Tanto vale chiarirlo subito, sin dalle prime battute: “Violet Evergarden” è un colpo al cuore, che ti fa singhiozzare dall’inizio alla fine e ti fa riscoprire anche il più piccolo e dimenticato frammento di emozione, che si credeva di aver nascosto da anni nel subconscio. Ergo: se volete solo qualcosa di leggero e scoppiettante e siete convinti che è meglio ignorare quella parte di noi che riesce a provare e a comunicare dei sentimenti, non guardatelo. Nel caso contrario, preparatevi emotivamente, isolatevi davanti alla tv (o al PC) e riemergetene solo alla fine di un’intera maratona per dire ai vostri cari che li amate e che, forse, non lo comunicate mai abbastanza. Perché “Violet Evergarden” è una pozione che va bevuta in un solo colpo, con le lacrime agli occhi, e che sa di dolcezze dimenticate e riscoperte improvvisamente.
La protagonista dell’anime (e, prima ancora, della serie in light novel creata dalla penna di Kana Akatsuki e dalla matita di Akiko Takase) è una “bambina speciale”, un’orfana dalle straordinarie capacità fisiche ed intellettive, cresciuta come una vera e propria arma umana e sfruttata in funzione bellica dall’esercito del fantomatico Stato di Leidenschaftlich nella guerra contro l’Impero di Gardarik. Violet, infatti, esegue alla perfezione gli ordini, sa adoperare tutte le armi, uccide a mani nude e ha una velocità speciale che la rende quasi invisibile sul campo. La ragazza, però, non sa amare, o, meglio, nessuno le ha mai spiegato nulla sull’esistenza di sentimenti e di emozioni umane e, addirittura, sull’umanità stessa. Cresciuta, di fatto, come una macchina da guerra, incapace di ridere, piangere ed emozionarsi, ignara dell’uso della scrittura e della lettura, un giorno viene affidata al Capitano Gilbert Bouganvillea, che le dà un nome, le insegna l’alfabeto, le spiega le insidie del mondo, ma anche la meravigliosa bellezza della miseria umana. Soprattutto, il capitano fa capire a Violet che è un essere umano come tutti gli altri, forse più dotato di capacità fisiche e mentali, ma esattamente lo stesso coacervo di sentimenti, emozioni, rancori e atti di altruismo di tutti i suoi compagni di battaglia, compreso se stesso. Gilbert, nel dare a Violet un nome, le dà un’umanità e le affida il compito di cercare il significato della parola “amare”, che diventerà per Violet il vero filo conduttore della sua esistenza dopo la guerra, quando una mina le porterà via ciò che le era più caro e deciderà di diventare una “bambola di scrittura automatica” per vergare con l’inchiostro sulla carta quello che le persone non riescono ad esprimere, ma che vorrebbero comunicare a chi amano. E, così, l’abilità bellica di Violet si trasforma nel talento di scrivere lettere d’amore.
La sorpresa dell’anime sta anche nella sua perfezione stilistica: la storia inizia quando la guerra è già finita e Violet giace in un letto di ospedale con due protesi meccaniche al posto delle braccia, che ha perso a causa dello scoppio di una mina. Tutta la vicenda bellica e l’incontro con il capitano Gilbert è narrato con sapienti flashback, quasi dei frammenti di ricordi che sono inseriti nelle vicende presenti, mentre Violet tenta di aiutare chi si rivolge alla sua abilità di scrittura ad esprimere le proprie emozioni. Violet aiuta con l’intento di essere aiutata a sua volta, recupera le memorie altrui per recuperare la sua stessa memoria, fa scoprire l’umanità negli altri per far riemergere la propria umanità. Violet cresce e soffre, esce dal mondo dei falsi miti per entrare in quello reale e scopre che dentro di lei c’è una forza molto più grande e molto più salda di quelle capacità fisiche ed intellettive che le erano vantate in guerra: in lei stessa risiede la forza dell’amore.
A fare da contorno alla storia principale, ci sono una serie di personaggi e di vicende in cui si imbatte Violet, una serie di piccole perle incastrate nel suo percorso umano, ognuna una diversa sfaccettatura della parola “amare”: dal fratello invalido di guerra che scrive alla sorella che se ne occupa costantemente, alla principessa che vuole vivere il suo sogno d’amore, alla madre malata terminale che lascia una serie di lettere alla figlia per accompagnare i suoi prossimi compleanni. Ogni piccola storia umana è una stilla purissima, come una lacrima che aiuta Violet nel suo percorso emotivo e sentimentale.
Insomma, quest’anime è di una rara perfezione con qualche soave punta di steampunk, a cui bisogna prepararsi con intensità e… una buona dose di fazzoletti.
Captain-in -Freckles

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