Esiste un nesso tra i drama coreani e i romanzi di Jane Austen? E, soprattutto, perché così tante lettrici e tanti lettori austeniani hanno di recente scoperto il mondo dei drama asiatici? O, viceversa, come mai tanti spettatori di drama asiatici amano leggere la più grande autrice inglese?
Non mi ero mai posta tutte queste domande, se non fosse che: 1) sono sempre stata una fervente appassionata di Jane Austen (romanzi, film e miniserie ispirate alle sue storie, costumi e tutto quello che esiste nel fantastico mondo di Austenland, senza far mancare le feroci critiche alle trasposizioni più moderne con quel classico adagio “Zia Jane non avrebbe voluto così”); 2) oramai da tempo, con le altre socie di questo piccolo miniuniverso rappresentato nel blog, divoro drama coreani (o, più in generale, asiatici) – senza far mancare film, OST, anime, manga/manwha e tutti gli annessi -, con una naturalità da serialista consumata; 3) sono stata invitata a parlare al meeting di un gruppo letterario che si occupa di Jane Austen (e delle sue opere) con il preciso compito di individuare il motivo per cui austeniani e dramisti si stiano di recente incontrando.
Visto l’arduo compito, ho iniziato a pensare a questo collegamento come ad un viaggio, andata e ritorno, e mi sono chiesta se sembra davvero così strano che due mondi così apparentemente lontani e diversi possano essere in contatto tra loro. Pensandoci bene e sulla base della mia conoscenza dramista, non solo sono arrivata alla conclusione che non c’è alcuna stranezza, ma, anzi, posso affermare con certezza che, se Jane Austen fosse vissuta ai nostri tempi, sarebbe stata un’astuta divoratrice seriale di K-dramas. E posso anche dimostrarvi il perché?
Con la parola prestata dall’inglese “drama” (o, meglio, 드라마, letteralmente “dorama”) s’identificano tutte quelle produzioni “drammatiche”, ovvero recitate e distribuite in episodi, indipendentemente dal numero di essi e dalla loro lunghezza, e che, quindi, si distinguono per questa suddivisione seriale dalle pellicole cinematografiche. La lettera gigante (o il suffisso gigante) collocata all’inizio indica il paese di provenienza del drama: K sta per Korea, C per China, J per Japan, THAI per Thailand, etc… La suddivisione della storia in diversi episodi dà la possibilità a queste trame di essere sviluppate con una certa lentezza e con una certa calma, distribuendo gli eventi e i colpi di scena con una certa parsimonia tra le ore di durata della serie, ma anche introducendo i personaggi in modo quasi pacato, come se si trattasse di un romanzo, senza alcun obbligo di aumentare l’hype per creare tante stagioni. Questa logica a puntate, quindi, si è distinta dalla serialità made in USA, schiacciata dalle esigenze commerciali e di copione ad una durata imposta per ogni singolo episodio, alla produzione di diverse stagioni e al richiamo di suspence su suspence, colpi di scena su colpi di scena e shock su shock. Ma quali sono, allora, gli elementi tipici di un drama?
Anzitutto, tendenzialmente, assistiamo ad una trama abbastanza classica, ma con tanti spunti originali che la rendano unica, con una definizione di ruoli ben determinati, che apra anche alle emozioni e alla trattazione psicologica dei personaggi, analizzati sia da soli che all’interno delle loro relazioni. Spesso i personaggi si incontrano in modo fortuito, per un evento casuale, e scoprono di essere legati da sempre, magari anche dall’infanzia. Se pensiamo ad uno dei drama più famosi e più visti di sempre, Crash Landing on You, assistiamo ad una bellissima storia d’amore tra due protagonisti che non potrebbero essere più diversi tra loro – lei, una donna d’affari sudcoreana, forte, determinata, ironica, ma anche fragile e sola, alla continua ricerca di sé; lui, un militare nordcoreano, solitario, malinconico, apparentemente modello di ferrea disciplina, che cela una grande tristezza interiore e una grande sensibilità – e che s’incontrano per un imprevisto: lentamente, imparano a conoscersi, a confrontarsi e, quando si innamorano, scoprono di essere sempre stati legati tra loro da alcuni ricordi in comune. Ma, un momento, questa trama non vi ricorda qualcosa? Sì, perché passare da Se-ri e il Capitano Ri a Lizzie Bennet e Mr. Darcy, protagonisti di “Orgoglio e Pregiudizio“, il romanzo più famoso e più letto di Jane Austen, è un attimo.
Un altro elemento caratterizzante i drama è la presenza di una storia d’amore delicata, lirica e soavemente lenta, perché, diciamo la verità, le serie americane, dove i protagonisti finiscono a letto prima ancora di presentarsi col nome proprio ci hanno anche un po’ urtato (perché la vita non è così e perché non vogliamo andare a letto prima di conoscere i nostri sentimenti, ma abbiamo bisogno di emozioni e di vivere tutta la poetica dell’amore). Una storia come quella rappresentata in “Guardian – The Great and Lonely God“, anche più noto come “Goblin” (o “Dokkaebi“), per esempio, è una storia d’amore lenta e poetica, costruita con immagini soavi e liriche, frasi ad effetto, citazioni colte e rimandi letterari, come se stessimo leggendo Keats sotto un albero che perde le foglie autunnali. Inoltre, il legame tra i protagonisti (che si scoprirà indissolubile e predestinato) è accompagnato da un’analisi attenta e accurata dei loro sentimenti e delle loro emozioni, da una vera e propria educazione emotiva che valorizza la dimensione interiore dei personaggi stessi, dove sia i dialoghi che i momenti di silenzio acquisiscono importanza. Ma, riguardando in questi giorni questo drama, mi sono chiesta dove ho visto una simile poetica del sentimento d’amore? In “Persuasione“, altro romanzo scritto da Jane Austen.
Tra l’altro, “Goblin” (così come molti altri drama) descrive la storia di ben due coppie, entrambe con una poetica straordinaria e con un grande approfondimento della dimensione psicologica dei personaggi, dove quasi non si capisce più quale delle due coppie sia quella principale e quale sia la secondaria (ammettiamolo, i secondari rubano proprio la scena). Ma questa dinamica, l’abbiamo già incontrata: Lizzie e Darcy, da una parte, e Jane e Bingley, dall’altra parte, in “Orgoglio e Pregiudizio“; ma anche Elinor e Edward Ferrars, da un lato, e i meravigliosi Marianne e Colonnello Brandon, dall’altro lato, in “Ragione e Sentimento“. Ancora una volta, due romanzi di Jane Austen.
Un’altra particolarità dei drama è che spesso emozioni e ambiente circostante (e, quindi, anche la natura) si accostano e si rispecchiano l’un l’altro. In un drama come “One Spring Night“, ad esempio, i sentimenti dei due protagonisti e le manifestazioni della natura vanno all’unisono, quasi creando una rispondenza: lui, giovane farmacista e padre single, è traumatizzato dall’amore, mentre lei si trova incastrata in una storia senza amore e le loro anime si riflettono nel freddo inverno di Seoul, tornando a rifiorire solo con l’inizio della primavera circostante e con lo sbocciare dei loro sentimenti. E anche la ricostruzione scenica e fotografica riesce a rendere talmente bene quest’idea, che seguiamo con i personaggi le emozioni e le stagioni. Non vi sembra di leggere un passo di Jane Austen, quando una delle sue eroine, per esempio l’amata Lizzie Bennet, si perde in una passeggiata in solitaria per la natura per perdersi, allo stesso tempo, nelle proprie riflessioni taciturne?
Tutti i drama coreani, ancora, ci mostrano spesso rapporti familiari e dinamiche sociali così complesse dal trovarle al limite della disfunzionalità. Visto che le storie includono sovente dei veri e proprio romanzi di formazione, non è raro trovare passati e ricordi tristi (perché, si sa, i personaggi soffrono, e più soffrono, più il pubblico li ama): uno dei due protagonisti spesso ha uno o entrambi i genitori deceduti o in condizioni difficili o, se sono vivi, non è detto che siano sempre così normali. Perlopiù, poi, se i personaggi non sono cresciuti insieme (e, per qualche motivo, si sono allontanati), è quasi certo che si sono incontrati, magari in modo fortuito e casuale, in un punto imprecisato della propria infanzia. Un drama come “Something in the Rain“, ad esempio, include tutto ciò. I due protagonisti sono cresciuti insieme (lui è il migliore amico del fratello minore di lei e lei della sorella maggiore di lui) e, per qualche ragione, si sono allontanati e, poi, ritrovati. Ma non solo: mentre lui è orfano di madre, con un padre inesistente che ha abbondonato la famiglia per ricostruirsi una vita all’estero, lei ha una famiglia unica, ma, così, complessa e armoniosamente disfunzionale, dove campeggia una madre autoritaria, programmatrice e schizofrenica. E non è finita qui, perché anche la società intorno non è favorevole ai personaggi e osteggia in tutti i modi la loro relazione (per la differenza di età, per i colleghi di lavoro, per la presenza dell’ex fidanzato di lei, ingombrante e aggressivo). Infine, la protagonista si trova a subire sul lavoro una serie di attenzioni non richieste, che sfociano nelle molestie sessuali e nel sessismo e che la mortificano ogni giorno, fino a quando non ha il coraggio di ribellarsi, seppur rimanendo da sola, senza sostegno, e rischiando l’ostracismo. Una situazione simile, insomma, a quella di Fanny Price nel romanzo “Mansfield Park“, circondata da una complessa famiglia disfunzionale, sballottata da una casa e l’altra, da sempre innamorata del cugino con cui è cresciuta, ma non capita nelle sue intenzioni e nelle sue aspirazioni, soggetta di attenzioni inappropriate e di un ambiente sociale a lei non confacente e, infine, una volta ribellatasi, bandita da Mansfield. Ed ecco che ritorna la nostra cara e vecchia Jane Austen.
Poi, ci sono i dialoghi e la sceneggiatura brillante che non vedevamo da tempo in una serie e che ci hanno fatto innamorare dei drama coreani. Non solo i personaggi interloquiscono tra loro con un’immediatezza e una vivacità quasi teatrale, ma il narratore riesce ad utilizzare tanti registri in modo così armonico da renderlo un prodotto perfetto. Lo scambio di battute brillanti tra i due protagonisti di “What’s Wrong With Secretary Kim?“, per esempio, riecheggia i battibecchi affettuosi tra Emma e Mr. Knightley nel romanzo “Emma” (ma anche Lizzie e Darcy in “Orgoglio e Pregiudizio“). L’incastro di registi narrativi, inoltre, va di pari passo anche con l’incastro di scene ad effetto ben distribuite all’interno della storia, dove dramma e azione si intrecciano e si sfumano anche in una dimensione notturna. Così, ad esempio, “Healer” dove il protagonista maschile salta sui tetti e usa apparecchi elettronici di ogni tipo come vigilante notturno della città, ma si trova anche all’interno di una dialettica brillante con la sua controparte femminile, una giornalista che ama la suspence e se ne intimorisce. Un po’ come Henry Tilney e Catherine ne “L’abazzia di Northanger“. E non ci smuoviamo dalla Austen.
Anche la ricostruzione tecnica, scenografica e fotografica assume un ruolo fondamentale. Un drama come “It’s Okay Not To Be Okay“, che, poi, è stato uno dei primi drama che ho scoperto di amare (con tanto di misto tra lacrime e risate), deve il suo successo anche ad una tecnica fotografica e ad una scenografia straordinarie, che rendono benissimo sia i ricordi dei protagonisti, sia la dimensione da fiaba, sia la mente del fratello nello spettro dell’autismo, per non parlare di costumi scenici e teatrali che sono diventati iconici. Un po’ come certi costumi o certe immagini fotografiche degli sceneggiati BBC ispirati ai romanzi di Jane Austen. L’attenzione per il dettaglio storico e l’introduzione dell’elemento femminile – e, quindi, anche della sua emancipazione nella storia – che sono centrali in un drama come “Rookie Historian Goo Hae Ryung” (dove la protagonista è una storica e scrittrice di palazzo) ci ricordano non solo film e serie sui romanzi austeniani, ma anche un film come “Jane Austen Regrets” sulla vita dell’autrice inglese e sul valore della scrittura. Le famose OST (ovvero: le colonne sonore) diventano la chiave di lettura stessa dei drama e la loro musica in testa ci ricorda le immagini che abbiamo visto: un po’ come è successo a tutti con la sigla di apertura dello sceneggiato BBC di “Orgoglio e Pregiudizio” o con la bellissima colonna sonora a piano di Dario Marianelli per la pellicola cinematografica o anche con una delle canzoni per i titoli di coda più esilaranti del film “Austenland“.
L’elemento della coralità, dove non solo i personaggi principali e i secondari, ma tutto quel piccolo e variegato ambiente sociale diventa protagonista della storia, come accade nel paesino nordcoreano di confine in “Crash Landing on You” o nella pittoresca cittadina di “Hometown Cha-Cha-Cha“, ci pone di fronte ad una delle genialità più caratteristiche dei drama coreani. Una peculiarità che anche Jane Austen aveva tentato di inserire con il suo romanzo incompiuto “Sanditon” e con l’idea di parlare di un’intera città, rendendo protagonista non solo un’eroina e/o un eroe, ma un’intera comunità.
Insomma, ci sono tanti elementi che uniscono la Austen ai drama e, ragionevolmente, possiamo capire per quale motivo abbiamo iniziato a leggere i romanzi austeniani a 15 anni e, magari, a 30 siamo diventate delle avide divoratrici di drama: cerchiamo una storia, una poetica d’amore lenta e soave; cerchiamo la poesia, la catarsi nei personaggi, il tempo per avvicinarci a loro e vivere con loro, per portarli, poi, nel cuore per sempre; vogliamo la magia senza gli effetti speciali, i colpi di scena senza gli shock, l’attesa del bacio finale come apice della storia d’amore, la crescita progressiva dei personaggi mentre scoprono le proprie emozioni e superano i conflitti interiori; ci sentiamo anche noi soli di fronte alla società, tristi e malinconici, ma tentiamo di emergerne e di trovare il nostro posto nel mondo. Cerchiamo quel sottile filo del destino tra noi e la nostra metà predestinata da tempo immemore o, forse, tra noi e la nostra stessa anima. Jane Austen ci ha forgiato da piccole; i drama ci hanno fatto scoprire donne forti e mature, con un ricco mondo interiore e con lo sguardo sognante ai nostri desideri.
Laura
