“Io dico le cose così come stanno e non cambio idea! Anche questo fa parte del mio credo ninja. (…) Se per essere saggio, devo rinunciare a tutto ciò in cui credo, allora preferisco essere folle”.
Correva l’anno 1999, quando apparve nel mondo dei manga shonen un nuovo aspirante ninja. Stavolta, però, non era uno dei tanti, forte e coraggioso, con qualche problema irrisolto di autoidentificazione in un eroe, pronto a menar le mani con tutti, ma, nella destrutturazione tipica della fine degli anni ’90, si trattava di un ragazzo basso ed esile, con la folta chioma bionda, gli occhi celesti e un’apparente fragilità. E, per di più, era pure pazzo. L’universo anime doveva ancora abituarci al Monkey D. Luffy di One Piece e ci aveva già portato ad affezionarci al Goku di Dragon Ball, ci aveva permesso di conoscere tanti piccoli e geniali anti-eroi, che, col tempo, avevano avuto la loro rivalsa, ma dovevamo ancora conoscere l’esuberanza e la luminosità di un ragazzo pieno di vita, che contiene l’oscuro in sé. Ed è così che abbiamo fatto la conoscenza di Naruto Uzumaki, protagonista del manga/anime Naruto (NARUTO -ナルト), ed è stato amore a prima vista.
Creato a Masashi Koshimoto proprio con l’intento di sovvertire i canoni e serializzato dal 1999 al 2014 per Weekly Shonen (con ben 72 volumi), Naruto è diventato un anime tre anni dopo, nel 2002, con la bellezza di 220 episodi, e ha dato vita anche alla serie Naruto Shippuden (circa 500 episodi) e a ben 11 film, con un universo tutto suo, dominato dalle arti magiche (忍術 ninjutsu), le arti marziali (体術 taijutsu) e le arti illusorie (幻術 genjutsu) e con un glossario che è diventato famoso di per sé e ha consacrato il suo protagonista come uno dei personaggi più amati nel mondo anime/manga. Ma perché tutto questo successo?
Ingenuo, sprovveduto, ilare, ottimista e, a tratti, anche stupido, Naruto è convinto che, prima o poi, diventerà un ninja, anzi un hokage, che è il massimo grado dei ninja, devoluto a coloro che si occupano dell’amministrazione e delle mansioni militari e che hanno il massimo della conoscenza sia nell’uso delle armi, sia nelle tecniche e nelle arti magiche, oltre alla massima comprensione sull’impostazione dei chakra. Solo che Naruto è un po’ inetto e ottuso ad imparare, non brilla per forza fisica, non sa come usare le armi e, per di più, al Villaggio della Foglia viene evitato da tutti, perché considerato come una fonte di sfortuna, a causa dell’oscura morte dei suoi genitori, Minato Namizake, quarto hokage, e Kushina Uzumaki, forza portante della creatura mitologica e malefica della Volpe a Nove Code, proprio il giorno della sua nascita (il 10 ottobre). Per di più, anche il nome stesso del ragazzo è alquanto strano e suscita derisione: Naruto, che indica il vortice, il gorgo improvviso di acqua marina, identifica anche un tipo di kamakobo che viene messo come decorazione nel ramen (per intenderci, è quel pezzetto di surimi con disegnata una spirale sopra), mentre Uzumaki è un gioco di parole che rimanda sempre alla forma della spirale. Completamente ignaro di come possa sembrare sospetto, Naruto usa il simbolo dei vortici spiraliformi per designare se stesso, portandoli sui suoi vestiti e in tutti i suoi oggetti, quasi come una firma, mangia scodelle fumanti di ramen con tanta gioia e, nonostante le bocciature, si iscrive all’accademia per diventare ninja. Perché a qualsiasi presa in giro è lesto a rispondere: “Ascoltate! Mi chiamo Naruto Uzumaki e nessuno di voi può pensare di riuscire a sconfiggermi, è chiaro?“.
Anche se non è un allievo particolarmente brillante e sembra piuttosto credulone, vittima degli inganni del perfido Mizuki, che lo spinge a rubare il rotolo con le tecniche proibite, Naruto ha un cuore puro e semplice come quello di un bambino, si affeziona subito ai suoi compagni in accademia e ai suoi maestri e mostra il massimo dell’altruismo. Tanto che, in modo quasi inaspettato, proprio utilizzando una tecnica proibita, salva la vita al suo maestro Iruka e sale di grado, diventando genin (il livello più basso di ninja) e venendo ammesso nel gruppo d’élite destinato a dominare i chakra, capeggiato da Kakashi, il più forte dei ninja (e anche uno dei personaggi più affascinanti della serie), insieme a Sakura Haruno, aspirante ninja empatica e particolarmente dotata per le arti mediche e scientifiche, e Sasuke Uchina, un ragazzo riservato e indifferente, dalle notevoli capacità fisiche e di combattimento, che reca in sé il dolore per la feroce scomparsa dei suoi genitori e il desiderio di vendetta. Mentre, col passare del tempo, le competenze di Sakura saranno reclamate sempre di più in campo medico, fino ad abbandonare quasi del tutto “il campo di battaglia” dei ninja, Sasuke si farà attrarre dal lato oscuro, in grado di potenziarlo e di fargli vendicare i genitori, ma anche capace di trasformarlo, fino a fargli dannare completamente l’anima. Naruto è il solo che continua a credere alla bontà di fondo dell’amico e a lottare affinché possa tornare al suo percorso luminoso, perché, alla fine, è lui la vera forza del gruppo, colui che cerca di rivitalizzare tutti e che non perde mai la fiducia nel prossimo, pronto anche a sacrificarsi per ridefinire tutto. “Sasuke è mio amico. Qualcuno con cui ero finalmente riuscito a creare un legame. Non mi importa chi devo combattere! Se mi strapperà le braccia, lo calcerò a morte! Se mi strapperà le gambe, lo morderò a morte! Se mi strapperà la testa, lo fisserò a morte! E se mi caverà gli occhi, lo maledirò dalla tomba! Anche se sarò fatto a brandelli, riprenderò Sasuke da Orochimaru!“.
Quello che molti ignorano è che Naruto è tenace e combattivo, determinato a far vincere la luce sulle tenebre perché sa cosa è davvero l’oscurità, visto che la reca in sé. Quando i genitori sono morti, alla sua nascita, per salvare il villaggio, infatti, la metà “positiva” della Volpe a Nove Code è rimasta sigillata in lui, celata nel suo animo, costringendolo a vivere perennemente in un fermento interiore di cui nessuno sa nulla, una solitudine abissale interna, che il ragazzo riesce a mascherare con il suo carattere estroverso e con il suo sorriso perenne, pronto e umile a comprendere e a contenere il potere del demone nascosto in lui, ma anche allerta per non farsi sopraffare da quel lato oscuro, che stagna invisibile nei meandri di ciascuno di noi.
“Mica è cosi facile, scemo! Perché significa diventare un Hokage… il ninja migliore del villaggio… dopo averne passate di tutti i colori… e aver nutrito mille dubbi… ho ottenuto il rispetto… di una sola persona… e per riuscirci ho fatto una fatica del diavolo! Ci vuole grande determinazione… per ottenere il rispetto di tutti… e diventare Hokage… ti assicuro… che non esistono scorciatoie!”.
Le avventure che si intersecano nell’universo di Naruto e i personaggi che lo popolano sono molteplici e non è possibile sintetizzarli tutti in una breve recensione, perché il Villaggio della Foglia è il centro di un mondo dominato dal codice ninja, da creature di ogni sorta, da demoni prigionieri e da organizzazioni criminali, ma è anche un piccolo mondo che lo spettatore/ il lettore si trova a vivere e a scoprire passo passo, dagli anni in accademia ad imparare le arti magiche e il combattimento con Naruto e compagni, fino alla lotta contro l’organizzazione Alba e il crollo di Sasuke, le guerre ninja e il riscatto di Naruto, consacrato come il migliore ninja tra tutti. Dacché si comprende la popolarità di un anime/manga che ha influito notevolmente sul genere (tanto da trasmettere la sua impronta a Demon Slayer o a Jujutsu Kaisen), perché mette al centro un personaggio che, in apparenza, non sembrerebbe eroico, ma che sa donare se stesso per gli altri e lo fa con un entusiasmo coinvolgente. Ma, soprattutto, sa che la tenacia e la determinazione pagano sempre e che non bisogna mai farsi abbattere dalle maldicenze e dal bullismo che la cattiveria umana produce, perché, come direbbe Naruto, “quelli del villaggio sono importanti, ma prima di loro devo fidarmi di un’altra persona. Devo credere in me stesso“.
Per cui, grazie, Naruto, se crescendo, abbiamo imparato ad amarci e a fidarci di noi stessi, a sopportarci e a supportarci in ogni più piccolo difetto e in ogni caratteristica, ma, soprattutto, grazie per averci insegnato che si può diventare forti con il fallimento. Perché fallire è normale, ma l’importante è provare e riprovare senza mai abbattersi.
Captain-in-Freckles
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