“La vera felicità non è ottenuta tramite l’autogratificazione, ma attraverso la fedeltà ad un proposito degno”.
(Helen Keller)
Raro trovare definizioni corrette per la locuzione “buoni propositi”, visto che, col tempo, quest’espressione ha assunto quasi più il significato di una lunga “to do list”, più dei compiti immediati, che un progetto per migliorarsi. Da qualche parte avevo letto che i buoni propositi sono un’ambizione verso se stessi, un progetto ideale legato al rispetto per il proprio futuro, per arricchirsi e valorizzarsi. Per cui non è necessario iscriversi a corsi e a scuole, ma prendersi del tempo e capire se stessi, diventare protagonisti della propria vita e non delle opache comparse di passaggio nelle vite altrui. E, allora, i buoni propositi partono da noi stessi, da quella capacità di accettarci e comprenderci, pur con tutte le nostre debolezze e tutte le difficoltà della vita, di crollare nel baratro più profondo della tristezza per, poi, ripartire, di costruirci piano piano, un mattoncino alla volta, mantenendosi fedeli con il proprio animo, equi e tenaci.
Per questo motivo, di seguito propongo due drama coreani, che sono piccoli gioielli di umana caparbietà e resilienza, buoni propositi per uscire dai vortici inquieti della vita e dal desiderio di perdersi e di annullarsi, perché aiutano a ripartire da sé e a valorizzarsi: “Would You Like a Cup of Coffee?” (in originale 커피 한잔 할까요?), un piccolo drama di dodici episodi da trenta minuti l’uno, adattato dal manhwa “How about a cup of coffee?“, scritto da Huh Young Man e Lee Ho Joon e illustrato da Huh Young Man, che è anche il posto giusto dove trovare conforto e recuperare l’energia necessaria per riprendere in mano la propria vita; “Boyhood” (noto anche come “Once Upon Boyhood“, in originale 소년시대), prodotto dalla Coupang Play e dagli stessi autori di “The Fiery Priest“, drama conciso di 10 episodi, falsamente girato come una commedia, che affronta le tematiche del bullismo, della violenza scolastica, della depressione e del senso di sconfitta tipico dei “vinti” per donare la motivazione giusta su come affrontare il mondo.
=======================
Would You Like a Cup of Coffee?

(커피 한잔 할까요?, “Shall I have a cup of coffee?”, “How about a cup of coffee?”)
Corea del Sud, 2021 – Slice of Life, Comfort Drama, Corale
12 episodi
Cast: Ong Seong-wu, Park Ho-san, Seo Young-hee, Kim Ye-eun, Choo Ye-jin, Kim Wang-geun, Lee Joo-shil, Song Jae-ryeong, Kim Yool-ho
Scritto e diretto da Heo Young-man
“Se non puoi sopportare l’attesa, allora dovresti lasciar perdere subito”.
2019. Periferia qualsiasi di Seoul. Kang Go-bi (Ong Seong-wu di “Strong Girl Nam-soon“) non sa davvero ancora cosa fare della propria vita. Si vede esclusivamente come un perdente, abituato a fallire e a non realizzarsi, latore solo di cattive notizie in famiglia, incapace di trovare un lavoro, ma con il potere straordinario di sbagliare tutti i test d’ingresso all’università. Dopo l’ennesimo fallimento, non sapendo come comunicarlo alla madre e senza capire se vale la pena mollare quella strada impervia che gli altri hanno pensato per lui, entra al Café2Dae, una caffetteria piccola e confortevole, con una grande vetrata sulla strada e mobili di legno, per stare un po’ da solo davanti ad una tazza di caffè e riflettere, dimenticandosi del mondo. “Dovrei prendermi una tazza di caffè forte e ripartire di nuovo da zero“, si dice Go-bi. Invece, le ore passano e Go-bi non si muove dal tavolo e dal suo caffè, conscio che quello è l’unico posto al mondo dove può stare bene con se stesso.
Quando il giorno dopo esce di casa, si trova a dirigersi senza pensarci di nuovo alla caffetteria che lo ha accolto quando si sentiva inutile e depresso e, allora, comprende veramente quale sia il suo posto nel mondo e propone al proprietario, Park Seok (Park Ho-san di “My Mister” e “Unlocked“), di assumerlo e farlo diventare un barista. Solo che Park Seok non è semplicemente un normale gestore di una caffetteria: per lui ogni tazza di caffè che prepara non è solo un’arte vera e propria e un momento di sacra connessione con l’aroma del caffè e quei piccoli minuscoli chicchi che sembrano pietre preziose, ma è soprattutto una tazza di conforto nei confronti di chi decide di accogliere, come se quella sua caffetteria fosse una casa sempre aperta a comprendere, a dare sollievo e ad aiutare a ripartire.
Quello che inizialmente a Go-bi sembra un ripiego in attesa di trovare il proprio posto nel mondo e di decidere se riprendere a studiare o trovare un lavoro migliore e che, col tempo, sembra diventare un’ambizione e un’aspirazione a realizzarsi nel mondo del commercio, in realtà, si dimostra qualcosa di diverso, perché può comprendere se stesso e chi lo circonda, può crescere lentamente, ma con energia e imparare il valore dell’empatia e della comprensione.
Intorno al Café2Dae, Go-bi scopre la vita di tutti i giorni e s’imbatte in una piccola umanità ordinaria, con i suoi problemi, le sue angosce, le miserie, ma anche i sogni, da cui apprende, giorno per giorno, molto di più del mestiere di barista: l’immigrato vietnamita che non può permettersi un pasto completo e che manda tutti i soldi a casa, la sceneggiatrice che scrive intere opere in caffetteria e impara a comunicare con la figlia ribelle, la panettiera che lavora giorno e notte e la figlia che vuole creare dolci nuovi, il disoccupato che crea una start-up nelle lunghe ore passate in caffetterie e il blogger irascibile che valuta tutti i locali.
E, poi, la crisi economica dovuta alla pandemia da COVID-19, le difficoltà a riprendersi e a riparare i danni causati dall’inattività, la concorrenza delle grosse catene e i cambiamenti dell’urbanizzazione che portano le persone ad allontanarsi da alcune zone della città e ad abbandonare le piccole caffetterie. Ma i sogni rimarranno sempre gli stessi, se non in grado di superare gli ostacoli, necessari, comunque, ad arginarli e ad ammorbidirli, ad adattarsi e a far continuare i propri propositi, giorno per giorno, senza demordere l’ambizione di essere se stessi.
Curiosità: il manhwa a cui è ispirato ha fatto talmente successo in Asia da diventare fonte anche di un omonimo film di Taiwan, prodotto nel 2022 e interpretato da JC Lin, Sonia Sui e Rhydian Vaughan (titolo originale 歡迎光臨 二代咖啡).
Come suona questa recensione?
===============
Boyhood

(소년시대, “Once Upon a Boyhood”, “Boys’ Generation”, “The Hidden Dragon”)
Corea del Sud, 2023-2024 – Dramedy, Coming of Age, Action
Cast: Im Si-wan, Lee Sun-bin, Lee Si-woo, Kang Hye-won, Seo Hyun-chul, Joo In-young, Lee Sang-jin, Kim Jung-jin
Diretto da Lee Myung-woo
Scritto da Kim Seong-han e Kim Jae-hwan
“La vita consiste tutta in questo, respirare, mangiare e dormire. E, allora, perché è tutto così complicato?”.
1989. Onyang, cittadina della provincia del Sud Chungcheong. Jang Byeong-tae (Im Siwan, protagonista di “Misaeng – Incomplete Life“, “Summer Strike“, “Run On“, “Strangers from Hell” e anche nel cast di “Squid Game“, che per il suo ruolo in “Boyhood” ha vinto anche il Blue Dragon Series Awards come migliore attore protagonista ed è stato candidato a numerosi premi) ha un unico desiderio nella vita: quello di non essere più picchiato e bullizzato da chiunque o, perlomeno, di non essere picchiato almeno per un solo giorno. Solo che, nel momento in cui è convinto di aver memorizzato tutti i movimenti dei suoi aguzzini bulli e di poterli prevenire, la sua famiglia decide di trasferirsi di corsa a Buyeo per evitare l’arresto del padre (Seo Hyun-chul di “Welcome to Samdalri“), che gestisce una sala da ballo clandestina.
Ed è così che Byeong-tae si ritrova iscritto all’Istituto agrario di Buyeo e va a vivere con i genitori sotto lo stesso tetto di vecchi conoscenti di Onyang, rincontrando anche Park Ji-young (Lee Sun-bin di “Work Later, Drink Now” e “The Potato Lab“), sua vecchia amica di infanzia, che da piccola era abituata a picchiarlo, ma anche a proteggerlo dai bulli del quartiere e che ora finge di essere una comunissima studentessa, nascondendo l’identità della Vedova Nera, una temibile ragazza che picchia per le strade come Bruce Lee contro le teppiste della zona.
Poco prima di iniziare a frequentare la sua nuova scuola, Byeong-tae atterra per sbaglio in bicicletta su Jung Gyeong-tae (Lee Si-woo di “DoDoSolSolLaLaSol” e “Perfect Family”), conosciuto come la Tigre Bianca di Ansan, il teppista più temuto della sua generazione, ma anche l’alpha che l’Istituto agrario attende per prendere il predominio della città contro l’Istituto tecnico. Mentre Gyeong-tae finisce in ospedale con un’amnesia, il clima d’attesa da parte di tutta la scolaresca, l’assonanza dei nomi e una serie di circostanze casuali fanno credere che Byoeng-tae non sia altro che la vera Tigre di Ansan, pronto a guidare i ragazzi del suo istituto. E, per la prima volta, il sogno segreto di Byeong-tae si realizza: non solo non viene più picchiato, ma diventa la massima autorità tra i propri coetanei, amato e rispettato da tutti, valorizzato per quello che sa fare e considerato da tutti in modo diverso, anche perché è l’unico capace di mettere d’accordo i bulli e i perdenti, di evitare qualsiasi lotta e di aiutare anche i più deboli.
L’illusione sembra reggere per un po’ di tempo, fino a quando Gyeong-tae non arriva a scuola a riprendersi il suo scettro e inizia il clima di terrore per i ragazzi dell’Istituto agraria di Buyeo e, soprattutto, per Byeong-tae, colpevole di aver finto di essere chi non era e punito ogni giorno con violenza fisica e psicologica continua, tanto da fargli desiderare di morire.
Ma “la vita è preziosa e non vale la pena buttarla via in questo modo“. Anzi, bisogna riprendersela dai soprusi che schiacciano l’animo e, se una tigre riesce a terrorizzare i suoi coetanei e non solo, occorre diventare un drago fiero e possente per affrontare tutti gli aguzzini che si parano davanti e per batterli, uno ad uno, distruggendo la gerarchia e creando un mondo più giusto e più equo. Così, indossata una maschera da wrestling improvvisata e dopo essersi esercitato con costanza, Byeong-tae, da umile e insignificante perdente perennemente bullizzato, diventa quel giustiziere di cui tutti avevano bisogno, ma soprattutto diventa la persona che voleva essere, accettando la vita, senza perdersi d’animo, e amando le persone che lo hanno sempre sostenuto e supportato.
Per parafrasare il film di Frank Capra “La vita è meravigliosa“, nessun uomo è un fallito quando ha degli amici. E Byeong-tae con il suo improvvisato drago blu si rende conto presto di essere circondato da tanti draghi leali e amici, quelle anime gemelle riconosciutesi al primo sguardo, che tutti definiscono perdenti, ma che sono legati da un’invisibile fratellanza, pronti ad aiutarlo come meglio possono per cambiare ogni cosa. Perché i perdenti sono solo quelli che hanno deciso di non lottare per qualcosa di giusto, ma di adagiarsi sui soprusi e sulla violenza per terrorizzare gli altri.
Curiosità: ogni episodio si intitola come un film o un drama famoso (“Crouching Tiger, Hidden Dragon” è il titolo internazionale de “La tigre e il dragone”; “My Love don’t cross that River” si rimanda all’omonimo film-documentario del 2013; “You can’t stop them” riprende il titolo di una sit-com coreana del 2000-2002; “One Fine Spring Day” è un famosissimo film melo di Hur Jin-ho; “Love and War” è una commedia sudcoreana del 2008; “Everything, Everywhere, All at Once” s’ispira chiaramente al famosissimo film premio Oscar; “Even Though I Hate You, Once Again” parafrasa con qualche modifica il titolo di una serie di film iniziata nel 1968; “A Bloody Battle for Revenge” è un film di arti marziali scritto, diretto e interpretato da Lee Kyung-kyu; “The Foul King” riprende l’omonimo film di Kim Ji-woon con Song Kang-ho su un atipico campione di wrestling; “Six Flying Dragons” è ispirato all’apprezzatissimo drama del 2015 con Yoo Ah-in).
Come suona questa recensione?
Laura

Una opinione su "Good Resolutions (Part II): Would You Like a Cup of Coffee & (Once Upon a) Boyhood"