“Gli alberi gridano quando vengono uccisi, ma gli umani non possono udire i loro gemiti. Io ascolto la foresta che si lamenta, mentre il proiettile che ho in corpo mi divora le carni. […] San è figlia mia e di questa foresta, e quando io e la foresta moriremo, anche lei morirà. […] Invece di mangiarla io l’ho allevata e cresciuta, quindi purtroppo San non è né umana né lupo. Dove potrebbe andare a trovare rifugio?” . “Non lo so, ma io potrei restarle accanto. […] Cercherei di allontanarla da tutto questo odio”.
Se qualcuno mi dovesse chiedere quale personaggio nato dallo Studio Ghibli ho da sempre nel cuore, risponderei automaticamente, senza nemmeno pensarci, San, la “ragazza-lupo” o “principessa-spettro”, protagonista del famoso film d’animazione Principessa Mononoke (もののけ姫 Mononoke-hime), scritto e diretto da Hayao Miyazaki e distribuito al cinema a partire dall’estate 1997. Pare, però, che la mia non sia un’opinione destinata a rimanere isolata, visto che il film, oggi giudicato di diritto un “capolavoro” del regista e animatore giapponese, quando venne distribuito nelle sale cinematografiche, riuscì quasi ad eguagliare in Giappone gli incassi al botteghino del contemporaneo Titanic di James Cameron, unendo pubblico e critica e diventando presto una leggenda. Per quale motivo questa “favola per adulti”, come la definì all’epoca il Washington Post, poetica e violenta al tempo stesso, oscura, onirica e di difficile comprensione si è guadagnata un posto autorevole nel firmamento del cinema d’autore? Vediamo di tratteggiare brevemente la sua complessa trama.
La storia è ambientata in Giappone nel periodo Muromachi, anche noto come Ashikaga (1336-1573), dal nome del potente clan che, di fatto, gestiva il potere come shogun, e, per la precisione, nell’ultima parte di questo periodo, denominato Sengoku ovvero “degli Stati combattenti” e caratterizzato dal declino dello shogunato, dal frazionamento del territorio nipponico in numerosi feudi e autorità locali e da un perenne stato di guerra e di assedi feroci tra i diversi signori locali, culminanti, poi, nel processo di riunificazione del periodo Edo. In questa fase complessa della storia giapponese, si muove Ashitaka, giovane principe della comunità indigena Emishi, antica popolazione ancestrale situata nel nord di Honsu e ad Hokkaido che si oppone strenuamente all’avanzata violenta dei vari feudatari giapponesi con l’obiettivo di conservare i propri valori e le proprie tradizioni. Quando un enorme cinghiale impazzito (o, meglio, una divinità con le sembianze di un cinghiale) entra nel villaggio, Ashitaka è costretto ad ucciderlo, ma, nella colluttazione, viene ferito ad un braccio e infettato del rancore che animava il cinghiale. In cerca di una cura, Ashitaka si mette in viaggio per trovare Shishigami, il Dio della Foresta, che potrebbe rimuovere la sua malattia, ma si imbatte in San, la ragazza-lupo detta Principessa Mononoke, ovvero Principessa Spettro, una giovane orfana cresciuta dai lupi della foresta e sempre in guerra contro gli abitanti della vicina Città del Ferro, capeggiata dalla signora Eboshi. Il dissidio tra i laboriosi umani che scavano nelle miniere del ferro e gli animali-divinità della foresta è il fulcro del resto delle vicende del film, che pone al centro l’annoso conflitto tra progresso e tradizione, tecnica e natura, nel quale Ashitaka si trova coinvolto, una volta tentando di frenare i soprusi della signora Eboshi e la sua frenesia per alimentare la città, un’altra bloccando la furia delle creature divine (i vari dèi-animali della foresta) che rappresentano la Natura. In tutto questo, inizia ad innamorarsi lentamente di Mononoke, della sua caparbietà selvaggia e delle forza silenziosa che rappresenta la capacità stessa della Natura di resistere e rinnovarsi continuamente, come le foglie dell’edera. Lo Spirito della Foresta lo guarirà quasi subito della sua ferita, senza, tuttavia, liberarlo della maledizione del rancore, in modo da renderlo partecipe dei dolori inflitti dagli umani alla Natura, della sofferenza continua che essa prova quando i propri figli la violano e della feroce vendetta che si prenderà sterminando gli uomini. Ma, nella sua formazione in un mondo sospeso a metà tra la realtà e il divino, Ashitaka coinvolge Mononoke, che è anche l’anello di congiunzione tra il mondo umano e il mondo naturale, tra la laboriosità cieca degli uomini e la ferocia meravigliosa della Natura, l’unica persona che si muove a proprio agio tra i due mondi e che può comprenderne le sofferenze ed empatizzare con entrambi. Mononoke è principessa di un mondo quasi-sovrannaturale, anima della foresta, ma strappata da quest’ultima agli uomini, innocente come l’infanzia e terribile come uno spirito della vendetta. Solo la forza di Mononoke, unita alla comprensione di Ashitaka (che rappresenta le radici storiche e ancestrali del popolo con la terra), può riportare la pace e infondere ad Eboshi la speranza di costruire un nuovo mondo, dove uomini e Natura possano vivere insieme senza farsi più guerra.
Nella storia, assumono una posizione di rilievo una serie di spiriti e creature divine che animano la foresta: la Dea-Lupo Moro, madre adottiva di Mononoke, che l’ha nutrita della voglia di rivalsa e di vendetta nei confronti degli umani e che rappresenta la maternità istintiva della Natura; il Dio-Cinghiale Okkoto, animato da un odio autodistruttivo verso gli umani, che rappresenta la cieca forza bruta del mondo naturale; Il Dio-Cervo Shishigami, lo spirito della foresta, ovvero colui che cammina di notte, l’unico capace di dare e di togliere la vita, la cui testa, secondo la leggenda, dona l’immortalità al suo possessore, ma porta alla distruzione dell’umanità, perché Shishigami è la vita stessa e, come dice Ashitaka, finché esiste, continuerà ad esistere la vita.
Principessa Mononoke è un film d’animazione complesso e ricco di simbolismo in una dimensione spazio-temporale sospesa. La pellicola fu fortemente voluta dal suo regista e sceneggiatore, il Maestro Hayao Miyazaki, che ha iniziato ad abbozzarla già a partire dagli anni ’70, con lo scopo di adombrare le difficili relazioni tra il tendenziale muoversi in avanti del progresso e la divina fissità dell’ambiente, tra l’incertezza speranzosa del futuro e la continuità statica del passato. Un film grandioso, violento ed epico, che, nella ricostruzione del rapporto tra uomo e Natura, ha il merito di narrare senza schierarsi: con una lucidità e una coerenza in stile Akira Kurosawa, Miyazaki descrive i fatti, fa interagire i personaggi (peraltro, quasi a livello telepatico), schiera eserciti e quasi coreografa i movimenti della sua grande tragedia, nella consapevolezza che nessuna delle due parti è depositaria del bene assoluto e della ragione e che alle azioni avventate e offensive degli uomini corrisponde spesso una ferocia naturale spropositata, che rischia di coinvolgere tutto in una spirale autodistruttiva.
Consigliato a chi: ama i film d’animazione dello Studio Ghibli e non può non aggiungere questa perla della cinematografia al proprio archivio; ama, in generale, il cinema d’autore e vuole vedere un ottimo prodotto che rimarrà per sempre nella storia; cerca un film capace di dare un messaggio che trascende la storia e invita lo spettatore a riflettere; ha resistito alla visione di Rashomon, di cui troverà tanti riferimenti.
Piccola curiosità: Il popolo Emishi, accanto ai popoli Jomon e Yamato (che hanno dato origine ai Giapponesi), è considerato dagli storici un antico popolo indigeno proto-giapponese di probabile origine indo-europea. Nella realtà storica, alcune tribù Emishi si opposero al dominio dell’impero giapponese tra il VII e il IX secolo d.C., lotta che culminò con la cosiddetta “Guerra dei 38 anni” (774-811 d.C.), in cui le tribù Emishi vennero sconfitte e cacciate verso il nord, sull’isola di Hokkaido, dove avrebbero dato origine al popolo Ainu, l’etnia dominante ad Hokkaido. Uno dei generali Emishi che condusse la guerra fu il leggendario Moro, stesso nome della Dea-Lupo, madre adottiva di Mononoke nel film.
Captain-in-Freckles

Keep on working, great jоb!
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Thank you very much! Mononoke is one of my favourite Ghibli’s pictures (and one of my favourite female charactes of animes too). Though I think it’s not only an anime movie with important issues to be discussed about, but it’s also a rarely comparable reflection about the role of human beings towards Nature, and, at the same time, about the titanic struggle between Nature and humans too. Pleased you appreciated the review.
Keep on following us! We’re trying to do our best.
– Captain
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