“Ajin” è una piccola pietra miliare all’interno del panorama anime/manga da scoprire. Nato come manga seinen (ovvero: con rating per adulti) dalla matita di Gamon Sakurai ed edito da Kodansha (grazie di esistere sempre!), Ajin ha dato vita ad una serie anime in due stagioni e ad una trilogia di film dal genere fantasy/horror e soprannaturale (che richiama per certi aspetti il fortunato “Death Note”) e dalla musica rock hard-core che copre i dialoghi.
La trama è, all’apparenza, molto semplice: il protagonista Kei Nagai, tornando sovrapensiero a casa dalla scuola di preparazione per l’Università, viene investito improvvisamente da un’auto in corsa; di fronte allo sconcerto e allo stupore generale, si rialza illeso da un incidente mortale e scopre, così, di essere un Ajin, una creatura solo parzialmente umana, quasi immortale, in grado di rigenerarsi e di autoguarirsi da qualsiasi ferita e accompagnata da una sorta di fantasma invisibile con poteri soprannaturali. Per questo motivo, viene inserito tra le minacce per l’umanità e inseguito dalle autorità governative (il fatto che se ne occupi in prima persona il Ministro del Lavoro è ancora un mistero per me, ma la dice lunga sul valore del “lavoro” per la vita giapponese). Kei cerca di fuggire, aiutato di volta in volta da diversi personaggi (l’amico di sempre Kai, la sorella inferma Eriko, il signor Kaito), per non cadere nelle mani di un governo che lo tratterebbe come un oggetto di studio, condannandolo alla vivisezione eterna.
Mentre la prima stagione prende il via dalle paure e dalle apprensioni del protagonista, che viene abbandonato anche dai familiari per via della sua “mutazione” genetica, facendoci riflettere sulle colpe e i rischi dell’eugenetica, la seconda stagione – come spesso accade per molti anime/manga – cambia tono, dedicandosi ad una lotta intestina tra creature Ajin e, quindi, tra potenziati e meno potenziati per far riscoprire il valore dell’umanità. Lo stesso protagonista, nella sofferenza sia fisica (gli Ajin non muoiono, ma provano dolore) che morale, cresce ed evolve il suo carattere, destinando le sue potenzialità ad un bene supremo (classico spirito del sacrificio di matrice nipponica).
Ajin è la metafora della dicotomia dell’essere umano: mortale con l’aspirazione ad essere diviso, cattivo e buono nello stesso tempo, mediocre ma ispirato da atti di suprema nobiltà. E, in questa dicotomia del singolo, risiede la dicotomia di tutta l’umanità: la sua fragilità e la sua grandezza, la sua miseria e la sua bellezze.
Captain-in-Freckles

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