Violet Evergarden – Il Film

Se avete seguito la serie anime di Violet Evergarden e l’avete amata, anche sciogliendovi in lacrime, singhiozzando e rimanendo malinconici per giorni (perché, fidatevi, è una reazione comprensibile), la visione di questo film conclusivo è una tappa obbligatoria da affrontare con nuove copiose lacrime malinconiche.

Il film continua a seguire le vicende di Violet, ormai bambola di scrittura automatica affermata e molto richiesta perché in grado di comprendere i sentimenti e le emozioni umane e di metterle su carta scritta per comunicarle. Sono passati diversi anni dalla fine della guerra, Leiden è rifiorita e, anche se sembra che le macchine da scrivere e il servizio postale stiano vivendo un periodo d’oro, l’arrivo della tecnologia (rappresentata dai primi apparecchi telefonici e dalla costruzione della torre radio) sta iniziando a minare la supremazia delle lettere scritte. Il tempo corre, la gente vuole dimenticare le sofferenze e i dolori legati al periodo bellico e i messaggi iniziano a diventare sempre più scarni e diretti al tempo stesso, influenzati dalla velocità di una società che non si può fermare, conscia che il progresso sia l’incentivo migliore per un futuro ottimista, lontano da guerre e povertà. Solo Violet è ancora rimasta legata ai ricordi del passato, al fantasma dei caduti in guerra e, soprattutto, all’anima del Maggiore Gilbert e di quelle sue ultime parole. Ha vissuto un’infanzia priva di emozioni e sentimenti e una giovinezza alla disperata ricerca del senso della parola amare, per cui, adesso che se ne è impossessata, si è legata strenuamente alla difesa di quell’amore ricevuto così spontaneamente e che non è riuscita a ricambiare. Ogni sua azione la riporta emotivamente al suo passato e al ricordo del Maggiore Gilbert, a cominciare dalle lettere che scrive in ospedale per un bambino in fin di vita e che si incarica di consegnare ai suoi genitori e al fratello, fino alla raccolta meticolosa e quasi religiosa degli oggetti appartenuti a GIlbert, mantenendo in sé la speranza che il maggiore si sia salvato e sia solo disperso da qualche parte. Un giorno, una lettera che perviene casualmente alla società postale alimenta nuovamente la speranza di Violet, fornendole un indizio importante sulla possibile salvezza del maggiore. E, così, si mette in viaggio per sincerarsi del fatto e per dire al maggiore ciò che per tutti questi anni non ha mai potuto spiegare a parole a nessuno, quella matassa aggrovigliata e dolente di sentimenti che si porta da tempo nel cuore. Solo che Gilbert è mutato in modo profondo, scosso dalla guerra e dalle ferite che ha riportato, ma soprattutto psicologicamente ed emotivamente sconvolto, in piena crisi di colpa nei confronti di Violet, che pensa di avere usato come arma bellica, privandola della giovinezza e di tutte le cose belle che poteva godere. A questo punto, quelle parole “Violet, tu devi vivere” pronunciate nel momento estremo della sua presunta morte appaiono l’inizio della sua vita di espiazione.

Ammetto che l’happy ending finale, dopo una serie che mi aveva convinta in tutto e per tutto della morte di Gilbert e del lutto quasi vedovile di Violet, mi ha un po’ destabilizzata nelle prime battute. Tuttavia, anche il film mantiene lo stesso livello emotivo e ci regala un ritratto ancora più intimista dei due protagonisti (in particolare, di Gilbert, conosciuto solo attraverso i ricordi di Violet), costruendo la profondità del legame che li unisce. Dopo che Violet ha imparato a percepire e a conoscere l’amore nelle persone grazie all’esempio del maggiore, adesso è proprio la sua lettera di congedo a Gilbert che dà a quest’ultimo la possibilità di aprirsi, uscendo dal guscio di dolore e solitudine che si era costruito per non far soffrire, ma, al tempo stesso, per non soffrire. Come aveva consigliato al suo ultimo cliente in ospedale, Violet esplica l’importanza di essere diretti e aperti, dichiarando sempre i propri sentimenti, perché non sempre il tempo e le opportunità possono permetterlo e, così, riesce a fare uscire Gilbert dal suo rifugio interiore, donandogli quell’amore e quella comprensione di cui aveva bisogno.

Il film si racchiude all’interno di un’interessante cornice narrativa che richiama uno degli episodi più noti (e anche più belli) della serie, quello della signora Anna che, coscia della sua imminente fine, chiede a Violet di scrivere per lei cinquanta lettere e di spedirle alla figlia ogni anno per il giorno del suo compleanno. La bisnipote della signora Anna, alla morte della nonna, scopre le lettere che sua nonna ha ricevuto per tutta la vita e si mette alla ricerca della persona che deve essersi occupata di quest’incarico, ovvero Violet Evergarden, apprendendo, così, la sua storia.

Consigliato a chi ha già guardato la serie televisiva, a chi ama crogiolarsi nella malinconia delle emozioni e dei sentimenti, a chi è consapevole di non aver mai usato le parole giuste e di non essere mai riuscito ad aprire il proprio cuore, a chi ha custodisce gelosamente il ricordo nostalgico delle persone care e a chi sa piangere anche e soprattutto quando è felice. Da guardare in una fredda sera di fine autunno in religioso silenzio.

Captain-in-Freckles

P.S.: Recuperate la recensione della serie anime Violet Evergarden (ovvero: la scoperta dell’umanità).

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