“Qualsiasi cosa la vita ti darà, vivila sempre, fino in fondo. Sii felice, sii te stesso e vivi la tua vita”.
E’ verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un buon patrimonio debba necessariamente cercare una moglie. Iniziava così la penna sobria e ironica di Jane Austen nelle prime battute del suo romanzo “Orgoglio e Pregiudizio” o sbaglio? Ebbene, sotto sotto, forse la società non è cambiata davvero molto da quella di epoca Regency, quando un giovane uomo ricco e di buona famiglia diventava l’oggetto di numerosi corteggiamenti e interessamenti vari delle signorine nubili del circondario (e delle loro madri) durante feste, balli e convenevoli sociali e, se ci spogliamo da tutte le sovrastrutture e dall’educazione odierna, questa situazione può regnare nuovamente sovrana, magari con giri di valzer diversi e con il potere dei social che sostituisce quello delle crinoline, ma con quel medesimo sarcastico e terribile savoir faire, concepito per la distruzione delle rivali (e non solo).
In qualche modo, la serie thailandese “Ready, Set, Love” (เกมชนคนโสด, anche noto come “Game Chon Khon Sot”) riprende la danza del corteggiamento e del matrimonio, ma lo fa in un modo tutto particolare, colorato, esagerato, musicale, spregiudicato e, soprattutto, distopico. Non siamo a Pemberley per vedere se finalmente Elizabeth e Darcy ballano insieme, ma sono iniziati gli Hunger Games del matrimonio e non si fanno prigionieri.
All’inizio degli anni ’70 del XX secolo, una terribile epidemia ha decimato la popolazione maschile della Thailandia, particolarmente debole e soggetta a cadere ammalata di questo virus misterioso. Lentamente le donne hanno sostituito gli uomini in tutte le categorie professionali, nelle arti, in politica e in economia, il virus è stato stabilizzato e il governo ha incentivato la fecondazione assistita. Solo che le nuove nascite non sono riuscite a ripristinare l’equilibrio dei numeri: per qualche arcano motivo, continuano a nascere più donne che uomini, tanto da far crollare la popolazione maschile ad uno scarso 1%. Per tale ragione, il governo prese un ultimo drastico provvedimento per preservare i pochi uomini, ovvero quello di proteggerli, rinchiudendoli nella Fattoria in un ambiente ameno e distante dal mondo comune, destinati a diventare futuri consorti delle giovani eredi delle famiglie più ricche. Certo, sempre a patto che queste ultime fossero in grado di superare il terribile Ready, Set, Love che si svolge ogni anno.
E’ in questo universo alternativo dominato dal matriarcato che vive Day (Belle Kemisara Paladesh), una ragazza in gamba che mangia troppo e in fretta, beve come una spugna e cerca di sbarcare il lunario con diversi lavori, anche per pagare le spese mediche alla sorella minore May (Neen Neennara Boonnithipaisit), che lotta contro un brutto male con la sua grande energia e la sua solare vitalità. May è appassionata dello show Ready, Set, Love e si prepara a vedere la nuova competizione, seguendo passo passo la vita dei Gentiluomini attraverso tutti i canali social, con tanto di dirette, raccolta di photocard, poster pubblicitari e materiale vario, un po’ come i k-pop stan con gli idol.
E, in effetti, i Gentiluomini da sposare sembrano usciti da una boy-band, belli e perfetti, ognuno con il suo colore di vestito e il suo fandom, sempre pronto a conoscere le passioni del proprio beniamino: c’è l’intellettuale e maturo Almond (Man Trisanu Soranum), che fa da fratello maggiore a tutti e passa il tempo a cucinare; c’è l’ingenuo e artistico Paper (New Chayapak Tunprayoon), che nasconde un carattere da rockstar ribelle; c’è l’atletico ed esagerato Max (P-U Tharanthorn Bhumirat), che cela la sua sensibilità dietro l’apparente sicurezza; c’è l’imbranato ed eccentrico Jin (Ohmi Ryota), che forse vorrebbe solo essere lasciato in pace a studiare; e, infine, c’è il bello e dannato con gli occhi malinconici Son (Blue Pongtiwat Tangwancharoen), che risponde male a tutti, ama isolarsi, odia essere un divo di un programma assurdo e pilotato, ma che è soprattutto il preferito di May.
Forse è proprio per questo motivo che, quando vede che la competizione è stata straordinariamente aperta anche alle ragazze non ricche, con la complicità dell’amica Valentine (Jane Jaytiya), iscrive di nascosto Day all’estrazione, costringendola ad entrare nella folla in divisa rosa delle Damigelle, pronte alle sfide più assurde per chiedere la mano dei Gentiluomini.
D’altronde, i soldi in palio sono molti e, nonostante non sia interessata a sposarsi, Day ha bisogno di recuperare denaro per far operare sua sorella, per cui accetta di impegnarsi in quella gara contro l’élite delle ragazze di buona famiglia, capeggiate da Chanel (Lily Apichaya Thongkham) e da Bovy (Anongnart Yusananda) e contro qualsiasi previsione negativa nei suoi confronti, diventando presto la preferita del pubblico e la più votata sui social e attirando l’interesse anche dei Gentiluomini. Anche perché, col tempo, la stessa Day non sembra più tanto estranea al gioco e alle sue dinamiche, inglobata da quelle forti emozioni che tentava di negare e che si riflettono guardando gli occhi di Son, come se lo conoscesse da sempre.
Ma non dobbiamo dimenticare che, nonostante le gaffe e le battute spigliate di Day, la scontrosa attrazione di Son, la dolce comprensione di Almond, ma anche i colori vorticosi di un musical teatrale e il tifo da stadio che riesce a coinvolgere lo spettatore, tutti i personaggi sono sempre intrappolati in una distopia, che, matrimoniale o meno, non è altro che la distorsione della società. E, come in ogni distopia che si rispetti, c’è una mente occulta che gestisce tutto questo, un occhio del Grande Fratello che controlla, monitora e manipola gli avvenimenti, non limitandosi solo al gioco, ma andando a modificare completamente anche la società. Per quale motivo, il governo mantiene questa protezione? Che cos’è realmente la Fattoria? Dove sono finite le madri dei ragazzi che vi vivono? Esiste un mondo diverso, al di fuori di questa separazione tra Città e Fattoria, dove uomini e donne possono vivere accanto gli uni con le altre senza preoccupazioni e senza giochi di società di intento predatorio, che mortificano la dignità umana?
“Ready, Set, Love” è un pastiche unico, ma anche una felice intuizione che riesce ad unire insieme gli ingredienti di una commedia brillante e di una storia romantica con gli elementi di un mystery sci-fi, permettendo allo spettatore di ridere e, il minuto dopo, di temere per la vita dei protagonisti, coinvolgendo con abilità ed eleganza, quasi adornando George Orwell con i fiori di pesco di una cerimonia nuziale primaverile. E, soprattutto, “Ready, Set, Love” invita a riflettere e a pensare su diverse tematiche di grande attualità: dalla cosiddetta “repubblica delle donne” di platoniana memoria, al rovesciamento dei ruoli, alla trattazione della questione di genere e del persistente maschilismo anche di una società matriarcale (tematica che ricorda molto la narrazione dell’anime/manga “Ooku – Le stanze proibite“), al divario sociale ed economico presente nella popolazione thailandese (e non solo), al problema della ricchezza e della difficoltà delle cure mediche, fino ad affrontare anche la salute mentale.
Si tratta, insomma, di un vero esperimento di sociologia, ma vestito di rosa, perché il rosa è il colore della gentilezza, della protezione, della giovinezza, dell’affettività, della tranquillità, ma è anche la sintesi additiva del rosso con il bianco, della ribellione e della passione del rosso, moderate con quel senso di pace e di libertà che sa dare solo il bianco, nella ricerca di un nuovo inizio di possibile purificazione della società.
Spoiler: attenzione alle immagini dopo i titoli di coda, perché potrebbero presumere un’ipotetica seconda stagione.
Laura
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