“Quando si tratta di logica e deduzioni, non esistono né vincitori né vinti. Cerca di impararlo, se vuoi diventare un detective. L’unica a vincere è sempre la verità”.
All’uscita dei film con protagonista la giovane Enola Holmes, fracassone marcato Netflix e derivante dalla saga di libri young adult di Nancy Springer, quelli della mia generazione sono rimasti perplessi per diversi motivi: anzitutto, una sorella minore e totalmente inventata di Sherlock Holmes non si era mai vista nemmeno negli apocrifi più inquietanti (e nemmeno quel genio di Moffat è stato perdonato del tutto per questo svarione familiare sul Canone); in secondo luogo, ci sono errori storici talmente gravi sull’età vittoriana e sul movimento delle suffragette da spingere ad inviare gratuitamente all’autrice un buon libro di storia dell’epoca; in terzo luogo, quella petulante e tutto-fare diciassettenne investigatrice sembra più concretizzare il canone fandom di una qualsiasi “Mary Sue” (ovvero un vero e proprio cliché letterario derivato dal fandom di Star Trek e relativo a una protagonista giovanissima con abilità e caratteristiche fuori dal comune e del tutto inaspettate, apparentemente priva di evoluzione psicologica). Ma, soprattutto, quelli della mia generazione storcono il naso, perché sanno che esiste un solo adolescente con le abilità di Sherlock Holmes, un diciassettenne occhialuto e di bassa statura che, sognando di emulare le gesta del detective britannico, ci ha fatto compagnia durante la nostra infanzia negli anni ’90 e risponde al nome di Shinichi Kudo e al soprannome di Detective Conan.
Per la verità, Shinichi non è così basso e così infantile come appare. Studente liceale, coltiva da tempo la sua passione investigativa e collabora in modo saltuario con la polizia, mettendo a frutto la sua deduzione logica, le sue abilità intellettive e mentali e la sua perspicacia. Solo che, un giorno, mentre si trova ad un parco dei divertimenti insieme all’amica di sempre, Ran, si imbatte in un’organizzazione criminosa e diventa testimone di un delitto. I criminali lo rapiscono (anche perché il nostro non ha una grande mobilità e rimane piantato a pensare senza rendersi conto del mondo circostante) e lo avvelenano con una misteriosa sostanza per eliminarlo. Se non fosse che Shinichi non muore affatto, ma cambia fisionomia e il suo corpo ringiovanisce di ben 10 anni. Così, su consiglio del professor Hiroshi Agasa, specie di inventore e scienziato nerd che pare uscito da Ritorno al futuro, inventa l’identità di Conan Edogawa (palese omaggio allo scrittore Arthur Conan Doyle, creatore di Sherlock Holmes, e ad Edogawa Ranpo, famoso scrittore giapponese di gialli e creatore del detective Kagoro Akechi) e, come tale, diventa un bambino prodigio con il cervello superiore di un computer e la maturità e la saggezza di un adulto. Perché, anche come ragazzo di 17 anni, il nostro Shinichi era una mente fuori dal comune: intelligente, arguto, dotato di una formidabile memoria eidetica e di un certo humor sarcastico, snob, sicuro delle proprie capacità superiori, narcisista e megalomane, ma, al tempo stesso, timido e riservato, quasi imbarazzato, quando si parla di sentimenti ed emozioni, come quando la sua migliore amica Ran tenta di dichiararsi.
E, così, di caso in caso, di storia in storia, Conan si muove insieme a Ran e al professore per cercare di risolvere tutti i gialli e i crimini che si palesano davanti e per sbrogliare la matassa dei super-cattivi, quell’Organizzazione nera, i cui membri portano nomignoli di super alcoolici e che gestisce, di fatto, tutti i traffici più loschi del paese, compreso la sostanza che ha agito sulla trasformazione di Conan. Ogni caso si conclude con una vera e propria deduzione logica, ma anche con una riflessione profonda di Conan sulle tragedie umane in cui si imbatte e i suoi insegnamenti che ne derivano sono sempre catartici sul valore di giustizia e ingiustizia (“A volte, l’ingiustizia può sembrare una tragedia e suscitare il desiderio di vendetta. Ma la vendetta è fonte di dolore e non di giustizia“). Risolvendo crimini, il piccolo e intelligente detective si imbatterà nel famigerato ladro Arsenio Lupin, creato dalla penna di Maurice LeBlanc e protagonista dell’anime Lupin III, in un crossover diventato iconico.
Una curiosità dovuta sui nomi dei personaggi, perché in quest’anime nulla è stato lasciato al caso. Oltre all’omaggio palese fatto ad Arthur Conan Doyle e ad Edogawa Ranpo con lo pseudonimo del protagonista, ricordiamo che la migliore amica di Conan, Ran Mori deve il suo nome alla pronuncia giapponese di Maurice LeBlanc. Ancora, il professor Hiroshi Agasa, mentore di Conan, si rimanda alla deformazione del nome proprio di Agatha Christie. Infine, la scienziata Shiho Miyano, creatrice del misterioso veleno che ha “rimpicciolito” Conan e soprannominata Sherry, deriva il suo nome dalla pronuncia giapponese di Sherlock Holmes. Più complessa è la spiegazione del nome attribuito alla sua seconda identità, Ai Haibara, dove Ai potrebbe stare per la pronuncia inglese di I, iniziale di Irene Adler (la truffatrice avventuriera che Sherlock Holmes considera l’unica Donna, con la maiuscola) o per una delle iniziali di V. I. Warshawski, detective creata dalla penna di Sara Paretsky, mentre Haibara si riferisce a Cordelia Gray, protagonista dei romanzi thriller di P.D. James, in quanto il nome è composto dal kanji hai (灰), che significa grigio cenere. E tutto ciò la dice lunga sulle paranoie del creatore di quest’anime.
Detective Conan (名探偵コナン Meitantei Konan) è un manga scritto da Gosho Aoyama e pubblicato sulla rivista Weekly Shonen Sunday a partire dal 1994 e serializzato in anime due anni più tardi. La pubblicazione è tuttora in corso, così come la messa in onda delle sue avventure anime, arrivando, al momento, a 1065 episodi e rendendolo uno degli anime più lunghi e continuativi di sempre. Detective Conan conta anche di 25 film anime, 18 OAV, 4 film in live action (cioè con attori in carne e ossa), 3 manga tratti dai film, 4 colonne sonore diverse (tutte composte da Katsuo Ono) e 24 videogiochi. Numeri che ci fanno rendere conto della sua longevità.
Postilla finale: il grande scrittore giapponese Edogawa Ranpo, di cui si è detto, rispondeva al secolo al nome di Hirai Taro e fu anche critico letterario e traduttore dei romanzi di Arthur Conan Doyle e di Maurice LeBlanc; il suo nome d’arte non è altro che la translitterazione in romanji (pronuncia giapponese scritta in caratteri dell’alfabeto latino) del nome di Edgar Allan Poe, grande scrittore americano di racconti gialli e del terrore a cui è attribuita la paternità del primo detective letterario, il francese Auguste Dupin, investigatore protagonista dei racconti I delitti della Rue Morgue e La lettera trafugata e ispiratore delle figure di Sherlock Holmes ed Hercule Poirot. Ma questa è un’altra storia.
Consigliato: a tutti, amanti del giallo e dei giochi in stile Cluedo o meno, perché questo piccolo grande detective è quanto di più vicino a Sherlock Holmes possa essere stato creato e, non me ne vogliano gli altri emuli, ma è talmente dotato di calma, coscienza e attenzione e “non è questo che predica il vecchio Sherlock Holmes?” (cit.)
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