Once Upon A Small Town (ovvero ricordi futuri di infanzia)

I genuinely feel like everyone in this village is my family.
No one grows up alone, you know?

Pensiamoci bene: è esistita per ognuno di noi quell’infanzia infinita, quella che ricordiamo come un’unica lunga estate, perché c’è sempre sole durante l’infanzia e ci sono giornate lunghissime, accompagnate dal frinire dei grilli e dal gioco all’aperto, dall’odore della palla appena comprata e dalle ore di stasi pomeridiane, quando gli adulti riposano o sono al lavoro e il mondo è solo dei bambini. Per tutti, poi, è esistita quell’ultima e grande infanzia, quella che possiamo definire con la I maiuscola, l’ultimo momento in cui ci siamo resi conto di essere bambini e sapevamo di camminare sul crinale per diventare adulti. Il cambiamento era proprio lì a due passi, ad attenderci dietro l’angolo come una macchia oscura e informe, eppure, ben sapendolo, lo abbiamo ignorato o, perlomeno, ce ne siamo dimenticati per quei lunghi tre mesi estivi, che segnavano la fine della nostra età d’oro. E, allora, abbiamo giocato ancora più forte, abbiamo urlato con più convinzione, siamo andati in esplorazione sfidando il caldo e l’immutata solitudine, ci siamo costruiti un nostro mondo, inaccessibile a tutti, se non a quei piccoli e selezionati nobili del nostro castello, e, poi, abbiamo sigillato tutto, nei nostri ricordi, dove andiamo, di tanto in tanto, a pescarli come vecchie polaroid ingiallite. Se ricordate, abbiamo tutti avuto quell’ultima grande infanzia di gioco e di benessere, persi nel nostro mondo e convinti a non ritornare più, perché sapevamo che, finita l’estate, ci avrebbe aspettato il doveroso procedere della crescita. Per questo motivo, ricordiamo quella grande estate d’infanzia molto bene, come l’estate più bella, e tendiamo a fondere tutti i ricordi infantili precedenti in quel momento.

Questo è ciò che accade anche ad Ahn Ja-young e Han Ji-yul, che si conoscono da bambini e si incontrano ogni estate, quando Han Ji-yul va a trascorrere le vacanze in campagna nella casa dei nonni, e che si aspettano ogni anno, fino all’ultima grande estate della loro infanzia, quella in cui sanno che devono costruire una propria realtà in cui rifugiarsi e da proteggere dal mondo adulto. Solo che, con la naturalezza che hanno i bambini, mentre trascorrono insieme la loro ultima estate di gioco e confidano l’una con l’altro le proprie paure, i propri segreti e i sogni sul proprio futuro, non si scambiano mai il nome. Perché per i bambini è superfluo avere un nome, una sovrastruttura imposta da adulti che non ha nulla a che fare con il proprio mondo. La brusca frattura che li separerà per portarli nell’età adulta è già avvenuta e la crescita è dietro l’angolo: mentre Ahn Ja-young, che vive con la nonna, inizia a prendersi sempre più responsabilità delle persone del villaggio, Han Ji-yul rimane improvvisamente orfano di entrambi i genitori e viene catapultato nella grande città ad affrontare il proprio futuro.

Passano gli anni, Han Ji-yul (ora interpretato da Cho Yoong-woo, Oasis, School 2021) è diventato un abile veterinario in una clinica di Seoul per animali domestici, quando riceve una chiamata d’emergenza da parte del nonno, veterinario di animali di allevamento nel villaggio di campagna dove trascorreva le estati della sua infanzia, e si reca di corsa per prestare il proprio aiuto. Nella realtà, il nonno e la nonna hanno deciso di andare a fare un lungo viaggio intorno al mondo e, senza dire nulla al nipote, hanno preparato tutto per “incastrarlo” presso la loro clinica veterinaria di campagna per tutta l’estate. Non si capiscono le reali motivazioni che hanno portato i nonni ad agire in modo così sconsiderato e poco leale, ma, con il procedere degli episodi, iniziamo a conoscere un po’ meglio Han Ji-yul, che, a dispetto della sua brillante carriera lavorativa, non ha mai un sorriso in volto o, meglio, dalla morte dei genitori non ha mai sorriso, rinchiuso in una depressione e in una tristezza apatica per cui vive solo per il suo lavoro. Il suo arrivo in campagna genera subito un certo scompiglio, non solo perché snob, altezzoso e superbo, poco abituato a gestire animali di allevamento e di grossa taglia e per nulla aduso a comunicare con la gente semplice del villaggio, ma anche perché, per una serie di fraintendimenti, viene prontamente arrestato da Ahn Ja-young (Joy delle Red Velvet), poliziotta della piccola comunità.

Ahn Ja-young è diventata una ragazza gentile, empatica, ottimista, pronta ad aiutare il prossimo e impicciona, praticamente il contrario della riservatezza guardinga di Han Ji-yul e questa diversità di caratteri li porta spesso ad incontrarsi e a scontrarsi, con lo sfondo di una comunità di campagna dove tutti si fanno gli affari di tutti e dove anche i loro battibecchi iniziali e la loro successiva amicizia vengono letti e riletti al microscopio, magari durante una serata di festa improvvisata per la nascita di un vitellino o per un buon raccolto o durante una sessione di preparazione del kimchi da parte delle ajumma del villaggio, guidate dalla capo villaggio Jang Sae-ryon (Baek Ji-won, l’avvocata AD dello studio legale di Avvocata Woo, anche apparsa in Melancholia, Encounter e Mad for Each Other). E, mentre Ahn Ja-young tenta di proteggersi dalle frecciatine delle donne del villaggio e Han Ji-yul cerca di integrarsi e di contare i giorni che lo separano alla fine dell’estate e, quindi, della vacanza dei nonni, i due finiscono per avvicinarsi, diventare amici, scoprire il legame in quelle estati di gioco mai dimenticate (complice un libro) e, lentamente, innamorarsi. Ma, come in tutti i drama romantici, anche qui c’è un second lead di tutto rispetto, Sang-hyun (Baek Sung-chul, Inspector Koo), uno che conosce la protagonista sin dall’infanzia e che è sempre rimasto pazientemente in attesa che la sua amicizia si trasformasse in qualcosa di diverso. E, infine, esiste anche l’amico imbranato, quello che si trova involontariamente ad essere aiutante per caso del protagonista e che strappa al pubblico così tanti sorrisi da chiederci perché non gli abbiano affidato più battute: il veterinario collega di città Choi Yun-hyeong (interpretato dal compianto Na Chul, visto in Happiness e Vincenzo e rimasto impresso per il suo ruolo grandioso in Weak Hero Class 1).

Once Upon A Small Town (어쩌다 전원일기, noto anche come Accidental Country Diary o, in italiano, L’amore lontano dalla città) è una piccola produzione felice marcata Kakao TV e approdata su Netflix, che ha avuto un successo imprevisto. Basato sull’omonimo webtoon, il drama ha il pregio di presentarsi in modo fresco, senza grandi dilemmi né drammi, con personaggi piuttosto lineari e con una dinamica quasi da romanzo austeniano, dove lei è perfettamente immersa nel suo piccolo ambiente di campagna e cerca il vero amore e lui evita l’umanità, che trova fastidiosa e ridicola, e dove tutti si conoscono e si urtano quasi piacevolmente a vicenda come se tutti quanti vivessero in un piccolo villaggio inglese.

Non è il solo rimando letterario inglese che mi è venuto in mentre guardando il drama: il trasferimento di un veterinario dalla città in campagna per occuparsi di animali di grossa taglia e muoversi tra strade accidentate solo in bicicletta mi ha fatto venire in mente anche i racconti di James Herriot, come il suo romanzo Creature grandi e piccole (All Creatures Great and Small), che scoprii quasi per caso tanti anni fa in biblioteca e che riuscì a mettermi di buonumore e a darmi un senso di pace. Un po’ come questo drama, iniziato a guardare quasi senza pretese per riprendermi da visioni pesanti e cercare una lieve ondata di ottimismo e di gentilezza. Perché la vera unicità di questo prodotto è una narrazione gentile e pacata, che non scade mai in alcuna bruttura e che ti fa perdonare anche interpreti inizialmente un po’ ingessati e non eccezionali, ma che, con il procedere degli episodi, sanno donare quella timidezza di un nuovo sentimento che sboccia.

Però, siccome siamo in Corea del Sud e secondo i cliché dei drama tutti i personaggi si sono conosciuti in qualche modo da bambini, ecco che anche qui i protagonisti si sono incontrati e hanno giocato ai tempi di quell’ultima infanzia felice, quella che ha dato loro i ricordi e gli ultimi attimi di spensieratezza a cui fare affidamento per il futuro. Emblematico è il momento in cui si riconoscono e, consci della loro età d’oro, decidono di darsi appuntamento lontano dagli sguardi di tutti per giocare, nel vero senso della parola, arrampicandosi, correndo, saltando sui sassi, fischiando sui fili d’erba e ridendo, come quando erano bambini. Entrambi i protagonisti, insieme, crescono e capiscono se stessi, cosa sono e cosa vogliono essere nella vita, superano quella linea di confine tra infanzia ed età adulta, ma, questa volta, ricchi dei ricordi e delle meraviglie infantili che decidono di portare con sé per il resto della propria vita.

Infine, la fuga dalla città in cerca di una dimensione più ingenua e umile e anche in cerca di se stessi è una tematica affrontata spesso nei k-drama (vedi Hometown Cha-Cha-Cha, ma anche The Good Bad Mother), che ci propongono spesso una dicotomia tra quel mondo caotico e senza cuore cittadino e la purezza dei sentimenti della campagna, dove i ricordi sono custoditi dagli anziani e il futuro è nelle mani di un’infanzia che riesce a comprendere il passato.

Consigliato: a tutti e, in particolar modo, in estate, perché abbiamo bisogno di spezzare la routine della quotidianità e di fuggire, metaforicamente, dal rumore cittadino, per rifugiarci nella nostra infanzia, nella nostra lunga giornata estiva senza preoccupazioni né imposizioni, recuperare i ricordi e sdraiarci all’ombra di un albero con un buon libro o esercitarci a lanciare sassi nei fiumi, giocare, come quell’ultima estate in cui improvvisamente siamo diventati grandi.

Captain-in-Freckles

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