Porco Rosso – Il cielo e la libertà

“Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale”

In questo 25 aprile, non a caso scrivo questa recensione di un film d’animazione famosissimo e spettacolare con, in apertura, una citazione che è considerata uno dei momenti più politici del cinema di Hayao Miyazaki, ma anche un vero inno alla libertà, personale e di pensiero, l’indipendenza intellettuale da qualsiasi forma di costrizione e da qualsiasi regime. Perché Porco Rosso (紅の豚 Kurenai no buta) è così: un volo continuo tra i cieli non in cerca della libertà, ma in sua continua e devota testimonianza, una rottura dai legami e dalle autorità intellettuali. Quando nel 1992, uscì nelle sale cinematografiche questo capolavoro, dopo uno strano passaggio di produzione e distribuzione (per cui era stata chiesta al Maestro Miyazaki solo la produzione di un mediometraggio destinato unicamente all’intrattenimento sui voli internazionali della Japan Airlines), nessuno pensava che contenesse un vero e proprio manifesto delle idee politiche dell’autore e una quasi identificazione tra i destini simili di Giappone e Italia durante gli anni ’20-’40, Stati oppressi da regimi autoritari che hanno frenato le aspirazioni di libertà. Eppure, in circa un anno di lavoro e di disegni, Miyazaki è riuscito a creare qualcosa di epocale, che unisce la sua visuale fantastica e fiabesca alla grande e drammatica storia, con quel tocco di steampunk che non manca mai alle sue opere e che è diventato quasi un marchio di fabbrica.

Il protagonista, Marco Pagot, è un abile aviatore della Regia Aeronautica italiana che si è distinto particolarmente per le sue missioni pericolose durante la Prima Guerra Mondiale. In una di queste, è sopravvissuto per miracolo a morte certa, ma, dopo un’esperienza premorte, quasi frutto di un incantesimo ignoto, si è risvegliato con le sembianze di un maiale. Intanto, sono passati gli anni, in Italia il fascismo si è insediato saldamente e Marco si è messo in proprio come cacciatore di taglie dei contrabbandieri dell’aria, che insegue con il suo idrovolante monoplano rosso di tipo Savoia S.21 (o S.21 “Folgore”, dopo aver montato l’omonimo motore), che lui chiama affettuosamente Porco Rosso. Alle abilità di Marco sono interessati sia i pirati dell’aria, che, per fronteggiarlo, hanno ingaggiato Donald Curtis, asso dell’aviazione statunitense, brillante ed esuberante avventuriero, sia i fascisti, che vogliono riportare Marco tra i propri ranghi. Intanto, Marco si muove dal suo covo segreto sulla costa dalmata, alle isole dell’Adriatico dove si trova il club di Gina, sua vecchia fiamma con cui non si è mai potuto dichiarare a causa del suo aspetto mostruoso, a Milano per far riparare il suo idrovolante dall’officina del signor Piccolo, dove vive Fio, la nipote diciassettenne che è un provetto meccanico e che accetta Marco al di là di qualsiasi aspetto. “Quando ti guardo, mi viene da pensare che l’umanità non sia poi tutta da buttare“, le confessa Marco, le cui sembianze sembrano tornare umane sotto lo sguardo amorevole di Fio, perché la ragazza condivide con lui l’ansia di libertà, ma aggiungendo anche quell’ingrediente di speranza verso il futuro che le disillusioni di Marco avevano rimosso.

Il cielo, così come il mare, diventano teatro di scontri pirateschi quasi salgariani in un piccolo e fiabesco ambiente dove ognuno, a modo suo, cerca di mantenere la propria libertà, quel concetto astratto e bistrattato, tanto conclamato da regimi e guerre di ogni tipo, ma così difficile da raggiungere. Una guerra illusoria e le false promesse hanno tolto a Marco qualsiasi innocenza (la sua trasformazione in maiale), ma l’amore per una prospettiva futura condivisa ne può decretare la liberazione. Se la libertà non arriva da sola, allora Marco (così come gli altri personaggi) decidono di riprendersela e, una volta conquistata, di mantenerla. Una liberazione che è preservazione della propria indipendenza e speranza per il futuro.

Guest star d’eccellenza: Arturo Ferrarin, ex compagno d’arme di Marco e ancora suo amico, che lo avvisa del fatto che i fascisti siano alla sua ricerca e tenta, in qualche modo, di ripararlo. Si tratta di un personaggio esistito realmente, celebre aviatore e militare italiano, eroe della Prima Guerra Mondiale e famoso per il raid aereo Roma-Tokyo nel 1920 (100 ore di volo con scalo e tappe in Cina – 3 – e in India – 2) e per l’impresa Roma-Brasile (49 ore di volo consecutive senza scalo) a bordo di un idrovolante Savoia-Marchetti S-64 molto simile a quello guidato da Marco Pagot nel film.

Ma il citazionismo non finisce qui, perché, nonostante il protagonista del film di Miyazaki sia immaginario, il suo nome non lo è: il suo nome, infatti, è un omaggio diretto a Nino e Toni Pagot, fumettisti e disegnatori italiani, creatori del celebre Calimero e di Grisù il draghetto, ma anche a Marco e Gina Pagot, figli di Nino e ideatori di Il fiuto di Sherlock Holmes, serie d’animazione diretta da Hayao Miyazaki e coprodotta con lo Studio Pagot (per la RAI).

Altra guest star d’eccezione sono gli aerei o, meglio, gli idrovolanti italiani, tradizione celebrata più avanti da Miyazaki anche nel film Si Alza il Vento. Idrovolanti costruiti sul Lago di Varese, presso la fabbrica di Sesto e stanziati all’idroscalo della Schiranna, o presso i Cantieri Riuniti dell’Adriatico, dove lavoravano ingegneri che, poi, confluirono all’Agusta. Esemplari famosi, come quello della trasvolata di Italo Balbo, compaiono in questo film come preziosi camei d’autore e per chi è amante di questi citazionismi dell’aria da parte di Miyazaki è sempre cosa buona e giusta una visita presso il Museo di Volandia a Somma Lombardo (VA), vicino all’aeroporto Malpensa-Milano. Del resto, gli aerei per Miyazaki sono sempre stati metafora di concetti elevati: strumento di conoscenza e di liberazione, impiegato malamente dai governi come strumento di guerra e di costrizione, Miyazaki li libera dai legami dei regimi e li fa volare in alto nei cieli per riportarli al loro scopo originario, ovvero la libertà di conoscere e di comprendere le proprie idee.

E a chiunque voglia limitare i vostri orizzonti ricordate sempre che “un maiale che non vola è solo un maiale“. Buona liberazione!

Captain-in-Freckles

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