Abbiamo appreso nelle prima lezione che cosa sono i drama (per cui vi consigliamo di riprendere in mano il primo capitolo della nostra guida galattica come una bussola per orientarsi) e abbiamo notato l’originalità e l’unicità di questo prodotto seriale del mondo asiatico, che, bene o male, pur con diversi contenuti ed elementi essenziali, di cui parleremo più avanti, si è diffuso con un effetto domino, come il principio dei vasi comunicanti in fisica. Ma, nella realtà, come nasce un drama? Sicuramente, da un progetto, da un cast solido e collaborativo con attori di qualità, da una regia capace di coordinare tante anime, dalla chiarezza espositiva degli sceneggiatori e da tutti gli elementi tecnici che riescono a coesistere in perfetta armonia. Se la “magia” che ci ha portato nel mondo seriale asiatico consistesse solo in questa macchina ben oleata, peraltro presente per qualsiasi set cinematografico e seriale in tutto il mondo, sarebbe ben minima la differenza e la peculiarità con le altre serie occidentali. Vogliamo andare oltre, vogliamo arrivare all’idea che sta alla base della storia e che, molto spesso, è delineata in un fumetto. Ebbene sì, perché il fumetto in Oriente non è una lettura per bambini, come molto spesso si è abituati a declinare, ma un vero e proprio genere narrativo con una letteratura e una ricostruzione storica di fondo.
L’origine del fumetto in Asia deriva da raffigurazioni umoristiche, quasi satiriche, contenute in alcune pubblicazioni giapponesi del XVIII secolo, come Manga hyakujo (漫画百女) di Aikawa Minwa, tradotto come “Il taccuino di un centinaio di donne“, raffigurante una serie di scene di vita e di attività quotidiana di diverse donne di corte. Per essere precisi, però, la traduzione che ricaviamo del titolo è a sua volta derivante dalla sua trasposizione in lingua inglese “The Sketchbook of One Hundred Women” che l’ha internazionalizzata e resa nota al pubblico di diversi Stati. Letteralmente, quei primi due kanji 漫画 corrispondenti alla parola manga, appunto, indicano una narrazione (漫) in ozio (画), ovvero una storia senza scopo o, meglio, una storia narrata per divertimento e per pura ricreazione, senza aspirare ad un fine didascalico o pedagogico, e, come tale, si riferiva ad un genere di narrazione pittorica già diffusa e consolidata nella cultura giapponese addirittura dal VIII secolo (N.B.: il primo manga fu scritto in epoca Heinan, 784-1185 d.C., nonostante non fosse ancora usato il termine manga). Il successo delle raffigurazioni di Aikawa Minwa e di altri influì sulla decisione di diversi artisti di ukiyo-e (un genere di stampa artistica giapponese, per cui vi rimandiamo alla lettura dell’articolo L’ukiyo-e, lo stile amato da Van Gogh), tra cui il famosissimo Katsushika Hokusai, l’artista della celeberrima onda, che un po’ raffigura questa ondata di cultura asiatica che ci ha piacevolmente invaso. Grazie alla notorietà della sua raccolta di dipinti e stampe, i famosi Hokusai Manga, la parola si è diffusa rapidamente in tutto il mondo per indicare principalmente raffigurazioni artistiche provenienti dal Giappone (e, successivamente, dal resto dell’Estremo Oriente), che avevano lo scopo di narrare una storia. Questa funzionalità è diventata principale, tanto da sopprimere le altre caratteristiche con l’avvento della pop culture e, in particolare, con l’aspirazione ad imitare le mode provenienti dagli Stati Uniti. Fu in questo senso che, nel 1946, all’indomani della conclusione della Seconda Guerra Mondiale, il fumettista giapponese Osamu Tezuka (che, a questo punto, possiamo definire manga-ka, ovvero un disegnatore di manga), ispirandosi alla dolcezza delle raffigurazioni viste nei film d’animazione e nei corti di Walt Disney, diede vita a Kimba, il leone bianco (in originale: ジャングル大帝, Jungle Taitei), che presto raggiunse un successo talmente clamoroso da venire trasposto nel 1965 in un anime (アニメ), ovvero in una serie animata, che approdò, sebbene con un certo ritardo, anche nelle reti televisive italiane.
Avete notato qualcosa di strano? Sì, siamo in pieno periodo Akira Kurosawa, film di mostri kaiju in stile Godzilla e inizio della serialità dramosa con Gekko Kannen. E, siccome le coincidenze non esistono, possiamo segnare che è proprio quel periodo, che va dagli anni ’50 agli anni ’70 e che segna il boom dell’esportazione della cultura pop giapponese, che, al tempo stesso, dà avvio ad una tradizione diffusa. Perché dal Giappone, per il solito principio dell’imitazione e dell’emulazione dei modelli in tutta l’Asia, il modello della storia a fumetti narrata dai manga si trasmette ovunque. In Cina, negli anni ’80, nacquero i mànhuà (漫画) o liánhuánhuà (连环画), storie a fumetti contenute in piccoli libri tascabili, particolarmente promossi dal governo cinese guidato da Deng Xiaoping anche come mossa politica nel tentativo di liberarsi dalla restrizione della rivoluzione culturale di Mao Zedong e di incentivare il benessere del popolo. In Indonesia, arrivò il CERGAM (acronimo per CERita, storia, e GAMbar, immagine), influenzato dal coacervo di culture e di religioni presenti sul territorio e molto simile alle strisce umoristiche europee; nelle Filippine, arrivarono i komics, che tentavano di coniugare la tradizione orientale del manga con quella dei comics americani; in Thailandia, si delinearono i THAI comics (หนังสือการ์ตูนไทย), fondati sulle caratteristiche delle vecchie raffigurazioni tradizionali e sulla narrazione tipica thailandese, ma con la contaminazione della cultura pop giapponese.
In Corea, la tradizione del manga era arrivata ben prima della diffusione asiatica in parte per l’occupazione giapponese (1909-1945) e in parte per una tradizione figurativa millenaria che portava ad affiancare (o, addirittura, a sostituire) diversi testi divulgativi con immagini, in modo da renderli più comprensibili per un popolo illetterato. Così, i canoni buddisti venivano incisi e divulgati in manifesti figurativi, ma anche le notizie provenienti dagli uffici governativi e i contenuti delle norme erano oggetto di stilizzazioni figurative per, poi, venire affissi e resi noti alla popolazione. Questa tradizione era così ben consolidata che, quando, nel XIX secolo, sorsero i primi giornali, spesso gli articoli erano accompagnati da vignette e raffigurazioni per facilitarne la comprensione da parte dei lettori e rendere le notizie accessibili anche a chi non era in grado di leggere tutto il giornale. Le vignette si fusero presto con la verve satirica di alcune testate giornalistiche e con l’intento di critica sociale per iniziare a creare storie proprie, che, dopo il contatto giapponese, fecero sorgere una propria tradizione di manhwa (만화) o manpilhwa (만필화). Tra gli anni ’50 e gli anni ’90 del XX secolo, si diffusero con una rapidità notevole in tutta la Corea del Sud i manhwabang (만화방), non delle vere e proprie fumetterie, ma dei negozi che noleggiavano i fumetti (se avete visto il drama 25 21, sapete bene di cosa sto parlando) e che incrementarono notevolmente il genere della narrativa a fumetto in tutto il paese. Una vera e propria narrativa, perché i manhwa non si proponevano più di essere solo satirici o di contenere brevi e rapide vignette, ma, ad imitazione degli omologhi giapponesi, costruivano delle vere e proprie storie, che potevano essere una fonte di ispirazione anche per film e per prodotti seriali vari, dagli anime ai drama.
E così, in effetti, fu. Con il successo contemporaneo del genere, sia Giappone che Corea del Sud iniziarono a scoprire la potenzialità delle storie contenute negli albi a fumetti per i prodotti da trasmettere in tv. Se i giapponesi, inizialmente, preferirono le trasposizioni d’animazione, creando una successiva produzione di una serie televisiva quasi come se fosse una reinterpretazione in live action dell’anime, i coreani sfruttarono subito l’idea dei manga e dei manhwa per ricavarne drama che divennero un successo in tutta l’Asia, costituendo, così, una nuova moda. Per esempio, la serie cult Full House, che lanciò la carriera di artisti come Rain e Song Hye-kyo, è basata sull’omonimo manhwa, scritto e disegnato da Won Soo-hyeon. Con l’aumento del successo dei drama asiatici, manga e manhwa divennero lo spunto iniziale, la cosiddetta idea di partenza, per la creazione di storie originali, fresche e ricche di dinamiche tra personaggi, che avevano due meriti: anzitutto, sapevano distinguersi dal format occidentale, creando qualcosa di originale; in secondo luogo, potevano contare, perlomeno in patria, ma anche negli altri paesi asiatici, su una certa notorietà, perché il pubblico, che già aveva letto e conosceva la storia contenuta nel fumetto, era più invogliato a guardarne il drama. Per questo motivo, ogni drama poteva partire su una fetta di audience più o meno certa, cosa che garantiva una costante produzione continua e incentivava a produrre altri drama ispirati a fumetti; e così via.
Con la nascita di internet e la diffusione dei contenuti multimediali in rete, anche il fumetto ha iniziato a cambiare alcune caratteristiche per diventare immediato e cogliere l’opportunità dell’eliminazione delle barriere per viaggiare con più velocità. Ancora una volta, i coreani, sfruttando la loro propensione netizen, hanno riadattato il proprio repertorio manhwa in versione cibernetica, dando avvio al cosiddetto webtoon, ovvero un fumetto, con le medesime caratteristiche grafiche di manga e manhwa, ma che può essere letto direttamente dai dispositivi elettronici, senza pagine da sfogliare e, soprattutto, riducendo i costi di acquisto. Ci sono tantissime app che contengono vere e proprie banche dati di fumetti e, come le tv in streaming, offrono l’opportunità ai lettori di accedere ai propri contenuti talvolta gratuitamente e talvolta dietro il pagamento di una quota in abbonamento. In questo senso, le app Webtoons e Manta Comics presentano i cataloghi più completi e interessanti (e anche meno costosi), che vi consiglio di consultare, ma le banche dati di webtoon e le possibilità di leggerli aumentano ogni giorno. Ogni nuovo webtoon caricato è un’ipotetica idea per la creazione di un drama e chi è entrato in quel loop da tempo sa già che scorrere la banca dati di una di queste app è un avviso su ipotetici e futuri titoli di serie televisive, ma anche una possibilità per leggere fumetti a cui si sono ispirate serie tv già viste, forse anche solo per trovare diversità e somiglianze.
Come dice Jo Seok, protagonista del drama Il suono del tuo cuore, ma, soprattutto, egli stesso fumettista e disegnatore di webtoon (vi ricordo che il suo fumetto, a cui è ispirato il drama, è il più longevo di sempre in Corea del Sud), i creatori di webtoon sono le vere star, perché con le loro idee sono in grado di donare e realizzare sogni ai propri lettori. E forse non solo a loro.
Captain-in-Freckles

2 pensieri riguardo “Piccolo breviario per orientarsi nel mondo seriale asiatico: il fumetto prima del drama”