Il Tulipano Nero, la Stella della Senna e la Rivoluzione Francese… a colpi di fioretto

Correva l’anno 1975 e, sull’onda dell’interesse crescente per i prodotti storici e per gli anni a cavallo tra la fine dell’ancien régime e l’inizio della Rivoluzione francese (vedi il manga/anime Lady Oscar / Le Rose di Versailles, di qualche anno prima, che ne è, a tutti gli effetti, la fonte d’ispirazione), la Fuji TV in Giappone iniziò a trasmettere l’anime Ra Senu no Hoshi (ラ・セーヌの星), letteralmente La Stella della Senna, prodotto da Unimax/Sunrise, scritto da Mitsuru Kaneko e diretto da Masaki Osumi e Yoshiyuki Tomino, che qualche anno dopo diventerà il padre di due personaggi iconici dell’animazione anni ’70, Gundam e Daitarn 3.

La storia narra di un’adolescente, Simone Lorène, figlia adottiva di due fiorai parigini, ma con un’innata abilità per la scherma, l’equitazione e qualsiasi lotta corpo a corpo, che, proprio a causa di tali abilità, viene presa in simpatia dal conte de Vaudreuil con l’obiettivo di farla diventare una grande spadaccina. Nella realtà, però, Simone non è una ragazza qualsiasi: dopo la morte dei genitori, apprende – seppur molto lentamente e quasi a sprazzi – di avere nobili e illustri natali, che si riveleranno ancora più nobili ed illustri del previsto. Infatti, mentre la madre naturale è un soprano famoso, il padre si rivela essere addirittura Francesco I d’Austria, marito dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria e padre della tristemente nota Maria Antonietta, regina di Francia. Ovviamente, Simone arriverà alla verità dopo una costante raccolta di indizi, la morte di tutte le persone a cui teneva (letteralmente, dai genitori adottivi, al conte, alla compagna di collegio), la frequentazione di un certo ambiente democratico e repubblicano (e, soprattutto, del capopopolo Mirand), la protezione del piccolo teppista Danton e l’apprendistato da vigilante e difensore dei deboli di Parigi con il figlio del conte, Robert, che la trasforma nella guerriera mascherata la Stella della Senna. D’altronde, anche lui nasconde l’identità del famigerato nobile ribelle il Tulipano Nero e si divide, letteralmente, tra la guardia per la Regina a Versailles, ruolo che gli permette di sventare un certo quantitativo di congiure ai danni dello Stato e/o di smascherare nobili corrotti e avidi, e un’assidua frequentazione dei bassifondi, approfittando dell’amicizia e della stima di Simone. Quest’ultima, però, fino alla scoperta delle sue vere origini, si sente provenire da un ambiente diverso e, ad un certo punto, quasi contrasterà Robert per le sue simpatie troppo filo-monarchiche e la sua passione per Maria Antonietta. Certo, sempre fino alla ritrovata sorellanza, per cui tenterà di cambiare le sorti della Francia…

In Italia, l’anime è arrivato nel 1984, sull’onda del successo di Lady Oscar, e si narra che, pur venendo trasmesso di sera sui canali privati, i suoi ascolti Auditel surclassassero persino il telegiornale. Inspiegabilmente, però, il cartone venne intitolato Il Tulipano Nero, in riferimento al personaggio maschile dello spadaccino mascherato, che era stato portato sugli schermi dall’attore francese Alain Délon negli anni ’60. Ripeto: inspiegabilmente, perché Robert, per quanto simpatico e adorabile possa essere e per quanto tutti gli spettatori tifassero per lui contro il rivale in amore Mirand, rimane, comunque, un personaggio secondario nel percorso di formazione di Simone, importante, ma non tale da rubarle il titolo della serie. Tutt’al più che per gran parte degli episodi o è in carcere o in ostaggio o bloccato sulle Alpi o in esilio. Insomma, a parte le prime luminose ribalderie nel nome della giustizia e della libertà, il lavoro a fil di spada è condotto perlopiù da Simone, tanto che se ne accorgono pure i cittadini parigini, che dimenticano ben presto il Tulipano per adorare la Stella della Senna.

Maschilismo del titolo a parte, tutte le bambine dagli anni ’80 in avanti si sono identificate con la forza e l’energia elegante di Simone che salta sui tavoli e dalle finestre con l’ausilio di lampadari a cui si appende, tira un calcio a destra e un pugno a manca e combatte col fioretto come la Vezzali, ma che, soprattutto, non ha mai fatto venire le turbe psicologiche di Lady Oscar: non ha dubbi sulla sua identità, non deve nascondere il suo genere femminile, che, anzi, può conciliare benissimo con qualsiasi abilità di lotta, diventando un’eroina e una guerriera con tanto di A in conclusione di parola, sa di essere amata dai suoi genitori adottivi, vive in mezzo al popolo a cui si sente di appartenere e sa distinguere da lontano cosa è giusto e cosa è sbagliato. Per dirla con termini pop, è una vera badass che rappresenta in pieno il girl power, o, meglio, è una donna fortissima ed empatica al tempo stesso, giusta e caritatevole, ferma nelle sue posizioni e caparbia, ma anche emotiva e compassionevole, amorevole come una madre con il piccolo Danton e i figli della Regina, spietata senza battere ciglio con gli oppressori. Insomma, è una vera forza della natura, perché sa che le sue emozioni non la rendono debole, ma la rendono grande nella sua umanità, e non ha bisogno di travisare se stessa, perché, nonostante la maschera, Simone non nega mai quello che è per davvero. Ed è proprio grazie a questi dettagli che la gente di Parigi la ama, ma è sempre per gli stessi motivi che abbiamo imparato ad amarla tutti noi e ad indentificarci in lei. Perché, senza vergogna, posso dire che da piccola volevo essere Simone e che, forse, un po’, voglio esserlo ancora adesso.

Consigliato: sempre, sia che da bambini ne abbiate ammirato le avventure, sia che inspiegabilmente non le abbiate mai seguite, in qualsiasi momento, perché Simone ci insegna come proteggere i più deboli e come odiare i soprusi e le arroganze, un monito che non dovremmo mai dimenticare. Ma, vi prego, tributatele l’onore che le spetta anche nel titolo.

Captain-in Freckles

Postilla: la sigla cantata da Cristina D’Avena e composta dagli onnipresenti Alessandra Valeri Manera e Augusto Martelli è diventata di diritto iconica, grazie al ritmo incalzante da marcia e ai versi che sembrano delle vere e proprie immagini; solo che fa riferimento alla data dell’indipendenza americana, il 4 luglio, e non a quella dello scoppio della Rivoluzione francese, il 14 luglio. Errore storico, che probabilmente ha contribuito alla sua fama.

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