso sia stato il vero fulcro da cui è partita la sceneggiatura del drama dovrebbe essere valido soprattutto per una generazione che è nata con i profili social e che agisce in base a ciò che va più di tendenza al momento, mangia in base a quanto un cibo o un posto possa essere instagrammabile e va in vacanza in base alla quantità di foto che può caricare e che possono essere apprezzate. Una società che aspira all’essere (vedi l’app che si collega ai parametri vitali), ma diventa solo apparire (i punti della graduatoria di Love Alarm) e che, nel falso mito di rendere tutti eguali (l’app appiattisce tutti, senza distinzione di classi sociali e di ricchezza), crea nuove e più profonde discriminazioni (le nuove classi che si generano in base alla popolarità raggiunta sui social). Un concetto che meritava forse un’analisi più approfondita.
Ma ho imparato un’altra cosa – e la scrivo apparentemente a cuor leggero: pare che gli spettri degli ex innamorati escano sempre, sia che voi vi troviate nella posizione di quella povera fidanzata mortificata di Song Kang, sia che voi siate direttamente Song Kang. Per cui liberatevi di certi fardelli, perché è giusto custodire i ricordi, ma non farsi condizionare così da loro per poter prendere di nuovo in mano la propria vita, riparare il proprio cuore e andare avanti. E, se Song Kang non ha accolto le mie urla di incoraggiamento durante la visione, almeno serva come insegnamento personale.
Consigliato: a chi valuta troppo app, smartphone, tecnologia e social e che forse dovrebbe iniziare a liberarsene; a chi ha deciso di riprendere in mano la propria vita, ma deve ancora superare i drammi del passato; a chi non ha prestato attenzione alla mia recensione che vi sta sconsigliando di recuperare questo drama. Però, fate un po’ voi.
Captain-in-Freckles
Piccola chicca: esiste per davvero l’app Love Alarm ed è disponibile gratuitamente in qualsiasi AppStore; in Italia non è ancora stata scoperta, ma pare che in Asia stia iniziando ad andare di moda. Provare per cercare malfunzionamenti vari.

12 pensieri riguardo “Love Alarm (ovvero può un’app gestire i nostri sentimenti?)”