“Annara sumanara! Ma tu credi nella magia?”
So che in rete la tematica è particolarmente dibattuta e che diversi si aspettavano qualcosa in più o qualcosa di diverso dall’annunciato ritorno di Ji Chang-wook al drama televisivo e so che molti non sono rimasti soddisfatti da una serie che, forse, credevano differente o che si aspettavano più spettacolare, ma vedrò di sfatare, uno ad uno, tutti questi preconcetti e queste perplessità. Perché, sinceramente, ho adorato The Sound of Magic in tutto – e non sono una grande fan di Wookie -, divorando letteralmente tutti gli episodi in una sola volta.
In città, avvengono strane sparizioni, mentre il vecchio Luna Park risulta essere abitato da un tale che si definisce Mago e che tutti sembrano incolpare di qualcosa di non ben specificato. Intanto, Yoo Ah-yi (interpretata dalla bravissima Choi Sung-eun) è un’adolescente che fatica tra lavoro in un mini-market, un liceo frequentato da studenti classisti e ricchi, un padre naufragato in mezzo ai debiti, uno stuolo di creditori stanziati fuori dalla porta e una sorellina minore che deve accudire e non si può permettere minimamente di fantasticare. In più, si ritrova in banco con Na Il-dong (interpretato da Hwang In-youp, già second lead in True Beauty), lo studente più bravo del liceo, figlio di una famiglia d’élite di giudici e procuratori, perennemente con il naso (e gli occhiali) tra i libri e che sembra odiarla perché teme di essere superato agli esami. O, perlomeno, così pare, visto che Il-dong è irrimediabilmente attratto da lei e soffre le pressioni genitoriali sulla sua carriera, mentre cerca un rifugio in un mondo fantastico tutto suo. Una sera, mentre sta tornando dal lavoro, Ah-yi si sente seguita da una strana presenza, che si rivela essere un ragazzo alto e allampanato, munito di cappello a cilindro e mantello da prestigiatore e che, con un sorriso stralunato e infantile, le domanda se crede nella magia. Si tratta di Lee Eul (intrepretato magistralmente da un Ji Chang-wook in splendida forma teatrale), proprio il Mago del Luna Park, che fa apparire farfalle, fiocchi di neve e luci ovunque, viaggia per la città a bordo di una ruota panoramica, parla con un pappagallo di nome Bella (che gli risponde a modo suo) e crea un’atmosfera fantastica ovunque si muova, dando ad Ah-yi e a Il-dong la forza di credere non solo in un mondo magico e fantastico, ma anche nella propria forza interiore. Ma sarà veramente così? Dietro la facciata benevola e sorridente del Mago, si nasconde un freddo e spietato assassino, come teme la polizia, o un ragazzo fragile che rifiuta il mondo e la società, perché si è sentito rifiutato a sua volta?
The Sound of Magic è un drama breve (sei episodi) che unisce il fantasy, il musical e il thriller con un mix perfetto di scenografia e di fotografia (i momenti in cui i personaggi volano di notte sembrano riecheggiare certe scene di Moulin Rouge) e con un cast perfettamente all’unisono anche nei numeri musicali (vedere il primo pezzo musicale a scuola che ricorda tanto Footloose o il finale teatrale con il sipario che si apre e gli attori che ringraziano gli spettatori). Tratto dal webtoon Annarasumanara (che, poi, sono le parole magiche del Mago Lee Eul) e prestato letteralmente alla televisione, saltando il passaggio teatrale, il drama vanta la solida preparazione degli attori sudcoreani nei musical da West End. Tanto per fare qualche esempio, Ji Chang-wook ha calcato le scene teatrali con i musical Thrill Me (in coppia con Kang Ha-neul), Jack The Ripper e The Days (che è stato in replica a Seoul per oltre tre anni), mentre Cho Sung-eun si è distinta in Grain in the Blood e Hwang In-youp porta avanti anche una parallela carriera da cantante. Il titolo stesso del drama, infine, richiama quello che è sempre stato uno dei musical più belli di sempre, The Sound of Music con Julie Andrews (in Italia noto come Tutti insieme appassionatamente e della cui versione animata Cantiamo insieme ci siamo già occupati in questo blog).
The Sound of Magic, però, non è solo un immaginifico e spettacolare viaggio nella musica e nella magia, ma è soprattutto un percorso a ritroso in noi stessi, alla ricerca di quella parte che non muore mai e non invecchia, quella parte fanciullesca che celiamo, ma che ci salva dalle brutture del mondo. Il Mago è un Peter Pan che si è rifugiato nella sua Isola che non c’è (il Luna Park) e ha deciso che la magia deve esistere, perché altrimenti non avrebbe più senso nulla nella vita. D’altronde, la magia è quella creata da ognuno di noi, con la speranza e la fantasia, ma anche con la voglia di credere che è possibile creare qualcosa di buono, per fronteggiare il male, che non è altro che l’oscurità del mondo fantastico interiore. Non credere nella magia equivale a negare una parte di noi stessi. Il Mago sa che non tutti possono vivere come lui, ma vuole donare quel po’ di fantasia e di fanciullezza per aiutare a crescere e ci chiede di credere nella magia, come Peter Pan chiede di credere nelle fate al suo pubblico di bambini per ridare la vita a Trilli. Il giusto equilibrio non è “non fare quello che non ci piace”, ma imparare a coniugarlo con “quello che ci piace”, sapere che il mero dovere “adulto” appiattisce la personalità e costruisce adulti biliosi ed arroganti, perché non sono riusciti a preservare il proprio mondo interiore. Un po’ come Capitan Uncino, che è cresciuto troppo ammantato di imposizioni e troppo in fretta se ne è stancato per invidiare un mondo infantile e fantastico che non potrà mai raggiungere, perché l’ha oscurato per sempre. E in questa dinamica si impara a crescere e ad affrontare tristezze e delusioni, perché, quando ci si confronta con la cattiveria e la brutalità del mondo, possiamo imparare ad eliminarla nella nostra dimensione interiore con le due semplici paroline “Annara sumanara”.
Consigliato: a chi ama i musical e/o i fantasy ed è disponibile a cantare per giorni la colonna sonora, immaginando parchi dei divertimenti che si animano di notte; a chi ha saputo custodire la propria parte fanciullesca e riesce ancora ad emozionarsi quando vede una farfalla in cielo; a chi sa credere nella magia e nelle fiabe, anche quando si trova in momenti tristi, e sa che ne può ricavare forza per andare avanti.
Captain-in-Freckles

Tutto quello che ho letto è vero io penso che un po’ di Peter Pan deve rimanere dentro di noi
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Serve sempre custodire un po’ di quella magia dell’infanzia nei nostri cuori. Grazie mille per il tuo commento!
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