“Qualcosa è venuto fuori da lì. Qualcosa di veramente malvagio”.
Presentato il 16 febbraio 2024 al 74esimo Festival del Cinema di Berlino e uscito nei cinema sudcoreani il 22 febbraio, in poco tempo Exhuma ha girato il mondo, le sale di cinema e teatri e le rassegne e i festival (in Italia, è stato proiettato in anteprima al Far East Film Festival di Udine) ed è diventato subito un vero e proprio caso, una pietra rara incastonata nel sempre più apprezzato cinema autoriale proveniente dall’Estremo Oriente, costituito da una recitazione perfetta, da una trama avvincente e soprannaturale e da una suspence crescente, che, in pochi tratti di ombra e di attesa, riesce a mettere a confronto lo spettatore non solo con gli incubi che affollano l’ancestralità delle maledizioni generazionali e dei riti misterici, ma direttamente con il Male, incarnato in strati di odio che si sono cementificati nella storia.
Avvertenza necessaria prima di proseguire con la lettura di questa recensione: se siete altamente impressionabili, suscettibili alle scene orride, facilmente portati a dormire sogni angoscianti e timorosi di assistere a ritualità esoteriche ed esorcismi, non andate avanti a leggere questo testo; se ci sono bambini nei dintorni o persone che possono rimanere scosse da simili racconti, non leggete questo testo a voce alta; se, tuttavia, sapete riconoscere, anche in una sola immagine, la bellezza di un’opera cinematografica, che sa essere terrificante e sublime, come solo la definizione di Burke sarebbe riuscita a descrivere, allora, dopo la lettura, inserite immediatamente questo film nelle prossime visioni – possibilmente cinematografiche.
Il figlio neonato di una famiglia coreano-americana vive dalla nascita sotto incubatrice, affetto da una malattia misteriosa, che sembra essere causata da una malformazione genetica inspiegabile e che non risponde ad alcuna cura. Pur non tralasciando mai le prestazioni mediche, i genitori del bambino, che hanno già vissuto il lutto di due figli, si rivolgono alla consulenza dell’esperta sciamana Lee Hwa-rim (interpretata da Kim Go-eun, protagonista anche di Goblin, The King: Eternal Monarch, Tune in for Love e molto altro). Hwa-rim si reca a Los Angeles per fare visita al bambino insieme al suo allievo sciamano Yoon Bong-gil (interpretato da Lee Do-hyun, visto anche in 18 Again, Sweet Home, The Good Bad Mother, Youth of May) e, dopo aver analizzato attentamente il malato, comprende che il piccolo è oppresso da una maledizione, denominata la “Chiamata della Tomba” e connessa a qualcosa commesso dal bisnonno paterno. Spiegando la situazione ai familiari del bambino, Hwa-rim ottiene il loro consenso a dissotterrare la bara del bisnonno per cremare il corpo e placare la vendetta del suo spirito.
Il titolo originale del film, Panyo (in hangul 파묘, in hanja 破墓) indica l’azione di riesumare e ricollocare altrove una tomba o il suo contenuto, attraverso una ritualità predefinita nelle tradizioni sciamaniche.
Per questo motivo, Hwa-rim torna in Corea e chiede aiuto ai becchini Yeong-geun (interpretato da Yoo Hae-jin, secondario d’eccezione di film come Tazza, A Taxi Driver e The Night Owl), direttore di cerimonie funebri, e Kim Sang-deok (interpretato da Choi Min-sik, indimenticabile nei film Oldboy, Lady Vendetta, I saw the devil, In our prime, ma anche nella serie Big Bet), maestro di Feng Shui.
“Sono un becchino. Scavo sia per i vivi che per i morti. Sono Kim Sang-deok, maestro di Feng Shui dell’Occhio della Tigre”.
Il Feng Shui, che letteralmente significa “acqua e vento”, ovvero le due energie vitali che muovono e assorbono l’energia vitale del pianeta, è un’arte geomantica e divinatoria taoista di origine molto antica, che studia l’armonia tra gli elementi del pianeta e le energie che determinano lo scorrere della vita, quell’incontro tra le due forze contrapposte dello yin e dello yang e l’energia vitale umana, che sta in sospeso tra il mondo dei vivi e quello dei morti, tra la realtà fattuale e quella nascosta delle creature oscure, il fragile equilibrio di vetro del mondo. Come viene detto nel film, per l’1% dei coreani, “il Feng Shui è sia religione che scienza“.
Hwa-rim, Bong-gil, Yeong-geun e Sang-deok, attraverso un rito che sposta le energie negative dalla terra alle carcasse di alcuni maiali e con un canto cadenzato dal ritmo dei tamburi tradizionali e dalla danza frenetica di Hwa-rim (in una delle scene, che, di diritto, entrerà nella storia del cinema), dissotterrano la bara del patriarca della famiglia maledetta. Tuttavia, la pioggia sopravvenuta impedisce loro la cremazione del corpo, secondo la credenza che un morto bruciato in una giornata di maltempo non può andare in un bel posto dopo la morte. La bara viene depositata presso l’obitorio dell’ospedale, ma la bellezza e la ricchezza della sua foggia, che in passato avevano attirato i predatori di tombe in cerca di tesori, spingono l’addetto alla camera mortuaria ad aprire un varco, che diventa presto un passaggio per l’anima carica di odio del defunto, deciso a vendicarsi nei confronti dei suoi familiari e a portare a termine il suo progetto di vendetta.
“E’ per il sangue. Non potrai liberartene nemmeno dopo la morte. In un gruppo di corpi e menti che condividono gli stessi geni, quando l’attività fisica umana si fermerà, si trasformerà in terra. Succhiamo la terra e calpestiamo il terreno, attraversando ripetutamente cicli di vita e di morte”.
Però, mentre Hwa-rim, Bong-gil e Yeong-geun cercano di avere un contatto con lo spirito vendicativo per legarlo nuovamente alla sua bara e Sang-deok tenta di mettere in salvo i componenti della famiglia maledetta, in cui l’anima malvagia si era già insediata, uno degli operai chiamati a scavare la fossa inizia a soffrire di incubi generati dalla visione di uno strano serpente-larva di colore rosato, sbucato durante l’esumazione e tranciato a metà dalla pala. Tornando sul luogo della sepoltura e raccogliendo i documenti di famiglia del defunto, infatti, si scopriranno molte più cose, come la collaborazione di quest’ultimo con i giapponesi durante l’occupazione, ma anche i suoi rapporti con riti antichi e di evocazione e, infine, la presenza di tombe impilate, dove la bara dissotterrata nasconde un enorme sarcofago verticale appartenente ad uno spirito demoniaco.
“La volpe ha sconfitto la tigre”.
Ciò che gli sciamani si trovano ad affrontare, in realtà, è il Male stesso, nella sua forma più arcaica e incontrollata, quella dell’odio che infrange qualsiasi armonia e che spezza la continuità dell’energia vitale, dei cinque elementi che costituiscono l’equilibrio del Feng Shui, dove legno, metallo, acqua, vento, terra e fuoco interagiscono tra loro. Il Male si attacca ai desideri umani, ai propositi di vendetta e alla collera degli ultimi momenti di vita, si imprime come su una pellicola fotografica e si unisce agli oggetti e ai materiali, sorge quasi da essi, se impregnati delle lacrime di odio umane. Il Male viaggia veloce e si diffonde, si adatta immediatamente e si trasforma in continuazione, catturando corpi e anime umane.
Il regista Jang Jae-hyun, che non è nuovo al genere horror misterico-soprannaturale e alle storie di possessione e di esorcismo (suoi anche i film House of Disappeared, Svaha: The Sixth Finger e The Priests), ha costruito un racconto moderno che riprende le tradizioni e l’antichità, ma anche la storia della vecchia e della nuova Corea (da cui i riferimenti sia all’invasione giapponese del 1592 sia all’occupazione del 1910-1945), mischiando leggende coreane e giapponesi (gli spiriti kitsune e i demoni ghoul) con una ricerca pedissequa e dettagliata delle vere pratiche sciamaniche. Per costruire la sceneggiatura sono stati consultati dei veri esperti di occulto, di geomanzia e di Feng Shui, così come dei consulenti sciamani hanno insegnato agli attori i canti, le movenze e le danze tipiche dei riti, che gli interpreti sono riusciti a rendere con una precisione incredibile.
Forse, è proprio per via di questo dettaglio maniacale e di questa eccellenza interpretativa che il film riesce a mettere tensione in ogni singolo momento della visione, diffondendo un’emozione e un terrore continuo, che sanno spaventare e incantare al tempo stesso e che rendono questa visione unica, come un viaggio per altre epoche e per antiche maledizioni, che diventano così vicine da toccarle con mano.
Laura
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