“Preferisco essere una scimmia senza cervello che un mostro senza cuore”.
Come è accaduto già altre volte, questa che avete iniziato a leggere non è una vera e propria recensione, quanto piuttosto un tributo a quello che è stato (ed è tuttora) un fenomeno vero e proprio. Perché, vedete, il mondo è diviso in due categorie di persone: chi non ha mai visto Dragon Ball e chi lo ha visto e lo ha amato. E sull’esistenza della prima categoria sono piuttosto scettica. Tant’è che Dragon Ball ha segnato una serie di primati e di record in tutto il mondo (in Italia, ad esempio, è stata la prima pubblicazione manga a mantenere il senso di lettura giapponese da destra a sinistra, con relativa apertura del volume “al contrario”).
Forse, però, non tutti sanno che l’antecedente storico e letterario di Dragon Ball risiede nelle avventure e nelle leggende legate alla figura di Sun Wukong o Scimmiotto, il protagonista del romanzo cinese Il viaggio in Occidente, di cui abbiamo parlato nella rubrica dedicata ai libri. Per l’esattezza, la storia narra che il mangaka Akira Toriyama, reduce del successo del suo shonen comico Dr. Slump e Arale, si consultò con il proprio editore per presentare eventuali nuove idee e progetti, solo che la discussione cadde sui film di kung-fu in voga durante gli anni ’80, quando iniziava il fenomeno di Jackie Chan, che riusciva ad unire arti marziali e comicità. Secondo Toriyama, tali ingredienti erano anche alla base de Il viaggio in Occidente, per cui iniziò a modellare un manga con un viaggio simile e personaggi somiglianti alle creature della letteratura cinese, che fu pubblicato nel 1983 col titolo di Dragon Boy. Per muovere una giustificazione di fondo al viaggio dei suoi personaggi, senza ricorrere all’intento religioso e morale del romanzo, Toryiama inventò la ricerca delle sfera del drago, potenti strumenti magici che permettono di evocare il drago Shenron, creatura che esaudisce qualsiasi desiderio a colui che l’ha richiamato. Il manga one-shot (unico volume) ebbe immediato successo, tanto da fornire a Toryiama la base per la serializzazione di una storia più complessa, quella del manga shonen Dragon Ball, pubblicato tra il 1984 e il 1994 su Weekly Shonen Jump e raccolto nel 1995 in ben 42 volumi tankobon. Da lì la diffusione internazionale e la trasposizione in anime o in diverse serie anime, perché la Toei Animation ha prodotto ben 5 serie anime (Dragon Ball di 156 episodi, Dragon Ball Z di 291 episodi, Dragon Ball GT di 64 episodi, Dragon Ball Kai di 159 episodi e Dragon Ball Super di 131 episodi), una nuova serie anime tuttora in produzione e in uscita alla fine del 2024 (Dragon Ball Daima), innumerevoli film, speciali, corti e OAV, oltre ad un merchandising costantemente diffuso, che ha reso l’opera di Toryiama come uno dei prodotti di maggior successo provenienti dal Giappone e anche uno dei più amati dai bambini (e non solo) di tutto il mondo.
La trama o, meglio, il pretesto di partenza è la presenza di un essere particolare, Son Goku, in apparenza un bambino semplice e vivace, forse un po’ squinternato e con i capelli ribelli, che, però, possiede una forza sovrumana, diverse abilità magiche (che si scopriranno andando avanti con la storia) e una lunga coda da scimmia. Un giorno, Goku s’imbatte in Bulma, una fanciulla strana, un po’ scienziata matta e un po’ brillante inventrice di macchinari di ogni tipo, determinata a compiere un viaggio per cercare le sfere del drago Shenron, che, secondo la leggenda, hanno il potere di esaudire i desideri. Bulma, che odia combattimenti e lotte varie, ingaggia Goku come guardia del corpo personale e i due iniziano insieme un viaggio che si rivelerà un vero percorso di formazione e di vita. Durante il viaggio, infatti, Goku cresce, incontra numerosi personaggi, vive tante avventure, prende lezioni di arti marziali, partecipa a tornei di lotta e affronta nemici di ogni tipo (tra cui la reincarnazione demoniaca di Piccolo o Junior, come è stato chiamato nella trasposizione anime) e, una volta diventato adulto, scopre di essere discendente di una antica stirpe aliena, quella dei Sayan.
Nella cosmologia di Dragon Ball, la Terra è solo uno dei tanti pianeti di un universo complesso, caratterizzato da creature e alieni di ogni tipo che si spostano velocemente da un pianeta all’altro. Tutte queste creature, però, pare che abbiano eletto la Terra a centro di interesse delle proprie lotte e delle proprie mire espansionistiche, forse perché poco difesa o abitata da un popolo debole e senza competenze magiche. Anche i Sayan, infatti, un popolo crudele che ha invaso e conquistato l’universo, hanno inviato Goku (o, meglio, Kakaroth) sulla Terra in qualità di proprio emissario e arma nascosta per prendere il pianeta. Solo che Goku ha perso la memoria a causa di un incidente al momento dell’atterraggio e ha conosciuto la vera essenza e le potenzialità del pianeta Terra e dei suoi abitanti, che, nel bene e nel male, vanno protetti e salvaguardati. Ed è per questo motivo che Goku rifiuta la sua missione iniziale e utilizza i poteri legati alla sua stirpe (così la trasformazione in Super Sayan) per ergersi a difensore della Terra.
Questo è l’inizio della sua rivalità con malvagi come Piccolo, Freezer, Cell, Majin Bu, ma soprattutto Vegeta, uno dei personaggi più iconici della serie, amato e odiato dai fan, ammirato da tutti e reclamato sempre a gran voce. Vegeta (o Vegeta IV) è della stessa stirpe di Goku, un principe del popolo guerriero Sayan, ma non ha mai abbandonato i propositi di conquista terrestre. Anzi, non solo usa tutte le sue caratteristiche di forza e le sue potenzialità magiche a fin di male, ivi comprese le sue trasformazioni in Super Sayan, ma cerca anche di trovare nuovi rimedi per irrobustirsi, rinvigorirsi fisicamente e mentalmente e aumentare le proprie capacità. Per questo motivo, si reca sul pianeta Terra alla ricerca delle sfere del drago, perché sa che possono donargli la forza e l’immortalità. La personalità di Vegeta è così complessa e affascinante che si veste di una forza attrattiva tutta sua, impregnata di tutta l’arroganza del villain della storia, ma anche di quella carica di orgoglio e di quella fierezza da guerriero solitario che sa aprirsi alla compassione e alla tenerezza, soprattutto per difendere i proprio cari. Inoltre, Vegeta è anche uno dei personaggi che subisce una maggiore evoluzione nel corso dell’anime: al contrario di Goku, che parte già come protagonista della storia e personaggio positivo in assoluto e che, scoprendo le proprie radici cattive, le rifiuta, ergendosi al di sopra dell’umanità stessa, come in un viaggio spirituale, Vegeta, che parte come antagonista principale, si trasforma lentamente fino a diventare un amico e un alleato (per Goku), un fidanzato e un marito amorevole (per Bulma), un padre (per Trunks), pur mantenendo intatte le sue caratteristiche sanguigne e ambivalenti.
Tra l’altro, l’apparizione di Vegeta nell’universo di Dragon Ball ha dato inizio ad un annoso conflitto su chi il pubblico preferisse, tra lui e il protagonista Goku. E non lo scrivo, tanto per dire, perché, durante la mia infanzia, il conflitto tra i due risuonava nelle menti e nei discorsi tra tanti bambini, forse un po’ anche perché quei due Sayan con la coda da scimmia sembravano così simili a noi da diventare presto i nostri modelli di riferimento. Goku era la vitalità, l’empatia, la benevolenza e la solarità, guarnita anche di quel po’ di follia che poteva coniugare le due origini malevole con le sue aspirazioni luminose, memore del fatto che nessuno deve sentirsi legato a ciò che i propri avi ordinano di fare, ma deve scoprire il buono che c’è nel mondo. Vegeta, invece, era quella parte di noi che rinneghiamo, ma che vorremmo anche essere, la fierezza, la rabbia, la tenacia, l’onore, ma anche il continuo sacrificio e l’abnegazione per migliorarsi e per migliorare tutto ciò che ci circonda, nonostante tutti quanti sappiamo di essere limitati come esseri umani. Goku è l’elevazione spirituale dell’anima, mentre Vegeta è l’anima che cerca di ritrovare se stessa nel mondo buio.
Però, tutte queste cose si ignoravano da bambini o si capivano solo a livello intuitivo, così come si sapeva che la visione di Dragon Ball era un obbligo, a qualsiasi orario fosse programmato (perché, nel corso degli anni, è variato dal primo pomeriggio post prandiale, al pomeriggio pieno, alla sera, e, di nuovo, al momento del pranzo, e così via). E, visto che Dragon Ball era l’opzione giusta per crescere, non ci siamo fatti mancare quella visione nemmeno più avanti nel tempo, quando affrontavamo il carico di compiti delle scuole medie o la formazione di noi stessi durante il liceo o anche quando, più avanti ancora con gli anni, ci trovavamo davanti alla responsabilità di essere grandi e adulti. Tuttora, Dragon Ball è una visione a cui non rinuncio e, anzi, rimane fisso sempre un mantra: ogni volta che si è malati, si rimane a casa da scuola/lavoro, si è da soli sotto coperta, ci sarà almeno un canale che trasmetterà uno degli infiniti episodi di questa serie e, ancora una volta, si sarà portati a rimanere lì, in mezzo a quelle sfere del drago.
Ora come allora, però, sempre con Son Goku.
Laura
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