“Ciò che resta alla fine è solo il vuoto”.

Titolo originale: Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba – The Movie: Infinity Castle, 劇場版「鬼滅の刃」無限城編, Gekijō-ban Kimetsu no Yaiba: Mugen Jō-hen
Regia: Haruo Sotozaki
Scritto e prodotto da: Ufotable
Basato sul manga “Demon Slayer – Kimetsu no Yaiba” di Koyoharu Gotouge
Genere: dark fantasy, mystery, action
Film anime, Giappone, 2025
Se siete qui, è perché, tempo fa (non importa quando), avete iniziato la visione (e/o la lettura) di quello che, inaspettatamente, in poco tempo, è diventato uno degli anime/manga più amati in assoluto dagli appassionati del genere (e non solo).
Se siete qui, è perché avete seguito Tanjiro e sorella Nezuko nelle loro vicende dolorose e avete amato il loro legame fraterno; avete sofferto con loro, quando la famiglia è stata sterminata dai demoni e avete sempre saputo che Nezuko era in grado di conservare la sua umanità, pur nella trasformazione demoniaca, con il supporto costante del fratello Tanjiro; avete viaggiato e combattuto con loro, vi siete allenati per diventare cacciatori di demoni e avete conosciuto tanti personaggi, che, col tempo, sono diventati amici e compagni fidati, come Inosuke e Zenitsu, maestri di vita, come i pilastri Kyojuro Rengoku e Tengen Uzui, modelli da seguire, come Gyu Tomioka; avete incontrato alleati importanti, siete stati addestrati dai Pilastri e avete affrontato nemici terribili.
Se siete qui, è perché avete vissuto tutti gli archi temporali della prima stagione di “Demon Slayer“, avete affrontato il mondo dei sogni in “Demon Slayer – Mugen Train Arc” e i rancori di un doloroso passato in “Demon Slayer – Entertainment Distric Arc“, avete salvato un villaggio di forgiatori di spade in “Demon Slayer – The Swordsmith Village Arc” e siete sopravvissuti al terribile allenamento dei pilastri per la battaglia finale in “Demon Slayer – Hashira Training Arc“.
Ma, soprattutto, se siete qui, è perché non temete né il fatto che il capitolo finale della saga, “Infinity Castle Arc” (in traduzione italiana, “Il castello dell’infinito“), non avrà una sere animata, ma sarà illustrato in una trilogia di film cinematografici, che si concluderanno nel 2029, né quella frase di avvertimento che ha messo tutti sulla difensiva: “Alla fine, moriranno tutti“.
Benvenuti nel primo film cinematografico che vede i nostri sprofondare nel catello dell’infinito (modellato sulla base visiva de “La città incantata” di Hayao Miyazaki), dominio di Muzan Kibutsuji e della sua popolazione di demoni, tra cui le terribili Lune Crescenti. Il film anime, che è stato ricostruito in modo eccezionale, con al Ufotable che è riuscita ad unire disegni a mano, animazione in 2D ed effetti in CGI senza alcuna sbavatura tecnica, è anche stato un successo incredibile al botteghino in tutto il mondo: solo in Giappone ha incassato più di 237 milioni di yen (uno degli incassi più alti di sempre per una pellicola d’animazione), mentre in tutto il mondo ha guadagnato più di 600 milioni di dollari, diventando il primo film giapponese a superare la soglia e il film anime con il migliore incasso di sempre.
ATTENZIONE! Ogni spoiler presente di seguito è stato ritenuto necessario.
“Continua a stare dritto e orgoglioso, non importa quanto tu ti senta debole e poco degno. Accendi il tuo cuore, stringi i denti e vai avanti”.
Con queste parole del compianto Kyojuro Rengoku, il Pilastro del Fuoco, assente, eppure mai così presente nei ricordi e nella memoria, immaginiamo che Tanjiro discenda nel dominio di Muzan insieme ai Pilastri e a tutti gli altri cacciatori di demoni richiamati appositamente dal capofamiglia Kagaya Ubuyashiki, morto nell’esplosione della sua dimora insieme alla moglie, Amane, e alle figlie, Hinaki e Nichika. Una volta toccato il terreno, i nostri iniziano a dividersi in diverse direzioni per cacciare quanti più demoni possibile, ma anche per tracciare una mappa del castello dell’infinito da comunicare all’erede della famiglia Ubuyashiki, Kiriya – coadiuvato dai corvi della famiglia Ubuyashiki e dalle sorelle superstiti. Mentre Inosuke e alcuni giovani cacciatori capitano subito ad affrontare schiere di demoni, e Mitsuri Kanroji, il Pilastro dell’Amore, e Obani Iguro, il Pilastro del Serpente, capitano ad affrontare altre schiere di demoni, la storia segue tre linee narrative parallele.
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La prima linea narrativa vede Shinobu Kocho, il Pilastro dell’Insetto, in un luogo del castello che sembra sospeso nel tempo, come un giardino circondato da fiori di loto, avvelenato dalla presenza tossica di Doma, la demoniaca Seconda Luna Crescente. Doma è mellifluo, nichilista ed egocentrico, ha un concetto di compassione completamente travisato e mancante di qualsiasi umanità empatica. Cresciuto come un bellissimo bambino con la luce dell’arcobaleno degli occhi, come se fosse un dono delle divinità, Doma è sempre stato convinto da tutti di essere speciale e di avere un legame speciale con la dimensione divina; per questo motivo, i suoi genitori fondarono un culto misterico intorno alla sua luminosa ed inquietante presenza, convinti dei messaggi divini ricevuti da Doma, che, nella realtà, erano messaggi demoniaci. Alla morte dei genitori, Doma ha preso le redini del proprio culto e, trasformato da Muzan in un demone, ha iniziato a nutrirsi dei suoi adepti, convincendoli di premiarli con la vita eterna all’interno del suo corpo.
Doma è molto più pericoloso rispetto a quanto il suo aspetto magico e perfetto possa fare immaginare e Shinobu lo sa bene, visto che lo riconosce immediatamente come il responsabile della morte della sorella maggiore, Kanae, il Pilastro dei Fiori. Shinobu non ha fisicamente la resistenza della sorella, ma, nel suo aspetto esile e minuto, nasconde una grandissima e cocciuta forza di resilienza, oltre ad un incredibile abilità di mescolare veleni. La sua spada sottile non è in grado di decapitare demoni, ma si carica dei veleni che Shinobu mesce immediatamente nella sua fodera, in modo da avvelenare gli avversari, rendendoli vulnerabili e lenti, per riuscire a sopraffarli. Per Doma i veleni sembrano inutili, visto che il suo organismo si rigenera velocemente, ma, al tempo stesso, la sua malvagità rimane incantata ad ammirare una guerriera veloce e determinata come Shinobu, tanto da considerare un grave crimine ucciderla. Shinobu sa che i suoi momenti sono contati, ferita gravemente dal duello, con i polmoni ghiacciati dall’ambiente creato dal demone e priva di forze per sconfiggerlo, ma sa anche che deve resistere fino all’arrivo della sua allieva Kanao Tsuyuri. Allora, si avvelena e si lascia assorbire da Doma.
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La seconda linea narrativa segue Zenitsu Agatsuma, che, trovatosi da solo nel castello dell’infinito, separato dagli altri compagni, s’imbatte in Kaigaku, nuova Sesta Luna Crescente, dopo la morte dei gemelli Daki e Gyutaro. Kaigaku, in realtà, è un giovane demone con un passato da cacciatore di demoni e da allievo del nonno di Zenitsu, Jigoro. Non si trattava di un allievo qualsiasi, ma del migliore allievo della tradizione del fulmine, l’unico ad avere appreso tutte le respirazioni del fulmine, tranne la prima. Però, quando Jigoro lo aveva nominato suo erede, aveva imposto la presenza del nipote Zenitsu sullo stesso grado, anche se, di fatto, Zenitsu aveva appreso solo la prima respirazione del fulmine, non riuscendo nella pratica delle altre. Da quel momento, il carattere scontroso e cupo di Kaigaku aveva conosciuto l’ira più profonda: convinto di essere più meritevole e di dover eccellere su tutti, non solo non riusciva a capacitarsi del motivo per cui gli era stato richiesto di condividere il potere con Zenitsu, ma si era lasciato consumare completamente dall’invidia. Così, la sua strada si è divisa da quella dei cacciatori di demoni nel momento in cui Kaigaku ha deciso di tradire il suo dojo e la sua famiglia e di farsi trasformare in demone di Kokushibo, la Prima Luna Crescente.
Zenitsu è giudicato debole, pigro, pauroso e impacciato e, pertanto, sottovalutato da Kaigaku, che vede il loro confronto più come una sfida personale che come un episodio della grande battaglia tra demoni e cacciatori. Ed è forse proprio questo suo atteggiamento e questa sua boria, che continua a brillare nell’invidia, che non gli permettono di vedere la crescita reale di Zenitsu. Perché, se è vero che la paura è un super potere, Zenitsu ha imparato da tempo a comprenderla e ad indirizzarla per proteggere coloro che gli sono cari. Inoltre, la forza di Kaigaku è pura e bruta, spesso incontrollata, anche se gestita sulla base di tutte le tecniche di combattimento che ha appreso, ma manca totalmente della lealtà che caratterizza Zenitsu e che va al di là del mondo reale, coprendo anche la memoria di coloro che non ci sono più (come il nonno). Per cui avere appreso solo la prima respirazione del fulmine e saperla applicare bene, come avrebbe voluto suo nonno, si rivela fondamentale per usarla con costanza, parare i colpi dell’avversario e, poi, finirlo con la settima respirazione, una tecnica inventata personalmente.
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La terza linea narrativa segue Tanjiro Kamado e Gyu Tomioka, il Pilastro dell’Acqua, insieme nella corsa all’interno del castello dell’infinito, i quali si trovano davanti il temibile Akaza, la Terza Luna Crescente, colui che ha sconfitto e ucciso Kyojuro Rengoku al termine del “Mugen Train Arc”. Ed è la linea narrativa più intensa e più inaspettata, non solo perché vedere Tanjiro a fianco di Gyu Tomioka ricorda sempre gli inizi della saga e l’inizio del cammino di Tanjiro per diventare un cacciatore di demoni, ma anche perché Akaza è un nemico terribile, potente nei suoi colpi ben assestati, strategico e intelligente, praticamente quasi impossibile da uccidere. Inoltre, la storia si addentra nel rivelare le origini di Akaza, che, nella vita, si chiamava Hakuji ed era stato marchiato già da ragazzino come un ladro.
Hakuji è cresciuto in un mondo terribile, duro e violento, che vedeva la povertà come una colpa e lasciava morire i più deboli, come suo padre, affetto da una grave malattia, per cui nessuno in famiglia era in grado di comprare le medicine e il cibo necessari. Solo Hakuji tentava di provvedere ai bisogni della famiglia, compiendo furti, per i quali veniva ripetutamente punito (da qui i suoi tatuaggi ai polsi) dai magistrati locali, incapaci di interessarsi al suo dramma umano. Morto il padre, suicidatosi per la vergogna di un figlio ladro, e bandito dalla città, Hakuji era stato accolto da Keizo, un maestro di arti marziali con un dojo sguarnito di allievi. Keizo gli aveva offerto una dimora e del lavoro, badando alla figlia malata, Koyuki, e alla sua casa e imparando ogni giorno la sua nuova arte marziale, in grado di superare quelle conosciute finora, ma non in grado di diffondersi, a causa dell’opposizione di un dojo di spadaccini attiguo. Col passare degli anni, la salute di Koyuki migliorava, così come l’animo agitato di Hakuji, che iniziava a comprendere la bellezza della vita e a liberarsi dal dolore e dalla tristezza, avvicinandosi sempre di più a Koyuki. Keizo, che aveva notato i sentimenti dei due giovani e considerava già Hakuji come un figlio, aveva, dunque, deciso di permettere loro il matrimonio, consolidando la nuova famiglia in nuovo clima di speranza per il futuro. Alla vigilia delle nozze, però, approfittando di un allontanamento momentaneo di Hakuji, gli spadaccini del dojo rivale avevano avvelenato il pozzo, uccidendo Keizo e Koyuki e, con loro, tutti i sentimenti e i ricordi positivi di Hakuji.
La sua trasformazione in demone risale, infatti, a quel momento, ovvero a quando, Hakuji, accecato dal dolore e dalla voglia di vendetta, aveva sterminato i colpevoli del doppio omicidio a mani nude, in una carneficina terribile che aveva annientato per sempre il dojo rivale, ma anche se stesso: è da quel terribile dolore che Hakuji si priva del tutto della sua umanità e dei suoi ricordi, accettando di diventare Akaza e di trasformarsi in un demone, il cui obiettivo è essere potente e terribile, ottenere sempre più forza e migliorare nella lotta, in modo da diventare quasi immortale, impossibile da uccidere, perché disgustato dalla debolezza in cui era vissuto.
La sua mente, in realtà, è rimasta incastrata sempre in quel giro di dolore e di ingiustizia che lo ha ossessionato, per cui nessun umano ha mai provato compassione ed empatia per lui e per la sua famiglia e, quindi, tutti gli umani devono essere annientati. Akaza non accetta di essere stato un umano, perché riflette sull’umanità solo gli aspetti negativi della sua esistenza mortale, sopprimendo volontariamente tutti quei momenti unici di gioia e serenità che lo avevano salvato dal baratro. Akaza sa di essere tornato nel baratro più oscuro del suo inconscio, ma vuole costantemente viverci e si attacca alla sua nuova esistenza demoniaca e alla sua accettazione del Male, per non permettersi più di soffrire, anestetizzando il dolore con la crudeltà e la malvagità imposta, non riconoscendo il vecchio se stesso se non come un debole soggetto dell’oppressione altrui.
La battaglia con Tanjiro si svolge su due diversi piani: uno, quello reale della dimensione fisica, in cui le forze dei contendenti si confrontano e di affrontano a suon di colpi di mani e di fendenti di spada; un altro, quello della dimensione psicologica, in cui entrambi ricorrono al recupero – volente o nolente – della memoria emotiva di se stessi. Se questo secondo piano è sempre stato deliberatamente la vera arma vincente di Tanjiro, capace di risalire ai ricordi passati per fortificarsi nel presente, ma anche capace di indurre nei suoi contendenti questa ricerca emozionale di se stessi, mettendoli di fronte alla propria coscienza, per Akaza si rivela essere il suo volontario epilogo e la sua nuova accettazione del dolore, perché in esso non solo trova la sua umanità perduta, ma anche le emozioni e i sentimenti che ha deciso di cancellare e, con essi, i ricordi delle persone amate.
Akaza non è destinato ad essere ucciso come un demone qualsiasi, ma non è nemmeno destinato ad eseguire il piano di demoni superiori di cui ha accettato solo il dono della potenza: è un personaggio a sé, fuori dal comune, tragicamente shakespeariano, che si trova ripercorre la sua vita come se riavvolgesse una pellicola, si guarda, si giudica e si libera nella sua auto-punizione finale. Condannato a rigenerarsi nell’oblio della memoria, sceglie l’oblio della sua fisicità e della sua vita nel recupero della sua memoria.
E, in questo, si rivela essere uno dei personaggi più drammatici e più incredibile dell’universo dell’animazione, oltre che il vero grande responsabile dei fiumi di lacrime versati dagli spettatori in sala.
“Non sei nato come un mostro”.
Laura
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