“If you’re scared of falling over, you’ll just fall even more“.
Cosa vuol dire essere un Idol? Sono forse un “oggetto di culto (…) che brilla per mezzo della magia delle menzogne” (cit.)? E quanto l’immagine che viene data in pasto ai media corrisponde davvero alla personalità di una star? Come è possibile che degli sconosciuti che si proclamano fan si assurgono la pretesa di decidere per conto suo e di capire cosa è giusto e cosa è sbagliato? Sembrano interrogativi complessi da affrontare per un anime, che si mostra solo in apparenza brillante e glitterato come il mondo delle celebrità, ma che nasconde tutta l’asprezza e le difficoltà delle loro vite, i sacrifici per arrivare al successo, le complesse manovre per mantenerlo, il continuo fingere per tenere un’immagine che non appartiene loro e la costrizione di nascondere il proprio io. Non per niente, Oshi no Ko (推しの子), che può tradursi come My Star o My Idol, è stato un vero e proprio caso in tutta l’Asia, a cominciare dagli Idol del A-Pop, che lo hanno visto e apprezzato e che si sono impegnati a comunicare a tutti la loro passione con video, stories e challenge di ogni tipo, forse perché, per la prima volta, si narra di un mondo di star, ma dalla parte oscura e celata delle persone dietro la loro maschera. Io stessa ne sono venuta a conoscenza con due indizi provenienti dal mondo K-pop: la IG story di RM (BTS), in cui fotografava un televisore con un’immagine di Oshi no Ko, e il video su TikTok con Felix (Stray Kids), impegnato nella challenge della opening My Star, cantata da YOASOBI.
La prima stagione dell’anime si compone di un film e dieci episodi, che è necessario trattare separatamente, perché, in effetti, seguono due corsi temporali diversi, con differenti personaggi, ma con la linea continua di Ai Hoshino, idol prodigio componente della band femminile B-Komachi, da cui parte e torna la narrazione e che domina costantemente tutti gli eventi, in presenza o in sua memoria.
-IN PRESENZA DI AI HOSHINO: UNA STELLA CHE BRILLA-
Gorou Amamiya è un medico trentenne di un ospedale di provincia, perennemente insonne e tendente alla depressione. Un giorno, una sua paziente, la giovane Sarina Tendōji, particolarmente fissata con la musica pop e con tantissime conoscenze su tutti i gruppi di moda al momento, lo inizia al mondo degli idol e gli trasmette la passione per le B-Komachi, capeggiate dal suo centro, la giovane Ai Hoshino, a cui Sarina vorrebbe somigliare, se non fosse costretta in ospedale in stato terminale. Anzi, esprime pure il desiderio di rinascere in una seconda vita come figlia di idol. Quando Sarina muore, Gorou inizia a seguire anche per la sua memoria la vita delle B-Komachi, trasformandosi nel loro fan numero uno, fino a quando nel suo ospedale non capita proprio Ai Hoshino. Solo che l’Idol tanto idealizzata da Gorou e Sarina non è altro che una semplice ragazza sedicenne, a cui la propria agenzia ha imposto di nascondere la gravidanza inaspettata. Mentre per il suo manager, lo stato di Ai è una vergogna e spera che i fan non ne vengano mai a conoscenza, Ai, da sempre orfana e priva di legami, non vede l’ora di diventare madre, nonostante la sua giovane età, forse perché sente l’esigenza di comunicare e trasmettere un amore che non le è mai stato fornito (“Pensavo che, se fossi diventata madre, sarei stata in grado di mostrare il mio amore verso i miei figli“), costretta in un ruolo fittizio, dove il suo carisma e la sua luce brillano dietro un muro di bugie (“Per me mentire è una forma d’amore. Mostro il mio amore in questo modo. (…) Mettendo una bugia dietro l’altra, sembriamo felici di cantare sul palco, non importa quali lotte dobbiamo affrontare“; e, ancora, “Sorrido sempre, in modo da far piacere alle persone. Dopo tutto, sono fatta di bugie“). Gorou impara a conoscere la sua star preferita e ad apprezzare quel lato umano che cela dietro il suo sorriso, mentre la segue come medico durante la gravidanza. La notte del parto, però, Gorou s’imbatte in una figura oscura appostata vicino all’ospedale, un fan ossessionato da Ai, che vuole sapere informazioni su di lei e che non si dà pace per come la sua Idol si sia rovinata con la gravidanza. Mentre Gorou cerca di allontanarlo, i due hanno una colluttazione e Gorou muore cadendo da un dirupo… Poi, apre gli occhi, vedendo di fronte a sé Ai dopo il parto: la sua anima si è reincarnata nel corpo del figlio neonato di Ai, Aquamarine, mentre il corpo della sua gemella, Ruby, ospita l’anima della sua ex paziente Sarina. Solo che i due bambini conservano tutti i ricordi della propria vita precedente e si dimostrano particolarmente vivaci e intelligente, forse anche più maturi della giovane madre, in grado di parlare perfettamente e di comunicare con l’esterno. Praticamente, sono dei bambini anomali (lo so, sembra un po’ creepy o qualcosa alla Senti chi parla?, ma, in realtà, è molto ben congegnato e costruito con una certa verosimiglianza). Siccome l’agenzia non consente ad Ai di essere ufficialmente madre, per non deteriorare quel magico rapporto che la tiene legata ai fan, Aqua e Ruby vengono ufficialmente riconosciuti dal suo manager e dalla moglie, mentre Ai riprende nel giro di un anno tutte le sue attività, ma con una luce che sembra essere diventata ancora più luminosa e unica di prima. Passa il tempo, Ai, ormai ventenne, diventa sempre più famosa, anche se la sua stella viene, in qualche modo, frenata per non oscurare gli altri (così, ad esempio, nei programmi a cui partecipa), mentre i gemelli sembrano aver ereditato anche una parte del carisma della madre, con una propensione per Ruby nel canto e nella danza e una naturale bravura di Aqua nella recitazione (tanto da diventare un giovane e prodigioso attore bambino). Ai sembra più serena anche con se stessa, finalmente capace di comprendere quell’amore che aveva sempre elemosinato e finto nella vita, conscia dell’attaccamento che prova verso i propri figli. Un giorno, però, apre la porta incautamente e, davanti a lei, le si presenta quel fan ossessionato che l’aveva pedinata durante il parto, accusandola di aver tradito i suoi fan: è un attimo e il pugnale che nasconde tra i fiori si infila nello stomaco di Ai, ferendola a morte.
-IN MEMORIA DI AI HOSHINO: LA RICERCA DI SE STESSI-
Sono passati molti anni dalla morte di Ai Hoshino: le B-Komachi si sono sciolte, l’agenzia ha perso gran parte di propri contatti, il manager è sparito, mentre sua moglie ha cresciuto da sola i gemelli, ora al liceo, investendo sui giovani YouTuber. Ruby non ha dimenticato i suoi sogni, che sono diventate delle promesse fatte con l’anima della madre, quello di diventare un’Idol e di rifondare le B-Komachi, portando avanti il suo carisma e la sua lucentezza. Aqua, invece, è diventato un adolescente oscuro e ombroso, di poche parole e di ricordi profondi, deciso a fare chiarezza sul suo omicidio e su quello della madre con tanti piccoli indizi raccolti negli anni. Per infiltrarsi meglio nel mondo dello spettacolo, decide di riprendere la carriera d’attore che lo aveva visto brevemente protagonista da bambino, rivelando il suo talento unico (ve lo dico, soprattutto nei personaggi cattivi e border line), ma anche la sua somiglianza con Ai Hoshino. Ed è così che riesce ad avvicinarsi ancora di più alla madre e a capirne le sofferenze, mentre incontra diversi giovani costretti a nascondere se stessi dietro sorrisi falsi. C’è Akane Kurokawa, giovane attrice teatrale di grande talento e padrona del Metodo, a cui la propria agenzia impone di partecipare al reality show per adolescenti LoveNow: qui mostra tutte le sue debolezze nell’incapacità di comunicare con gli altri e con gli spettatori e di costruirsi un personaggio che possa essere apprezzato nel mondo dello spettacolo, venendo colpita da un’ondata di odio sui social da arrivare sull’orlo del suicidio. C’è Kana Arima, un’ex attrice bambina, che, una volta cresciuta, è stata dimenticata dal mondo dello spettacolo, relegata a qualche ruolo mediocre e a qualche comparsata e disprezzata dal pubblico, perché, al momento del debutto, era troppo giovane per costruirsi una fan base. C’è Yuki Sumi, una giovane modella, in grado di costruire un personaggio che piace al pubblico dei reality, a metà tra la gatta morta e la ragazza super ammirata e amica di tutti, ma, nella realtà, molto più semplice e genuina rispetto a quello che fa vedere di sé. C’è Pieyon, uno YouTuber diventato famoso per i suoi esercizi di body building indossando la maschera da pulcino e, quindi, costretto a celare la propria identità (e anche la propria voce) con una parvenza ridicola. C’è MEM-cho, una TikToker e YouTuber che riesce a creare le tendenze della rete e sogna di diventare un’Idol, ma nasconde la sua vera età per sembrare più giovane. E, poi, c’è Ruby, che, col tempo, capisce di avere ereditato solo una parte del carisma della madre, quel fascino che richiamava i fan fin sotto il palco, senza, però, avere un talento smisurato nel canto e nel ballo, se non la determinazione dell’impegno ed è con la sua caparbietà che riuscirà a coinvolgere Kana e MEM-cho nelle nuove B-Komachi e a sfondare sul palco del Tokyo Dome: una fascetta luminosa e colorata per ognuna di loro, tre per Aqua che le supporta sotto il palco (in una delle scene diventate più iconiche della serie).
Non posso rivelare altro, perché tutti gli eventi sopra descritti prendono una vena gialla, senza che quasi lo spettatore se ne renda conto e perché le indagini di Aqua sono molto più complesse di quanto si possa immaginare e partono dall’oscuro segreto di Ai sul nome e l’identità del padre dei suoi figli e sul fatto che nascondesse molti più segreti rispetto a quanto i figli potevano immaginare. I ricordi di Ai sono frammenti che vengono carpiti e inseriti come tasselli di un puzzle, difficile da completare, mentre la vita di Aqua e di Ruby si scontra con tutte le ansie, le paure e le preoccupazioni di un mondo che ha fagocitato per sempre l’anima della madre. E, per farcela, i due gemelli devono riuscire, anzitutto, a scoprire se stessi.
In Giappone esiste una barzelletta che suona più o meno come “quanto sarebbe bello rinascere/reincarnarsi come figli di Idol“. Forse è stata proprio questa la prima ispirazione del mangaka Aka Akasaka (autore di Love is War), o forse è stato il momento in cui ha iniziato a dialogare con alcuni giovani attori e Idol, alcuni anche protagonisti di live action tratti dai suoi manga, che lo ha motivato a narrare un mondo esteriormente patinato, ma molto più complesso rispetto a quanto si possa immaginare. Come ha affermato lo stesso autore, una delle sue prime fonti è stata un episodio di cyberbullismo subito da un amico famoso nel mondo dello spettacolo, che, nonostante abbia superato le controversie e l’odio degli haters, ne è rimasto profondamente scosso. In questo modo, Aka Akasaka si è reso conto dell’oscuro dietro la luce che circonda il mondo dello spettacolo, comprendendo sia il mondo musicale, sia quello televisivo, cinematografico e teatrale, sia, con la nuova logica di internet, quello degli streamer, in una società dell’apparire e del facile giudizio, che non solo vuole vedere delle maschere, ma impone a queste ultime di indossarne altre secondo i voleri momentanei della massa. I personaggi famosi sono proprio quelli più a rischio, da un punto di visto psicologico, più soggetti alla depressione e mai affrancati dalla spersonalizzazione, dove devono prima soddisfare i criteri della società per potersi esprimere minimamente. “Voglio che le persone sappiano come i giovani talenti vengono feriti, sfruttati e come soffrono. Penso che questo lavoro ponga anche la domanda su come le persone dovrebbero affrontare e trattare quei talenti“, ha dichiarato Aka Akasaka in un’intervista, presentando quello che è un anime/manga che travalica la classica distinzione tra shojo e shonen, così come riempie quel gap esistente tra personaggi famosi e pubblico, tutti appartenenti alla stessa categoria umana, con i propri timori e le proprie aspirazioni e con le fragilità che ci contraddistinguono e che possono portarci sul baratro in pochissimo tempo. Le star sono umane e sono delle persone normali – questo è il messaggio che Aka Akasaka vuole comunicarci anzitutto, sanzionando quei comportamenti ossessivi e irrazionali di fan che, così come possono idolatrare le star, riescono anche ad annullarle psicologicamente e fisicamente.
L’anime/manga in patria (ma anche nel resto del continente asiatico) non solo ha riscosso un grande successo, ma è stato una vera e propria bomba ad orologeria che ha messo a nudo una serie di fatti e di atteggiamenti poco umani e soffocanti del jet-set nei confronti dei giovani artisti, a cominciare dell’immane potere delle agenzie, per continuare con la mancanza di sindacati o di enti similari a proteggere e tutelare gli interessi delle star, senza dimenticare che alcune delle storie inserite nella trama (come il tentato suicidio per colpa degli haters, ma anche gli episodi di stalking, talvolta anche molto violenti, nei confronti delle star) sono derivate da fatti di cronaca realmente accaduti in Giappone.
Ultima postilla: siccome tutto l’anime doveva essere, di fatto, costruito come un enorme documentario dedicato agli Idol, anche la colonna sonora doveva esserne all’altezza, comprendendo non solo le canzoni originali e lo score, ma anche tutte le canzoni che si sentono nelle diverse esibizioni di Idol; per questo motivo, la OST contiene ben 73 brani per un totale di 248 minuti di musica (capeggiata dalla opening cantata dal suo YOASOBI, che vi coinvolgerà subito).
Consigliato: agli amanti dei manga/anime, ma anche e soprattutto agli amanti della musica K-pop/J-pop, anche per aiutarci a vedere veramente le persone dietro le star.
Captain-in-Freckles
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