“Se vi è un destino personale, non esiste un fato superiore o, almeno, ve n’è soltanto uno, che l’uomo giudica fatale e disprezzabile. Per il resto, egli sa di essere il padrone dei propri giorni. In questo sottile momento, in cui l’uomo ritorna verso la propria vita, nuovo Sisifo che torna al suo macigno, nella graduale e lenta discesa, contempla la serie di azioni senza legame, che sono divenute il suo destino, da lui stesso creato, riunito sotto lo sguardo della memoria e presto suggellato dalla morte“.
(Albert Camus, “Il mito di Sisifo“)
Secondo la mitologia greca, Sisifo, figlio del dio del vento Eolo e dell’umana Enarete, descritto da Omero come “il più astuto tra gli uomini“, un giorno decise di sfidare gli dèi e, dopo aver ottenuto con scaltrezza e con ricatti diversi benefici per la sua città, imprigionò Thanatos a casa, rendendo impossibile la morte. Per punizione, una volta condotto nell’Ade, fu costretto a spingere sul fianco ci un monte un masso enorme, che, una volta arrivato in cima, rotolava nuovamente fino alla base. Così, per l’eternità, a dimostrazione dell’inutilità della sua astuzia, ma anche dell’esistenza umana stessa. Come tale, il mito è divenuto nel tempo materia perfetta per discussioni filosofiche varie, che hanno visto nella sua figura mitica la personificazione delle fatiche umane, della lotta per la conoscenza superando anche i limiti consentiti e dell’assurdità della vita, rendendo Sisifo l’anti-eroe più celatamente eroico e più vicino agli umani di qualsiasi altro personaggio.
Come tale, il mito di Sisifo viene ripreso dal drama coreano “Sisyphus: The Myth” (시지프스: the myth), che si inspira al mito greco, incorporando la sua interpretazione più prettamente camusiana, ma virando verso un sci-fi stanco e nostalgico, in puro stile “Terminator” o “L’esercito delle 12 scimmie“, dove le dimensioni spaziali e le linee temporali si vanno a confondere e ad intersecare, trovando corrispondenze in punti lontani e infinitesimali, inserendosi tra quei non-luoghi costituiti dalla memoria dei ricordi.
Il Sisifo in questione è Han Tae-sul (interpretato dal poliedrico Cho Seung-woo, “Il divorzista“, “Stranger“), ingegnere e fisico geniale, anche piuttosto bizzarro e con punte di arroganza, fondatore e CEO dell’azienda Quantum and Time (da cui grazie, a nome di tutti gli appassionati di sci-fi, per quest’occulta citazione a “Quantum Leap“). Per la verità, nonostante, a prima vista, la sua azienda sembra produrre semplicemente Hi-Tech e informatica, il nome stesso nasconde uno dei suoi obiettivi principali (e, inizialmente, inconsapevoli): il quantum time flip, noto anche come salto quantico, in fisica descrive il moto e la possibilità delle particelle di luce di viaggiare contemporaneamente nel tempo, sia avanti che indietro, perché le leggi della natura sembrano indifferenti alla distinzione tra passato e futuro e il tempo non scorre solo in modo unidirezionale.
Salvatosi miracolosamente da un incidente aereo, Han Tae-sul inizia ad avere allucinazioni, che diventano sempre più reali e riguardano soprattutto il fratello maggiore Han Tae-san (interpretato da Heo Joon-seok, visto anche in “Sweet Home“), morto misteriosamente tempo prima e ossessionato su un’incipiente fine del mondo. Nonostante Eddy Kim, migliore amico di Tae-sul e co-CEO della Quantum and Time (interpretato da Tae In-ho, visto in numerose produzioni, tra cui “Madame Antoine“, “The King: Eternal Monarch” e “Just Between Lovers“), e Kim Seo-jin, psichiatra, figlia del presidente della Quantum and Time, nonché ex fidanzata di Tae-sul (interpretata da Jung Hye-jin, vista in “Healer” e “Rugal“), riescano, in un primo momento, a convincerlo che sia tutto generato dallo stress per l’incidente, qualcosa scende dal cielo nella vita di Tae-sul.
Si tratta di Kang Seo-hae (interpretata da Park Shin-hye di “Doctor Slump“, “Memories of the Alhambra“, “The Heirs” e tanti altri), una ragazza misteriosa, carica di armi e di oggetti rosa, scontrosa come un’eremita, ma collezionista di foto dei BTS, che si materializza dal futuro con il preciso compito di trovare Tea-sul e di impedirgli la costruzione della macchina del tempo o di qualsiasi altra cosa possa inventarsi per viaggiare nel continuum spazio-temporale, visto che tale invenzione servirà ad un gruppo di terroristi del futuro per tornare indietro e generare una serie di esplosioni nucleari, destinate a cambiare il volto della Corea. Per cui, con un’invenzione tra Terminator e Sarah Connor (vedi il riferimento non-casuale a “Terminator 2 – Il giorno del giudizio“), la Terminator Kang Seo-hae arriva per cercare, ostacolare e, in definitiva, salvare Tae-sul, quasi erede di Sarah Connor.
Non sempre, però, tutti i piani vanno secondo le intenzioni. Il piano di Seo-hae, ad esempio, travolge Choi Jae-sun (interpretato da Chae Jong-hyeop, protagonista di “Eye Love You” e “Castaway Diva“), un giovane lavoratore sottopagato di un ristorante, che diventa presto complice dei piani della ragazza del futuro, un mancato fratello, che non ci si aspetta di trovare, e coinvolge Tae-sul in modo inaspettato, quasi riscrivendo più volte il futuro. Il piano di Seo-hae e Tae-sul sconvolge Eddy Kim, che, a dispetto della sua aria da bravo ragazzo e dei completi impeccabili, sa nascondere molte cose, il consiglio d’amministrazione e gli azionisti della Quantum and Time, il Control Bureau Team 7, una serie indeterminata di persone, viaggiatori del tempo, terroristi di ogni sorta. Tutti sono sconvolti dall’Asia Mart del sornione e ambivalente Park Hyeong-do (interpretato da Sung Dong-il, sempre una sicurezza di tanti drama e film, tra cui “Hwarang“, “My Girlfriend is a Gumiho“, “Miss Hammurabi“, “Jirisan“), che, fino alla fine, non si capisce cosa possa combinare.
Poi, c’è il misterioso Sigma (interpretato da Kim Byung-chul di “Goblin” e “All of us are dead“), personaggio inquietante e drammatico al tempo stesso, conoscitore del tempo e del suo flusso e sua vittima più grande.
Come le particelle di luce viaggiano nel tempo e nello spazio, causando diverse varianti della realtà, intersecate, pronte ad unirsi e ad allontanarsi fra loro, noi stessi viaggiamo continuamente, senza necessità di prendere una macchina del tempo, come minuscole particelle sparse nella memoria, chiamate ricordi. La natura stessa del ricordo nega la temporalità e disconosce la differenza tra passato e futuro, i cui confini sfumano e assumono gli stessi contorni in un continuo presente: “Il futuro è già arrivato, solo che non lo sappiamo ancora“, perché “il futuro è lo specchio del passato“, solo che, talvolta, “lo specchio può essere più veloce di noi“.
Esistono frammenti dove il tempo non esiste e che continuano per sempre e tali frammenti si nascondono nelle plaghe della memoria, tratti non circoscritti, né delimitati, ampi e stretti al tempo stesso, possibilmente ingrandibili, eppure in grado di essere contenuti in una tasca, grandi e minuscoli in un’unica volta, come un pugno di granelli di sabbia. Tali frammenti sono costituiti da quei ricordi lieti, leggeri e soavi, quei ricordi che custodiamo in una parte così ben protetta nel nostro cervello, che nemmeno il tempo o l’assurdità della vita possono intaccare, come istantanee di attimi, che sembrano durare un’eternità e dentro cui ci rifugiamo, quando vogliamo evitare tutto ciò che di orribile c’è nel mondo. Vivere all’interno di quei ricordi non è impossibile: è come congelare una breve frazione di serenità e tornarci sempre, anche a costo di viverla più volte, per superare l’infinita e vana ripetizione della fatica dell’esistenza, fatta da tutti quei tentativi di provare e riprovare, senza arrivare a nulla, l’unica soluzione per evitare la deflagrazione.
“Abbiamo tutti momenti brevi, ma felici. Sono quelli che ci spingono ad andare avanti“.
Sisifo vive una condanna che si ripete per l’eternità. Come il protagonista di questa serie sci-fi, corre contro l’impossibile, tentando di evitare l’inevitabile e, ogni volta, arriva ad un punto di non ritorno, costretto a rivivere un ritorno sempre identico di eventi. In questa spirale continua, Sisifo diventa molto camusiano: per lottare contro l’assurdità continua dell’esistenza, l’unica vera risposta di ribellione può essere data dalla sopportazione, perché solo in quest’ultima è possibile trovare la libertà, ovvero la sopportazione del proprio destino, senza accettazione di esso, vivendo l’intensità della vita nel singolo istante di un momento felice, rifugiandosi nelle plaghe della memoria per rifiutare l’assurdità del destino umano. Continuando con le parole di Camus, che avevano fatto da incipit a questa recensione:
“[Sisifo], persuaso dell’origine esclusivamente umana di tutto ciò che è umano, cieco che desidera vedere e che sa che la notte non ha fine, (…) è sempre in cammino. Il macigno rotola ancora. Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore, che nega gli dei e solleva i macigni. Anch’egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile. (…) Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice“.
Sisifo è felice perché nella sua condanna diviene consapevole dei propri limiti e, per tutta risposta, assume su di sé il proprio destino.
Laura
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2 pensieri riguardo “Sisyphus: The Myth (ovvero del destino umano, del futuro e delle plaghe della memoria)”