“Ho pensato al concetto di felicità. Secondo il dizionario, la felicità è un’emozione positiva caratterizzata da sentimenti come gioia, contentezza e soddisfazione. Penso che sia troppo lungo. Ecco come l’ho riassunto. Felicità: il momento in cui non ti manca nulla”.
Un giorno, ho sentito dire che la felicità è un concetto più profondo rispetto a quello che sembra e che si distingue dal semplice appagamento e dall’euforia di un momento gioioso, ma è anche il concetto forse più bistrattato e mal impiegato del mondo, talmente frainteso da essere considerato quasi come un limite irraggiungibile, un’oasi perduta e sempre rincorsa di sicura e piena serenità. La corsa a voler raggiungere qualsiasi meta materiale e non, a diventare qualcuno e a fare qualcosa fa disperdere il nostro essere, il nostro io più profondo, scisso e scomposto nell’ansia del raggiungimento e nella frenesia grigia dell’omologazione. Ci si sente soddisfatti di appartenere al tutto, sempre uguale e sempre mutevole della società, eppure ci si sente manchevoli di qualcosa che diventa inafferrabile e che, in realtà, appartiene alla piccola e umile quotidianità di sentirsi bene con se stessi, la felicità delle piccole cose, quella che porta ad affermare “Mi sento bene ed è abbastanza, va bene anche così“.
Questa è la riflessione che porta lentamente la protagonista, Lee Yeo-rum (interpretata da Kim Seol-hyun di My Country e The Killer’s Shopping List), il cui nome significa inconsapevolmente “estate”, dalla grande e soffocante Seoul al piccolo paese sulla costa di Angok, dopo essere stata lasciata dal fidanzato, che la considerava una perdente incapace di rispondere e di mostrare grinta, dopo aver abbandonato un lavoro in una casa editrice, che la fossilizzava e la umiliava ogni giorno, vittima di un vero e proprio mobbing, e dopo la morte improvvisa della madre. “Ho deciso di far entrare la mia vita in uno zaino“, afferma Yeo-rum, quando si rende conto della sua alienante quotidianità di sveglia-metro-lavoro-metro-casa-sonno: si libera di tutti gli oggetti inutili, disdice il contratto di affitto, vende mobili e vestiti, tenendo con sé solo lo stretto necessario da poter mettere in uno zaino e prende il primo autobus che trova disponibile per una meta a caso. “Ho vissuto la mia vita in stato confusionale. Per non rimanere indietro e non essere criticata, ho resistito con tutte le mie forze. Ma, guardando al passato, mi sono resa conto di aver criticato me stessa più duramente di quanto abbia mai fatto chiunque altro“.
L’autobus ferma sulla costa e Yeo-rum scende immediatamente in spiaggia per godersi la sensazione delle onde del mare sulle gambe e sentirsi libera. Poi, si addentra nel paesino, trova una biblioteca, chiede se può fare la tessera per prendere libri in prestito e decide di stabilirsi lì per iniziare il suo piano di sciopero estivo: “D’ora in poi, voglio usare il mio tempo solo ed esclusivamente per me stessa (…). D’ora in poi, non farò nulla. Sciopererò da questa cosa chiamata vita“, afferma Yeo-rum, che posa il suo zaino a terra, prende in affitto una vecchia sala da biliardo abbandonata e si dedica alla sua solitaria vacanza, costituita da sbornie di soju bevuto da sola, maratone notturne di film e serie tv, lunghe passeggiate mattutine e giornate chiusa in biblioteca in mezzo ai libri. Qui s’imbatte in Ahn Dae-bom (interpretato da Yim Si-wan di Run On e Unlocked), un bibliotecario part-time esile e minuto, il cui nome significa “autunno”, solitario in mezzo alla gente, eppure sempre con un perenne e timido sorriso sulle labbra, gentile anche con i bambini maleducati e privo di qualsiasi rancore. “Sai chi mi ricordi tu? Santiago. Il protagonista de ‘Il vecchio e il mare’ di Hemingway. Appena ti ho visto, ho pensato subito a lui. Te lo ha mai detto qualcuno?“, gli chiede Yeo-rum, quando riesce a stabilire una certa comunicazione con Dae-bum (perché, vi avverto, nei primi due episodi, Dae-bom sembra muto, visto che scrive tutto ciò che vuole esternare su un bloc-notes a causa della sua estrema introversione).
Yeo-rum e Dae-bom sono anime che si conoscono e si comprendono lentamente. Si incontrano come l’estate che degrada verso l’autunno, quando i confini tra gli ultimi giorni di agosto e i primi giorni di settembre sfumano e si uniscono in un’unica atmosfera. Yeo-rum si sente stranamente a proprio agio con questo ragazzo gentile e timido, che sembra una macchietta di Buster Keaton, perso nel suo mondo, così a proprio agio da percepire il beneficio del silenzio, di camminare in pace, senza parlare, senza trucco né abiti eleganti e cittadini, godendo sul proprio viso le sensazioni suscitate dalla brezza marina e dalla luce dell’alba. Dae-bom sente di potersi fidare di quella ragazza un po’ distratta e un po’ svagata, che lascia in giro i suoi soldi, salva i cani randagi dai maltrattamenti (il piccolo Gyeoul, il cui nome significa “inverno”, rimarrà nel cuore) e sembra non avere alcuna abilità nel socializzare con gli altri, pur continuando a tentarci. Si sente così bene da poter parlare di tutto, delle sue corse mattutine, dei libri che legge, della passione per Carl Sagan (di cui viene citato “Murmurs of Earth: The Voyager Interstellar Record“) e della sua carriera interrotta da promettente fisico in Università.
Yeo-rum riscopre se stessa, il piacere delle piccole cose, la fuoriuscita dalla depressione che l’aveva stretta in un gorgo, la bontà di bere un bicchiere di acqua fresca (“Non c’è niente di meglio dell’acqua“) e la gioia attiva delle 4 del mattino per ammirare l’alba (“La tua giornata può finire alle 4 del mattino o può iniziare alle 4 del mattino. Nel primo caso, finisce nella disperazione e nella depressione; nel secondo caso, comincia con la voglia di vivere: è sempre lo stesso orario, ma sono due punti di vista diversi“). Cambia lentamente e quasi senza farci caso, ascoltando la propria voce interiore e provando la serenità di ogni più piccola emozione in quello che le accade e nelle interazioni con gli altri, a dispetto dell’ansia sociale che l’aveva attanagliata sempre nella sua vecchia vita (“Forse la vita non è così diversa. Se vai nella direzione opposta a quella in cui vanno gli altri, potresti essere in grado di trovare un sentiero tranquillo e silenzioso che non è così affollato“). Intorno a lei, non le dà forza solo Dae-bom, ma anche la giovanissima Bom (interpretata da Shin Eun-soo di DoDoSolSolLaLaSol), il cui nome significa “primavera”, suo fratello Ha-neul (interpretato da Shin Ki-joon), la loro nonna (interpretata da una trasformatissima Kim Hye-jung), a cui la protagonista insegna a leggere e a scrivere, il giovanissimo amico di Bom, Jae-hoon (interpretato da Bang Jae-min), che non si sente accettato dai ricchi e intellettuali genitori americani, il comico e imbranato Sung-min (Kwak Min-gyu), l’altezzosa e severa bibliotecaria Ji-young (Park Ye-young di Hometown Cha Cha Cha).
Ma non tutto quello che appare è la realtà e Yeo-run dovrà fare i conti con un delitto che sconvolge la tranquilla cittadina di mare e che affonda le radici in un fatto accaduto vent’anni prima nella sala da biliardo da lei affittata come casa e nei traumi del passato di Dae-bom. Lo slice-of-life con venature romance e da comfort drama sfocia in una sottotrama crime, che nulla toglie alla delicatezza della trama principale, ma che, anzi, aiuta a comprendere meglio i caratteri dei personaggi e a costruire quella rete solida e fitta, capace di tenere salde le persone anche nella forza reciproca, senza tralasciare i mutamenti e le emozioni dell’animo umano.
Summer Strike (in originale 아무것도 하고 싶지 않아, che letteralmente significa qualcosa tipo “non me la sento di fare nulla”), tratto dal webtoon “I don’t feel like doing anything” di Joo Young-hyun, è un drama piccolo, intimista e delicato, che aiuta a scavare nell’inconscio dei propri timori, dei propri traumi e delle tristezze, ma lo fa con un tocco gentile, introverso ed emotivo al tempo stesso, che, mentre decide di occuparsi delle “piccole cose”, eleva come propri protagonisti “piccoli esseri umani”, che non hanno nulla di eroico o di particolarmente brillante, né si mettono mai in mostra, ma che sono quanto di più vicino possa esserci alla nostra quotidianità e alla nostra umanità. Gli interpreti sono perfetti nella loro normale presenza (no, non trovate uomini e donne alti, belli, con capelli ad hoc e incarnato pronto per il flash), mentre ogni più piccolo sguardo e ogni minuscolo gesto è ben calibrato e studiato per la caratterizzazione del loro animo. Ho amato proprio questa peculiarità che tratteggia il drama come una prosa di Hemingway. D’altronde, la protagonista decide di rimanere ad Angok nel momento in cui, aperto un libro a caso preso dallo scaffale della biblioteca (che, poi, si rivela essere proprio “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway), legge la frase: “Gli uomini non sono fatti per arrendersi. A volte potremo fallire, ma non saremo mai sconfitti“. Il fallimento, che, poi, è anche la paura stessa di fallire e di sbagliare, segna le vite di tutti i protagonisti in un’estate che scorre lenta e vaga, a perdersi nell’attesa di un cambiamento, dell’alternarsi delle stagioni, nel tentativo cadenzato di superare l’oscurità della depressione per andare avanti. Tutti i protagonisti, inoltre, sono stati segnati, in qualche modo, dalla perdita di una persona cara, un lutto che portano addosso come un tatuaggio e di cui quasi si sentono in colpa, per cui l’estate diventa la stagione di stasi immota dedicata a se stessi per digerire il dolore. Proprio come la protagonista del romanzo “Fuori è estate” di Kim Ae-ran, che, non a caso, è citata dalla protagonista come la sua autrice preferita (e il suo libro preferito) e che è proprio alla base del suo solitario “sciopero estivo”, ovvero della sua rinascita dopo la stasi. Non a caso il protagonista, che è un fisico, studia l’entropia, che nella termodinamica è “una grandezza scalare che rende conto della propensione di un corpo o di un sistema fisico, durante processi chimici e termodinamici, a scambiare o trasformare energia” e che, quindi, è una grandezza che può essere assunta per misurare il grado di disordine in un sistema. Si tratta di un disordine interiore, perché provocato da fattori esterni (il calore della termodinamica, ad esempio), che si cerca di calcolare, comprendere e ordinare per arrivare al punto di perfezione della sintropia, che è l’energia che alimenta armoniosamente la vita.
Ultima postilla: la regista e sceneggiatrice di questo drama è Lee Yoo-jeong, già creatrice di Cheese in the Trap, The Lies Within e del famosissimo (e premiato) Coffee Prince. E lo stile si nota.
Consigliato a tutti: perché, come mi disse una volta mia sorella, l’estate non è una stagione, ma uno stato d’animo, e credo che ogni animo possa riconoscere un pezzetto di sé in questa storia e in questi personaggi.
Captain-in-Freckles
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5 pensieri riguardo “Summer Strike (ovvero la felicità delle piccole cose)”