“We’ll get it done / We’ll work as one / We’ll get it done / You and I got the power”.
No, non è un video dei BTS o di qualche altra grande star del K-pop, né uno spot coloratissimo e sfavillante, di quelli che entrano in mente a partire dal jingle e che canti e ricanti sovrappensiero. Anche se, a pensarci bene, la serie anime Bastions (베스티언즈) mi ha dato proprio le stesse vibes di una playlist Spotify ben fornita, ovvero, più che vederla, l’ho quasi cantata. E non sto scherzando. Un palato fine e abituato agli anime così ben strutturati e pregnanti degli ultimi anni forse potrebbe rimanere un po’ basito, mentre, al contrario, un fan del k-pop che ha sempre ignorato il mondo manga potrebbe anche gettarsi a capofitto su questa visione e gradirla appieno, senza focalizzarsi troppo sui temi. Per cui è necessario parlare per gradi: da una parte, la serie anime; dall’altra, il mondo musicale che la racchiude e la circonda come una spirale colorata.
“We’ll save the planet. We love this planet“.
Digger, Almon e JJ sono tre amici inseparabili che lavorano come fattorini per un ristorante di pollo fritto (il 치킨, sapete quello tipico coreano, che fa una crosticina croccante sopra e viene accostato ad una salsina agrodolce o piccante?). I tre ragazzi, però, nascondono un segreto: in qualche modo inspiegabile (sul serio, perché nella serie non viene mai specificato), hanno acquisito dei poteri straordinari e delle abilità fuori dal comune, che li rendono, in tutto e per tutto, dei supereroi. Ed è, così che, mascherati e in incognito, i tre ragazzi tentano di intervenire come “vigilanti” del quartiere, prendendo come modello il duo di supereroi Miki e Michi. Quello che non sanno, però, è che, al di là dei loro incredibili poteri, Miki e Michi non sono altro che un grande bluff, pagati da una grossa società di chabeol per fingere di salvare il mondo, nascondendo, in realtà, tutti gli affari loschi della società, compreso la diffusione di prodotti malsani, la riqualificazione di quartieri che vengono demoliti, la costruzione di ecomostri che divorano la città e lo sversamento di inquinamento nocivo (la tematica ambientale è particolarmente sentita in questo anime, anche per la battaglia che diverse associazioni conducono in Corea contro le polveri sottili o contro prodotti alimentari edulcorati e OGM). Praticamente, Miki e Michi avrebbero una fedina penale ben lunga per connivenza con la criminalità organizzata e associazioni a delinquere di ogni tipo, ma hanno anche dei difetti: sono superbi, isterici, polemici e non guardano in faccia nessuno per realizzare i propri obiettivi, anche a costo di farli fuori fisicamente. Naturalmente, tutto ciò fino a quando non intervengono i Bastions, che sono di un’ingenuità e di un candore incredibili, credono nella bontà del mondo e vogliono migliorare l’umanità e, soprattutto, sono convinti che Miki e Michi siano buoni e che possono aiutarli, agendo proprio contro quella criminalità organizzata che li finanzia e, quindi, mettendo loro i bastoni tra le ruote. Missione dopo missione, scontro dopo scontro, gli obiettivi dei Bastions si fanno sempre più chiari: non più essere vigilanti di quartiere, ma diventare dei veri e propri supereroi, perché l’umanità e il pianeta ne hanno bisogno e perché non si meritano dei falsi eroi come Miki e Michi.
“We singin’, we dancin’. You could feel the air“.
Ma Digger, Almon e JJ non condividono solo il lavoro, il segreto di abilità sovrumane e l’obiettivo di proteggere il pianeta. Insieme i tre hanno il sogno di sfondare nel mondo k-pop, per cui Bastions diventa sia il nome del trio di supereroi che sta riportando giudizio a Seoul, sia il nome di una band che vuole farsi notare in ambito musicale. Ed è così che assistiamo a tutte quelle piccole e grandi battaglie giornaliere che possono soffrire le band k-pop. Digger, Almon e JJ, però, non sono nemmeno trainee (per conoscere il significato di questo e altri termini, leggete qui) e non hanno il supporto di alcuna casa discografica, né di un manager alle spalle, per cui sono costretti a esercitarsi da soli in palestra e ovunque, fino a quando non riescono a trovare in uno street dancer (che somiglia molto al j-hope degli esordi) il coreografo ideale per le loro performance. Questa storyline così musicale, che si incrocia con la vena supereroistica in stile My Hero Academia (forse prima vera ispirazione di Bastions), è anche la caratteristica fondamentale della serie, che nasce proprio come una grande festa del K-pop e che vanta la canzone The Planet dei BTS come opening di ogni singolo episodio (citazione che ho richiamato in epigrafe). D’altronde, sappiamo che gli stessi BTS si sono sempre professati fan di anime, manga, videogiochi e un certo universo nerd: Jin colleziona gadget di SuperMarioBros e vecchi manga, RM ha sponsorizzato Oshi no Ko ed è appassionato di Studio Ghibli, Jungkook ha pianto fiumi di lacrime davanti alle ultime stagioni di Demon Slayer e Attack on Titan (praticamente, come me, caro JK). La serie, inoltre, ha una delle OST più curate di sempre: vi hanno partecipato HEIZE con Run Away, LE SSERAFIM con Guardian, che è anche la canzone dell’esibizione live dei Bastions, le Brave Girls con Shiny World, Kang Min Seo con The Night Without An Umbrella, Seo J con Like a Fool e AleXa con Shining Star. E vi avviso: ogni momento musicale all’interno degli episodi dura quasi metà episodio.
“You’re one in a million. So let all your colors shine“.
Nonostante la serie anime in sé non sia un prodotto grandioso ed emozionante (in parte per colpa mia, che sono troppo viziata in materia, ma in parte per un’animazione in 3D che credo abbia penalizzato il montaggio e la velocità del girato), gli ultimi episodi mi hanno scosso per il messaggio che, quasi timidamente, riescono a dare. Trattano tutti la storia di una ragazzina schiva e riservata, costantemente bullizzata dai compagni di scuola, che scopre in un cattivo prodotto energetico la forza e il coraggio di rispondere violentemente ai suoi aguzzini fino a perdere l’umanità e a diventare un vero e proprio mostro, un fascio di muscoli e di nervi privi di voce. Quando non riesce più a recuperare la forma umana e tenta di vivere nascosta dal mondo, quest’ultimo si rende conto di lei: la scova, la giudica e la condanna, senza mai porsi alcun problema su come una ragazza indifesa abbia potuto trasformare se stessa e su cosa abbia dovuto soffrire, nel silenzio della società. Perché anche il bullismo non è altro che il sintomo di una società malata, che ha avvelenato i propri figli in tanti e molteplici modi, educandoli alla violenza e alla brutalità e facendo loro perdere se stessi. Mentre il mondo vuole eliminare fisicamente quel malfunzionamento personificato nella ragazza-mostro, i Bastions intervengono per comprenderla e aiutarla a riemergere dal baratro in cui la paura l’aveva gettata, facendole riscoprire la sua unicità e la sua bellezza e portandola ad apprezzare se stessa, senza giudizi altrui, per farla risplendere di nuovo. Credo che questo sia uno dei messaggi che ci è anche più rimasto impresso della narrativa dei testi K-pop (in primis, dei BTS) e che ci ha portato piano piano ad apprezzarne il genere musicale, perché in quella K è nascosto qualcosa di universale e di personale al tempo stesso, come la riscoperta di noi stessi.
Senza distruggerci, impariamo ad amarci e ad apprezzarci, perché essere supereroi non è così difficile se si crede fortemente che un cambiamento è possibile e che non si è mai soli nella condivisione dei valori.
“‘Cause wherever you go, I’m goin’. And you know it“.
Laura
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