“Tutto quello che vedi sotto il sole e le stelle deve la propria esistenza all’equilibrio. Il vento e i mari, il potere della terra e della luce, tutte queste cose danno il meglio con l’equilibrio. Ma ora, gli uomini hanno il potere di controllare il mondo. Gli uomini devono imparare quello che una foglia e una balena e il vento fanno naturalmente. Dipende da noi mantenere l’equilibrio. Tutto quello che esiste ha un suo nome. Il potere della magia non è niente di più che comandare basandosi sulla conoscenza del vero nome delle cose. Ma usa questo potere irresponsabilmente e l’equilibrio del mondo è facilmente danneggiabile”.
Se vi professate amanti di terribili draghi volanti, di terre desolate e misteriose, di confraternite di guerrieri e di maghi solitari, non dovete pensare che il vostro amore sia nato solo grazie alle produzioni televisive connesse a Game of Thrones e ai romanzi che George Martin non finirà mai di scrivere. Se credete che i draghi provengano da un luogo inaccessibile e magico, infatti, questo luogo non si chiama Westeros, né tanto meno la rovinata fortezza di Valyria ad Essos. Questo luogo si chiama Terramare ed è, fondamentalmente, un arcipelago di isole, le Terre Interne al centro e gli Orizzonti in periferia, dove il potere politico di re e signori feudali si interseca al potere magico di maghi e potenti stregoni. E questa mitica Terramare fu inventata nel 1968 dalla mente di Ursula K. Le Guin, avida lettrice di Tolkien e scrittrice di storie fantasy.
A Terramare, in un’isola non meglio specificata, la popolazione muore per carestie ed epidemie, terrorizzata dalle notizie di lotte tra draghi in cielo e in terra. Arren, un giovane principe che vorrebbe aiutare la popolazione, soffre di un grave disturbo da personalità multipla: come sotto una maledizione, nel suo corpo dimora un ragazzo gentile e servizievole e un guerriero sanguinario e privo di cuore, che, un giorno, prende il sopravvento e pugnala a morte suo padre, il Re. Per questo motivo, è costretto a fuggire e a nascondersi per le lande desolate, dove si imbatte nel ramingo e solitario Sparviere. Egli, in realtà, non è un semplice mago vagabondo che gira di villaggio in villaggio per aiutare i poveri e lottare contro gli schiavisti, ma nasconde l’identità di Ged, l’Arcimago, ovvero il capo di tutti i maghi, colui che deve garantire la bontà dell’uso dei poteri magici e l’equilibrio del mondo. Ged è in viaggio per capire per quale motivo Terramare sia caduta nello scompiglio e restituire le giuste proporzioni a tutti i poteri in gioco, che essi siano poteri degli uomini, della natura o del sovrannaturale. L’equilibrio è stato spezzato proprio nel momento in cui la fame di potere e di supremazia ha prevalso in tutti, creando un’alleanza mortale tra il potere politico e quello magico, ovvero tra gli uomini e il soprannaturale, che, insieme, hanno provocato una frattura nella natura stessa. Da Sparviere, dalla sua amica maga Tenar e da Therru, ragazza che è stata liberata dai mercanti di schiavi, Arren apprende che il vero squilibrio è stato provocato proprio dall’uso indiscriminato della magia, nella sua accezione più diabolica ed occulta, che ha corrotto con l’avidità gli uomini stessi: “Quando pretendiamo di avere potere sulla vita stessa, quando vogliamo inesauribili ricchezze, una salute inattaccabile e l’immortalità, il desiderio diventa brama. E se la conoscenza si allea con quella brama, allora si trasforma in male“.
Solo che Arren ha uno spirito molto debole, fiaccato e scisso dalla sua seconda personalità cattiva che lo divora dall’interno: così, cade nel tranello di Aracne, una creatura quasi asessuata e diafana in cerca della Vita Eterna e di creare un ponte indistruttibile tra mondo reale e mondo degli spiriti, che rappresenta il coacervo della magia priva di controllo e di morale. Aracne fa riaffiorare in Arren la sua metà diabolica, dandogli il suo “vero nome”, Lebbanen, e scacciando la sua metà di luce. Quest’ultima vaga come un’ombra priva di un corpo e, mentre Lebbanen esegue alla perfezione i comandi di Aracne come sua nuova divinità (rinchiudendo nelle segrete Sparviere e Tenar), la metà buona si strugge e si compiange nei sensi di colpa. Qui viene trovata da Therru, che rappresenta l’umanità priva di qualsiasi potere magico, ma con il potere di compiere una scelta tra Bene e Male. Therru si insinua nella fortezza dove si trova Arren insieme alla sua ombra buona e lo trova quasi privo di anima, con gli occhi vacui nell’oblio, ma in cerca della vita eterna promessa da Aracne: “Ti sbagli, è proprio perché sappiamo che dovremo morire che la vita è così preziosa! Arren, a farti paura non è la morte, Quel che ti fa paura è solo l’idea di vivere. Tu hai paura di vivere l’unica vita che ti è stata data!“. Therru usa la stessa tecnica di Aracne, ma al contrario, rivelandogli il suo “vero nome”, Tehanu, e ricomponendo Arren con entrambe le sue parti, non più scisse e opponenti, ma come un unico umano nella sua interezza positiva e negativa: è in questo momento che Arren compie la sua scelta e, con il suo libero arbitrio, opta per il Bene contro qualsiasi lusinga del Male, perché “anche nell’oscurità c’è sempre qualche stella“. Così, si oppone ad Aracne e alla sua idea distorta di equilibrio vita-morte, salva Sparviere e Tenar e accetta la sua mortalità effimera, eppure proprio per questo grandiosa, il suo vivere non per se stesso, ma per gli altri, l’accettazione della morte per trasmettere in eredità la vita: “Vivere, stare nel mondo, era una cosa molto più grandiosa e strana di quanto non avesse mai sognato“. Proprio quando comprende il significato della vita stessa, riceverà un prezioso aiuto nella lotta contro la malvagità di Aracne: la sua amica e sostengo Therru si trasforma nel famigerato drago, di cui tutti vociferavano da tempo, perché “per vedere la luce di una candela, bisogna portarla in una stanza buia“.
I Racconti di Terramare (ゲド戦記 Gedo senki, letteralmente Le Cronache di Guerra di Ged) sono una grande e colossale danza della Vita e della Morte, dove Bene e Male, Mortalità e Immortalità si incontrano e si scontrano, facendo perdere la nitidezza dei loro confini, con tematiche difficili e importanti su cui bisognerebbe soffermarsi per giorni in modo da eviscerare il significato: l’importanza dell’esile umanità di contro alla terribile potenza della magia, la dimidiatezza umana tra parte buona e parte cattiva, la tentazione presente più volte come offerta e come accettazione, il parricidio come superamento dosteovskiano del limite (non dimentichiamo che Le Guin è sempre stata un’avida lettrice di romanzi russi) e il rimorso come oblio interiore, la crescita morale e spirituale, la valenza del nome come identità profonda di noi stessi e, infine, il drago, che non è solo il meraviglioso che si manifesta nel mondo reale, per aiutare o meno i personaggi, ma è l’ascesa spirituale dei protagonisti, che trascende il passaggio da Vita a Morte e supera le tentazioni del Male.
Il film, prodotto dalla Studio Ghibli e diretto da Goro Miyazaki (figlio del Maestro dell’animazione Hayao Miyazaki), ha avuto una storia travagliata nel tempo. Liberamente ispirato ai cinque romanzi del Ciclo fantasy di Terramare (Earthsea) della scrittrice statunitense Ursula Le Guin (Il mago di Earthsea, Le tombe di Atuan, La spiaggia più lontana, L’isola del drago, I venti di Earthsea), in realtà, eredita l’idea primigenia della pellicola d’animazione, che venne già in mente ad Hayao Miyazaki negli anni ’70, quando il ciclo fantasy contava solo i primi tre romanzi. Tuttavia, mentre il nome della Le Guin era già noto in tutto il mondo (con pubblicazioni anche in Italia tramite le edizioni Urania), il Maestro dello Studio Ghibli era ancora poco conosciuto, per cui la scrittrice e i suoi agenti si rifiutarono di concedergli i diritti per una pellicola cinematografica. Per la verità, Miyazaki aveva già creato quell’opera monumentale d’animazione che è Conan, ragazzo del futuro, ma gli Stati Uniti erano ancora poco avvezzi alla logica degli anime e dei manga e gli unici film d’animazione di grande successo provenivano da Casa Disney. Anni più tardi, quando il nome di Miyazaki divenne di grande successo, dopo la produzione di capolavori come Il mio vicino Totoro, furono gli stessi agenti della Le Guin a contattare lo Studio Ghibli per concretizzare una versione cinematografica del ciclo, che stavolta contava di più romanzi, oltre che di una serie di racconti, legati alle gesta degli eroi di Terramare e ai suoi draghi. L’accordo tra il regista giapponese e la scrittrice statunitense, però, non sembrava decollare mai, per cui il produttore (e mente manageriale) dello Studio Ghibli Toshio Suzuki fece intervenire nel progetto il figlio del Maestro Miyazaki, Goro, che accettò immediatamente sia le condizioni dell’autrice sia la regia di una pellicola difficile. Il risultato non piacque né alla Le Guin, che si sentì defraudata della grande regia d’autore che aveva cercato, né ad Hayao Miyazaki, che criticò l’operato del figlio, perché “poco maturo” per la regia. Piacque molto, invece, ai botteghini giapponesi, dove il film rimase in vetta alle classifiche delle pellicole più viste per diverse settimane di fila, incrementando i guadagni dello Studio Ghibli e lanciando la carriera del giovane Goro, che, qualche anno dopo, ha fatto apprezzare la sua maturità registica nelle pellicole La collina dei papaveri (2011) e Earwig e la Strega (2020), che è stato il primo film d’animazione dello Studio Ghibli ad abbandonare la tecnica esclusiva del cartonato a mano per accogliere la CGI. Ma questa è un’altra storia.
Piccola postilla: si dice che Goro Miyazaki, per ricreare le ambientazioni, si sia ispirato di più al manga Il viaggio di Shuna (Shuna no tabi, シュナの旅), scritto a disegnato dal padre nel 1983 e vera fonte per l’elaborazione delle storie di Nausicaa nella valle del vento e Principessa Mononoke. Non esiste, però, una vera e propria pellicola di questo manga, per cui continuiamo a sperare che, prima o poi, abbia una vita propria.
Consigliato: agli amanti del fantasy, dei romanzi di Ursula Le Guin, dei film dello Studio Ghibli e forse un po’ anche a quelli che si vogliono consolare della poco esaltante visione delle ultime stagioni di Game of Thrones. Avvertenza: giacché la personalità malvagia di Arren sembra un vero e proprio caso di possessione, non è una visione per cuori deboli.
Captain-in-Freckles

Helpfuⅼ information. Fortunate me I discoveгed
youг web site unintentionally, and I’m shocked ѡһy this
accident didn’t came abⲟut іn advance! I bookmarked it.
"Mi piace""Mi piace"