“Che cosa stai facendo?”. “Non lo so. Che cosa credi che dovremmo fare?”.
Fan rimasti in sospeso con quella neve innaturale di settembre, divoratori di webtoon notturni e psicologici, amanti del genere post-apocalittico e catastrofistico, apprezzatori di questo prodotto di nicchia che, col tempo, ha conquistato il mondo, il momento che abbiamo aspettato da più di tre anni è arrivato: la seconda stagione di Sweet Home è finalmente stata girata e prodotta da Netflix, seguendo, bene o male, le linee della graphic novel omonima di Kim Kan-bi (o Kim Carby) e Hwang Young-chan, che oggi è stata stampata e tradotta ovunque. E, se la drammaticità e la complessità della prima stagione hanno meravigliato e stupito sin dalle prime battute, la seconda stagione non ha mancato di destrutturare quell’artificioso e inquietante universo di mostri che avevamo imparato a conoscere per immetterci in un mondo ancora più apocalittico, ancora più controverso, fatto di angoscianti attese e di chiaroscuri cupi, quanto le anime tormentate dei sopravvissuti alla catastrofe o, meglio, alla “mostrificazione”, come viene definito questo processo di decostruzione e ricostruzione umana.
Prendete un attimo di fiato. Rileggete la recensione della prima stagione di Sweet Home. Chiudete gli occhi e salutate silenziosamente tutti coloro che abbiamo perso nella lotta per la sopravvivenza all’interno della Casa Verde. Poi, riaprite gli occhi in mezzo ai ruderi di un mondo disfatto e a brandelli e proseguite questa lettura.
“La Terra esiste da più di quattromila miliardi di anni. L’uomo è comparso su questa terra meno di tre milioni di anni fa. Praticamente, paragonandola con il tempo della Terra, l’esistenza dell’uomo è pari a meno di tre secondi. Un nulla se si considera da quanto tempo esiste la terra. E, appena è apparso, l’uomo ha iniziato immediatamente a dare fastidio alla Terra. Ed è per questo motivo che la Terra ha concepito un modo per difendersi e annullare l’uomo. L’uomo è il virus. L’epidemia è il vaccino con cui si cura la Terra”.
Così, l’incipit di questa seconda stagione, con la voce sussurrata del Dr. Lim (il bravissimo Oh Jung-se di It’s Okay to Not Be Okay, Jirisan e When the Camellia Blooms), in mezzo al buio e alla fredda luce del laboratorio dove studia, taglia e seziona le creature (ovvero gli umani “mostrificati”), con la ferocia e la meraviglia dello scienziato nei confronti delle proprie cavie. Il Dr. Lim non crede nell’umanità o, meglio, tifa per la sua estinzione totale, a meno di un’evoluzione e di un adattamento, di una trasformazione mostruosa che renderebbe possibile un nuovo mondo e una nuova selezione. Per questo motivo, il Dr. Lim attende con ansia l’arrivo dell’unico prototipo di umano trasformato che sembra resistere alla mostrificazione, Cha Hyun-soo (Song Kang di Navillera, Love Alarm e Nevertheless, qui in un’interpretazione unica, quasi estraniato e trasfigurato in un mondo irreale). Hyun-soo sa che la sua consegna all’esercito potrebbe implicare la morte e il dolore, ma vede nella sua trasformazione la possibile salvezza per l’umanità: la ricerca di una cura, un vaccino, che possa aiutare gli umani a non ammalarsi e/o a guarire e che possa ristabilire le cose.
Solo che il mondo non vuole ristabilirsi, atto com’è alla sua degenerazione fisica e morale: come il Dr. Lim spera nell’estinzione dell’umanità per la creazione di un nuovo genere umano, più forte e più perfetto del precedente, così da subentrare al vecchio mondo, un governo quasi del tutto mostrificato progetta un piano di distruzione globale e bombarda i luoghi dove si sono rifugiati i sopravvissuti, mentre il vaccino prodotto pare essersi consumato per sempre. Sembra un mondo che corre verso la fine, dove forse ha ragione Kim Wooi-myung (che ha perso le sembianze fisiche date dal Kim Sung-cheol di Our Beloved Summer – e presto nel seguito di Hellbound – per acquisire quelle del Lee Jin-wook di Bulgasal), il quale porta sulla sua anima e sulla sua mente le piaghe di essere stato trattato come cavia da laboratorio e aspira ad un nuovo sistema, in cui i mostri possano governare su tutto e su tutti. Nello stesso modo, l’esercito, che doveva proteggere gli umani rimasti, si squassa e si corrode, in prima linea per perdere la propria mente a causa della follia generale, laddove l’epidemia è anzitutto – secondo le parole del Dr. Lim – una malattia mentale che trasforma il fisico.
Un piccolo e sparuto gruppo proveniente dal Plotone Corvo Nero, una squadra di salvataggio quasi suicida che tenta di eliminare i mostri (o, perlomeno, i mostri più violenti) e capeggiata dal sergente maggiore Tak In-wan (Yoo Oh-sung, in questo momento nel drama romantico Welcome to Samdal-ri), si fonde con gli ultimi residui dei corpi speciali comandati dal sergente Kim Young-hoo (interpretato da Kim Mu-yeol, visto in La Giudice e Eungyo – Una Musa) con l’obiettivo di proteggere il rifugio di umani allo stadio, su cui supervisiona la comandante Ji (Kim Shin-rok di Hellbound e One Ordinary Day). Ed è qui che ritroviamo (almeno, parzialmente) i sopravvissuti della Casa Verde, dopo averli seguiti nel loro esodo dalla casa, lungo il tunnel attaccato da mostri, in un autobus sbandato in fuga verso i ruderi del vecchio condominio, allo stadio durante il bombardamento e giù per le viscere della terra, supportati dal soldato di leva ed ex giocatore di baseball Park Chan-young (Jung Jin-young dei B1A4), forse uno dei personaggi più umani, empatici e altruisti di questa stagione di Sweet Home. Qui Lee Eun-yoo (Go Min-si di Love Alarm, Jirisan e Youth of May), reputata una pazza per aver ucciso il marito della comandante Ji, non crede nell’allontanamento di Hyun-soo, certa del suo ritorno e della sua protezione, e nella morte del fratello Lee Eun-hyuk (Lee Do-hyun, protagonista amato di tanti drama, come Melancholia, 18 Again, The Glory e The Good Bad Mother), certa della sua ricomparsa. Qui ricompare anche Seo Yi-kyung (Lee Si-young), con la sua personale tragedia, seguita dal frutto della sua gravidanza Ah Yi (Kim Shi-ah, la bambina prodigio di The Silent Sea e Kingdom – Ashin of the North).
L’umanità è destinata all’estinzione o all’evoluzione? E quanto le due cose coincidono in un adattamento forzato dettato dall’umanità stessa? Cosa sono i mostri se non i desideri più oscuri e reconditi, ma anche quelli più chiari e luminosi, che, però, rimangono irrisolti per la dimidiatezza umana? Si desidera, si vive protendendosi verso un’aspirazione impossibile, verso un futuro che non si crede di realizzare, e ci si trasforma, staccandosi dalla realtà presente. Il monstrum risiede in noi e nella nostra volontà, nel dialogo interiore tra il nostro Bene e il nostro Male, la nostra esistenza e il nostro essere più profondo, in quella dialettica parmenidea onnipresente nelle azioni umane. Ci si “mostrifica” interiormente, prima ancora che esteriormente, e ci si “mostrifica” talvolta senza trasformarsi in mostri, in una erosione del proprio essere. La tragedia piccola e intima della prima stagione, chiusa tra le quattro pareti della casa dei sopravvissuti, diventa globale, ancora più disperata nel dramma collettivo di un’umanità che va a pezzi grazie ai propri desideri e che vede nel processo di “mostrificazione” l’unica vera speranza per continuare a credere in qualcosa di possibile, camminando nel rumore vuoto che assorda e offusca le menti, isolati dentro se stessi (come nella bellissima scena di quando Yoon Ji-su, interpretata da Park Gyu-young di DaLì and the Cocky Prince e Celebrity, perde l’udito per affrontare un mostro che minaccia la sua piccola famiglia).
Personalmente, pur avendo apprezzato molto questa seconda stagione, non l’ho trovata ai livelli della prima. Più che altro, mi ha destabilizzato la perdita del luogo che conoscevo e i continui cambiamenti e sfasamenti, anche temporali, sospesi nel vuoto di un’attesa che diventa angosciante e terribilmente cupa prima dello scoppio. Tuttavia, si comprende come questa seconda stagione sia solo un momento di passaggio dal nido chiuso della prima, dove Hyun-soo diventa mostro e acquisisce, al tempo stesso, la sua umanità, e la tragedia conclusiva della terza stagione, in arrivo sempre su Netflix per l’estate del 2024. Sono ancora tante le domande rimaste senza risposta e ancora di più i nuovi dubbi che si sono creati, in una trama vischiosa che porta a riflettere sul ruolo della scienza nel mondo e su come ognuno può perdere e ritrovare, allo stesso tempo, se stessi. Che non tutti i mostri sono tali, lo avevamo già appreso nella prima stagione. Che alcuni mostri, nella trasformazione fisica, riescono ad elevare la propria mente e a “controllarla” o meglio ad “usarla”, abbiamo iniziato a capirlo dall’invasione Wooi-myung, ma continuiamo ad apprenderlo con nuovi casi (come il bambino neonato diventato mostro perché desiderava la madre o la sposa rimasta vedova nel suo giorno di nozze che continua a cercare il marito), fino a chiederci se non siamo tutti destinati alla “mostrificazione” per diventare nuovamente umani.
Ultima postilla: attenzione alle ultime scene, poco prima dei titoli di coda, perché forse non siamo pronti a certi ritorni, ma sono i ritorni che tutti aspettavamo e che confermano cosa sia il monstrum come intruso nell’animo umano.
Captain-in-Freckles
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5 pensieri riguardo “Sweet Home 2 (ovvero dell’adattamento, dell’estinzione, dell’umanità)”